I modelli della persuasione sono in grado di spiegare e prevedere la probabilità che un messaggio possa influenzare e convincere. Presumibilmente, i modelli della persuasione efficaci aiutano i creatori di messaggi ad affrontare in modo più sistematico lo sviluppo di una narrazione persuasiva.
Esaminare i modelli della persuasione più diffusi può generare confusione: esistono diversi modelli che vengono citati da decenni, ma vi sono scarse prove della loro efficacia. Le differenze tra i modelli più popolari sottolineano le difficoltà affrontate dai ricercatori che tentano di decostruire i processi critici legati alla spiegazione e alla previsione degli effetti della persuasione.
La seguente breve esposizione tratta da Il codice della persuasione di Christophe Morin e Patrick Renvoisé mostra perché c’è spesso confusione e discordia tra i ricercatori che si occupano di persuasione, ma mostra anche che i nuovi modelli neurocognitivi offrono la migliore speranza di creare e collaudare messaggi pubblicitari più efficaci.
Ecco una rapida descrizione dei modelli della persuasione più popolari negli ultimi vent’anni. Forse ne conosci già alcuni, ma di solito solo gli studiosi e i ricercatori ne hanno sentito parlare.
I 5 Modelli della persuasione più popolari negli ultimi 20 anni
#1. Il modello della probabilità di elaborazione
Ispirato al movimento della psicologia cognitiva, questo modello afferma che un messaggio persuasivo innesca una successione logica di processi mentali che attivano o un percorso centrale (cognitivo) oppure un percorso periferico (emotivo).
Entrambi i percorsi rappresentano gli atti mentali posti in essere dai riceventi per recepire il significato delle informazioni. Il percorso centrale assicura che il messaggio venga considerato ulteriormente (o elaborato), nel qual caso il messaggio ha ottenuto il suo intento persuasivo. Se tuttavia un messaggio viene elaborato dal percorso periferico, si prevede che l’effetto sia lieve.
In base a questo modello, un messaggio è valido solo se si rivolge a un livello profondo e personale. I sostenitori del modello della probabilità di elaborazione sostengono che una campagna efficace deve includere prove convincenti in favore della credibilità delle affermazioni usate in un messaggio persuasivo.
Tuttavia, nonostante la sua grande popolarità, il difetto principale di questo modello, secondo Morin e Renvoisé, sta nell’asserire che la persuasione sia possibile se solo i riceventi reagiscono cognitivamente al contenuto del messaggio: un presupposto che non è sostenuto dalla maggior parte degli studi di ricerca in neuromarketing degli ultimi dieci anni.
#2. La teoria della reattanza psicologica
Secondo questa teoria, gli umani sono profondamente motivati dal desiderio di ritenersi responsabili di sé e liberi da regole e suggestioni altrui. La teoria della reattanza psicologica prevede che se le persone ritengono che la loro libertà di scegliere come vivere sia sotto attacco o venga manipolata, proveranno il forte desiderio di reagire in modo tale da rimuovere la pressione.
Si ritiene che la reattanza raggiunga il picco durante l’adolescenza, perché i teenager hanno una forte tensione all’indipendenza e formano convinzioni e atteggiamenti spesso in conflitto con quelli raccomandati dai genitori. Questo modello prevede altresì che i messaggi persuasivi espliciti generino più resistenza di quelli impliciti.
Inoltre, Grandpre ha dimostrato che la reattanza ai messaggi persuasivi aumenta con l’età. Questo può contribuire a spiegare l’inefficacia delle campagne che si pongono nel ruolo di genitori per ammonire sui pericoli del tabacco.
Il difetto principale di questo modello è secondo Morin e Renvoisé l’idea che i messaggi persuasivi vengano sempre riconosciuti a livello cosciente, un’ipotesi chiaramente non più difendibile sulla base delle evidenze emerse dagli studi di neuromarketing.
- Morin, Christophe (Autore)
#3. L’effetto framing
Questo modello si basa sull’idea che un messaggio persuasivo possa essere inquadrato in due modi, come una perdita se i riceventi non agiscono/acquistano o come un guadagno se i riceventi accettano di agire/comprare.
I frame di perdita sono efficaci per sensibilizzare sui rischi o sulle perdite associate a una mancata azione: per esempio, si può uccidere qualcuno usando il telefono mentre si guida, o si rischia il dissesto finanziario se si perde la casa in un incendio e non si ha una polizza di assicurazione.
Gli esperimenti che usano questo approccio hanno dimostrato che i frame di perdita sono più utili per prevenire i comportamenti rischiosi che non per modificarli, il che suggerisce che l’effetto potrebbe essere di breve durata.
Le ricerche di Morin e Renvoisé mostrano inoltre che i frame di perdita funzionano meglio dei frame di guadagno a causa del ruolo svolto dal cervello primitivo.
#4. Il modello della capacità di elaborazione limitata
È un altro modello ispirato al campo della psicologia cognitiva. Offre un quadro teorico basato su una serie di studi empirici che esaminano l’effetto relativo degli elementi del messaggio su funzioni cognitive basilari come codifica, immagazzinamento, recupero, elaborazione delle informazioni e capacità limitata.
Il modello suggerisce che l’allocazione di risorse cerebrali sia equamente distribuita tra vari sottoprocessi cognitivi che conducono a risultati variabili nella memoria e nell’effetto generale sui riceventi.
Gli studi che impiegano il modello della capacità limitata indicano che gli adolescenti ricordano più dettagli di un messaggio di sensibilizzazione rispetto agli studenti universitari, e che hanno bisogno di una maggiore velocità narrativa per mantenere il coinvolgimento.
Questo modello conferma l’esistenza di importanti differenze cognitive tra adolescenti e adulti e conferma che queste differenze possono alterare i sottoprocessi coinvolti nell’elaborazione delle campagne con finalità persuasive. Tuttavia è privo di credibilità scientifica ed è ormai quasi completamente ignorato dagli scienziati della persuasione.
#5. Il modello dei due cervelli di Kahneman
La teoria del doppio processo è stata formulata da Stanovich e West ed è nota anche come teoria del Sistema 1 e del Sistema 2. In seguito è stata resa popolare da Daniel Kahneman nel suo celebre libro Pensieri lenti e veloci, per il quale ha vinto il Nobel per l’economia.
- Kahneman, Daniel (Autore)
I fondamenti del suo approccio sono semplici ma profondi. Benché le ricerche in sostegno di questo modello siano state condotte per studiare la razionalità e spiegare i processi cognitivi in una molteplicità di processi decisionali, il valore del quadro teorico si estende ben oltre la psicologia cognitiva, fino a investire direttamente la natura dei bias cognitivi umani e il modo in cui influenzano le nostre scelte ogni giorno.
Per Kahneman, gli umani hanno regolarmente accesso a due sistemi decisionali che hanno priorità diverse se non opposte. Il Sistema 1 è la parte più primitiva del cervello: opera in modo automatico e inconscio e richiede scarse risorse di calcolo.
Il sistema 2 è la parte più nuova del cervello: è più intenzionale, ha bisogno di più coscienza e ha accesso a più risorse cognitive per fissare obiettivi e calcolare le conseguenze delle nostre decisioni.
Kahneman è convinto che il Sistema 1 governi la maggior parte delle nostre decisioni.
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Ultima revisione
RIF. Tratto dal libro: “Il codice della persuasione” di Christophe Morin e Patrick Renvoisé
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