Le Neuroscienze Contemplative studiano come le pratiche meditative influenzino il funzionamento e la struttura del cervello e come questi cambiamenti si ripercuotano sulla salute psichica ed emotiva.
Molti studi recenti confermano che la meditazione può apportare al cervello cambiamenti significativi che influiscono in modo benefico sulla salute, l’umore e il comportamento.
I progressi nel campo del monitoraggio cerebrale e della diagnostica per immagini, come la risonanza magnetica funzionale, hanno fornito la possibilità di osservare come si attiva il cervello durante la meditazione.
La notizia sorprendente diffusa dai ricercatori di tutto il mondo è che la pratica meditativa sembra istruire le cellule cerebrali affinché si carichino insieme secondo uno schema che rafforza i meccanismi principali del cervello, per esempio quelli deputati a prendere decisioni, quelli della memoria e dell’adattabilità emotiva.
Inoltre, la meditazione sembra migliorare la comunicazione tra differenti aree in modi che a loro volta migliorano la salute psichica ed emozionale.
Neuroscienze e meditazione
Nel 2005, uno studio condotto dalla neuroscienziata Sara Lazar della Harvard University ha dimostrato che il tessuto della corteccia prefrontale sinistra (un’area del cervello importante per il processo cognitivo e il benessere emotivo) è sensibilmente più denso in chi pratica la meditazione mindfulness.
I soggetti partecipanti allo studio non erano monaci tibetani con alle spalle migliaia di ore di meditazione, ma normali professionisti di Boston, la maggior parte dei quali meditava per quaranta minuti al giorno.
Dalle scintigrafie cerebrali dei partecipanti più anziani sembra che la meditazione abbia l’effetto di contrapporsi all’assottigliamento della corteccia che interviene con l’età, e che quindi prevenga la perdita di memoria e il decadimento cognitivo.
Ulteriori studi sulle scintigrafie cerebrali hanno sviluppato il lavoro di Sara Lazar, dimostrando che la meditazione rafforza aree del cervello implicate nella memoria, nell’apprendimento e nella flessibilità emotiva.
Tratto da: Il respiro della felicità:
- Salzberg, Sharon (Autore)
Nel 2009 la neuroscienziata Eileen Luders in uno studio dell’Università della California (Ucla) ha confrontato i cervelli di praticanti esperti della meditazione mindfulness con quelli di un gruppo di controllo che non meditava.
La Luders ha scoperto che i primi avevano più materia grigia (tessuto cerebrale responsabile dell’elaborazione ad alto livello delle informazioni) rispetto ai secondi, soprattutto nelle aree del cervello associate all’attenzione, alla consapevolezza del corpo e alla capacità di adattamento alle risposte emozionali.
Secondo la Luders le persone che meditano con costanza hanno una capacità singolare di coltivare emozioni positive, mantenere una stabilità emotiva e assumere un comportamento consapevole. Le differenze riscontrate nell’anatomia cerebrale forniscono alcuni indizi sul perché chi medita possiede queste capacità eccezionali.
Mindfulness-Based Stress Reduction
In una ricerca pubblicata nel 2010, Sara Lazar e il suo team hanno monitorato il cervello di alcuni volontari prima e dopo 8 settimane di pratica Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR) pensata per ridurre lo stress in persone con problemi di salute.
Nei neomeditanti sono stati riscontrati cambiamenti significativi in due importanti aree del cervello: un aumento di volume dell’ippocampo, coinvolto nei processi di memoria e di apprendimento, e una riduzione dell’amigdala, che dà l’avvio alla risposta del corpo allo stress.
La riduzione delle dimensioni dell’amigdala è legata ai livelli inferiori di stress riportati dal gruppo che ha iniziato a meditare, e più lo stress diminuiva grazie alla meditazione, più l’amigdala si riduceva di volume.
Le analisi effettuate a distanza di 8 settimane sui cervelli del gruppo di controllo che non si è sottoposto al programma MBSR non hanno evidenziato alcun cambiamento.
- Williams, Mark (Autore)
- Valutazione del Pubblico: X (Solo per adulti)
Le neuroscienze contemplative
Studi analoghi continuano a evidenziare prove quantificabili di quello che i meditanti sanno per via empirica da secoli: la meditazione rafforza i circuiti cerebrali associati non solo alla concentrazione e alla soluzione dei problemi, ma anche alle sensazioni di benessere. In parole povere, la scienza ha dimostrato che la meditazione rende più felici.
Richard Davidson, professore di Psicologia e Psichiatria alla University of Wisconsin, sostiene che il cervello è l’unico organo del corpo progettato per cambiare in risposta a esperienza ed esercizio. Il cervello secondo Davidson: “è una macchina che apprende”.
Richard Davidson è anche direttore e fondatore del Center for Investigating Healthy Minds (CIHM) creato nel 2010 per seguire la nuova disciplina di Neuroscienze Contemplative.
Le Neuroscienze Contemplative studiano come le pratiche meditative influenzino il funzionamento e la struttura del cervello e come questi cambiamenti si ripercuotano sulla salute psichica ed emotiva.
L’elemento più incoraggiante di questa nuova ricerca, dice Davidson, è il modo in cui la meditazione riesce a rimodellare il cervello e a rafforzare qualità che gli psicologi riconoscono come componenti essenziali della felicità: flessibilità, equanimità, calma e un senso di connessione compassionevole con gli altri.
Secondo Davidson: “Questa idea rivoluzionaria non viene presa seriamente come dovrebbe. Le emozioni, in particolare la felicità, dovrebbero essere considerate alla stregua di una capacità motoria. Possono essere esercitate”.
- Davidson, Richard J. (Autore)
Meditazione e Attenzione
Gli studiosi hanno anche osservato in che modo la meditazione migliori l’attenzione. Uno studio della Emory University di Atlanta, condotto da Giuseppe Pagnoni, ha dimostrato che persone che meditavano da anni erano molto più efficienti, rispetto a un gruppo di controllo che non meditava, nel non farsi distrarre da pensieri estranei e nel focalizzarsi su un argomento specifico nel momento in cui venivano bombardate di stimoli mentre svolgevano un lavoro al computer.
Secondo i ricercatori, la pratica di focalizzare l’attenzione attraverso la meditazione può essere di aiuto a pazienti che soffrono di depressione, ansia, disordini da stress post-traumatico e altre condizioni caratterizzate dalla tendenza a rimuginare eccessivamente.
In uno studio del 2007, la neuroscienziata Amishi Jha dell’ Università della Pennsylvania ha reclutato alcuni non meditanti a un programma MBSR, poi li hanno confrontati con persone che meditavano da molto tempo, impegnate in un ritiro meditativo di un mese, e con un gruppo di controllo che non aveva alcuna esperienza di meditazione.
Dopo 8 settimane di training, i neo-meditanti avevano ottenuto un punteggio più alto dal punto di vista dell’orientamento e del portare e mantenere l’attenzione su un oggetto specifico.
I veterani hanno dimostrato maggiore abilità nel gestire situazioni conflittuali, scegliendo su cosa focalizzarsi di fronte a stimoli contrastanti, rispetto agli altri due gruppi ed erano più capaci di filtrare gli stimoli svianti per non perdere la concentrazione.
Questi risultati sembrerebbero dimostrare che la meditazione è utile nel trattare persone che soffrono di deficit dell’attenzione, per aumentare le capacità cognitive e tutte le altre funzioni basate sull’attenzione che si deteriorano con l’età.
Meditazione e Attentional Blink
Esercitare l’attenzione con la meditazione aumenta inoltre la nostra capacità di elaborare nel giro di pochissimo tempo le informazioni in arrivo.
Quando siamo in presenza di due informazioni visive in rapida successione, è difficile intercettare il secondo stimolo, poiché le limitate risorse cerebrali relative all’attenzione sono ancora impegnate a metabolizzare il primo; si tratta del cosiddetto “attentional blink”, una sorta di black-out dell’attenzione.
Ma il fatto che a volte il secondo stimolo venga intercettato prova che l’attentional blink è un fenomeno che dipende dall’esercizio.
Interessata a capire la capacità di migliorare il funzionamento cognitivo, la neurobiologa Heleen Slagter e i suoi colleghi della University of Wisconsin hanno reclutato alcuni partecipanti a un ritiro meditativo di tre mesi e hanno valutato il loro attentional blink prima e dopo.
Alla fine del corso, i neomeditanti presentavano un attentional blink considerevolmente ridotto.
Lo studio è una prova convincente che l’attenzione può essere esercitata e migliorata. Forse questa è una delle ragioni per cui la meditazione è molto efficace sugli atleti.
Il più grande allenatore di basket NBA, Phil Jackson, dedito alla meditazione, ha insegnato ai suoi giocatori, prima i Chicago Bulls e poi i L.A. Lakers, a praticare la meditazione per affinare le capacità di concentrazione e il gioco di squadra.
Secondo Jackson la consapevolezza è un valido sostegno per i giocatori che devono focalizzarsi su quel che succede in campo momento per momento.
Un esercizio così specifico sull’attenzione ha dato i suoi frutti in importanti partite di fine campionato; Jackson ha portato in finale più squadre di qualsiasi altro allenatore nella storia della NBA.
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Meditazione e sistema immunitario
La meditazione non migliora soltanto le capacità cognitive ma anche il sistema immunitario. Per esempio, Davidson e colleghi hanno impostato una ricerca in collaborazione con Jon Kabat-Zinn, ricercatore e fondatore della Stress Reduction Clinic al Medical Center della University of Massachusetts, che ha elaborato il programma MBSR.
Gli studiosi hanno osservato le scansioni del cervello dei partecipanti prima e dopo le 8 settimane di MBSR e le hanno confrontate con quelle di un gruppo che non meditava.
Dopo le 8 settimane di programma, a tutti i soggetti è stato iniettato un vaccino anti-influenzale, per studiare le diverse reazioni dei loro anticorpi.
Non solo i meditanti presentavano un’attività elevata nell’area del cervello associata a diminuzione dell’ansia, riduzione di emozioni negative e aumento di quelle positive, ma il loro sistema immunitario produceva più anticorpi in risposta al virus di quanti ne producessero i non meditanti.
In altre parole, potrebbe esserci uno stretto legame fra meditazione, emozioni positive e un sistema immunitario più forte.
Grazie a questi studi alcuni medici consigliano la meditazione a pazienti che soffrono di dolore cronico, insonnia e deficit immunitari. In almeno dodici stati degli Usa scuole pubbliche e private propongono agli studenti seminari sulla mindfulness.
- Goleman, Daniel (Autore)
“È una svolta: si passa dal definire la salute mentale in base al contenuto dei nostri pensieri” dice lo psicologo Steven Hayes dell’Università del Nevada “al definirla in base al nostro rapporto con quel contenuto, e a cambiare quello stesso rapporto restando seduti con la definizione che ci siamo dati di noi stessi, osservandola e distaccandocene”.
Per molte persone la scienza fornisce un mezzo per comprendere il mondo e le avvicina ad argomenti che altrimenti non avrebbero mai considerato.
Uno dei risvolti migliori delle scoperte scientifiche, oltre ai miglioramenti personali che promettono, è che un nuovo e più numeroso gruppo di individui ora può avvicinarsi alla meditazione senza diffidenza e trarne beneficio.
Il beneficio non deriva dal leggere o dal lodare gli effetti della meditazione, ma dal praticarla concretamente.
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Grazie Samuele per questa review essenziale.
La condivido volentieri con i lettori del sito.
Un approfondimento utile sarebbe quello di distinguere gli effetti neurologici di due tipi fondamentali di meditazione: l’attenzione focalizzata e la presenza aperta, e come gli effetti di questi si intersecano tra di loro nella pratica meditativa.
Suggerimento per un prossimo articolo 😉
Ciao Agostino,
Grazie mille.
Farò del mio meglio, anche se… non sarebbe male scriverlo a 4 mani 🙂