Secondo il poeta latino Ovidio, lo scultore Pigmalione era in grado di dare un’occhiata a un pezzo di marmo e vedere già la statua finita racchiusa in esso. In particolare, Pigmalione ebbe una visione, riconobbe il suo ideale, lo zenit di tutte le sue speranze e i suoi desideri: una donna a cui diede il nome di Galatea.
Un giorno lo scultore iniziò a modellare il marmo, dandogli proprio la forma della sua visione. Quando ebbe finito, fece un passo indietro e ammirò la sua opera. Era bellissima.
Galatea era molto più di una semplice donna: la statua rappresentava tutte le speranze, i sogni, le possibilità e i significati, incarnava la bellezza stessa. Inevitabilmente Pigmalione se ne innamorò.
- Nasone, Publio Ovidio (Autore)
Tuttavia Pigmalione non era un pazzo. Non era innamorato di una donna di marmo, bensì della possibilità che il suo ideale prendesse vita. Quindi chiese alla dea dell’amore, Venere, di esaudire il suo desiderio e di trasformare l’ideale in realtà. La dea lo accontentò, per lo meno a quanto dice la leggenda.
Ora facciamo un velocissimo passo avanti fino al ventesimo secolo, quando avvenne uno degli esperimenti di psicologia più famosi mai effettuati.
Effetto Pigmalione, l’esperimento di Rosenthal
L’effetto Pigmalione, noto anche come effetto Rosenthal, deriva dagli studi classici sulla “profezia che si autorealizza”. L’idea centrale dell’esperimento è che l’aspettativa di una persona in merito al comportamento di un’altra possa tramutarsi in una profezia che si auto-adempie.
Robert Rosenthal, professore ad Harvard, e Lenore Jacobson, direttrice di una scuola elementare ipotizzarono che l’aspettativa di un insegnante sullo sviluppo intellettuale di alcuni alunni potesse determinarne il rendimento, ovvero funzionare come una predizione in grado di auto-adempiersi: per il solo fatto di essere creduti migliori dagli insegnanti, quei bambini avrebbero fatto registrare un profitto più alto.
L’esperimento volto a controllare questa ipotesi fu condotto nella scuola elementare di una cittadina statunitense. Nella scuola c’erano tre sezioni: rapide, medie e lente; il raggruppamento in sezioni si basava sulla teoria che un minor divario di capacità all’interno di una classe provocava meno frustrazioni e un miglior profitto da parte degli alunni.
Questi venivano assegnati alle sezioni in base ai quozienti di intelligenza e all’abilità nella lettura. Le raccomandazioni per l’assegnazione alle sezioni venivano fatte alla fine di ogni anno scolastico per il ciclo successivo.
I messicani erano sovra-rappresentati nella sezione lenta e scarseggiavano nelle sezioni rapide, al pari dei figli di famiglie a basso reddito; si aveva inoltre una prevalenza di maschi nella sezione lenta e di femmine nella sezione rapida.
Nella primavera del 1964 a tutti i bambini della scuola che sarebbero tornati l’anno successivo venne somministrato un test che gli insegnanti credevano utile a determinare il q.i. di ogni alunno (necessario alla distribuzione dei bambini nelle sezioni) ed a individuare quel 20% degli studenti che nell’anno scolastico avrebbero compiuto un progresso intellettuale più rilevante.
- Rago, Marina (Autore)
Prima della somministrazione del test ogni insegnante aveva ricevuto un documento che illustrava lo scopo della ricerca e precisava che il progresso scolastico di ogni bambino non è lineare: anche alunni che in passato non avevano reso molto negli studi avrebbero potuto manifestare una “fioritura tarda”.
Il test scelto per realizzare l’esperimento era il TOGA un comune test semi-standardizzato d’intelligenza composto da due prove: una rilevava la capacità verbale dell’alunno, l’altra quella di ragionamento. La somma dei punteggi ottenuti nelle due prove costituiva il q.i. globale.
Prima dell’inizio dell’anno scolastico agli insegnanti venne fornito l’elenco degli alunni della loro classe che, nel corso dell’anno, stante i risultati del test somministrato nella scuola, avrebbero dato prova di un marcato progresso intellettuale. Li si avvertì di non informare di questi risultati gli alunni né i loro genitori.
I bambini segnalati come soggetti dai quali c’era da aspettarsi il massimo profitto in quell’anno erano il 20% dei frequentanti la scuola. In realtà, all’insaputa degli insegnanti, i loro nomi erano stati estratti a sorte; pertanto la supposta differenza nel potenziale sviluppo intellettuale fra gli alunni non aveva alcun fondamento.
Scopo dell’esperimento era appunto controllare se i bambini che gli insegnanti credevano più dotati avrebbero mostrato un progresso intellettuale maggiore degli altri. Il vantaggio da aspettativa venne definito come la differenza, calcolata alla fine dell’anno scolastico, nel punteggio medio ottenuto dai soggetti speciali e quello fatto registrare dal resto della scolaresca.
I ricercatori eseguirono diverse prove e con i risultati ottenuti, gli autori si sentirono autorizzati a concludere che: “Gli alunni dai quali gli insegnanti si aspettano un progresso intellettuale progrediscono in un anno effettivamente più di quelli dai quali non ci si aspetta alcun speciale miglioramento”.
Le persone diventano il tipo di lavoratori che i loro manager si aspettano
Negli anni Sessanta, Douglas McGregor, professore di economia del MIT, ipotizzò con grande successo che ciascun manager aderisce a una teoria sulla motivazione umana scegliendo tra due diverse opzioni.
- McGregor, Douglas (Autore)
La teoria X dice che le persone lavorano perché vengono pagate e se non le tenete sotto controllo smetteranno di lavorare. La teoria Y sostiene il contrario: le persone lavorano per ragioni intrinseche, si impegnano di più e lavorano meglio quando non vengono controllate e non ricevono ordini perentori e lo fanno solo per la soddisfazione che ottengono per aver svolto un buon lavoro.
Quando i ricercatori provano a esaminare cosa succede quando lavoratori X o Y si trovano a dover collaborare con leader seguaci della teoria opposta, si imbattono in un fenomeno alquanto rivelatore: pochissimi manager hanno riporti diretti con una teoria diversa dalla loro.
Ne deriva che i manager che credono nella teoria X hanno collaboratori bisognosi di una supervisione costante, mentre i manager che prediligono la teoria Y hanno a che fare con individui che lavorano per amore della professione.
Di conseguenza, non importa quali motivazioni le animavano prima di lavorare per i loro attuali leader: le persone diventano solitamente il tipo di lavoratori che i loro manager si aspettano che siano. Ecco l’Effetto Pigmalione all’opera. Si tratta di un fulgido esempio di profezia auto-realizzante.
Gli individui agiscono come ci aspettiamo che facciano, il che significa che le aspettative di un leader in merito a ciò che crede possa motivare i suoi collaboratori spesso finiscono per realizzarsi.
Shawn Achor, nel suo best seller Il vantaggio della felicità scrive: “Se siete dei leader, non importa che abbiate sotto di voi tre o trecento persone, ricordate che il potere nel condizionare i risultati non risiede esclusivamente negli individui che compongono il vostro team, bensì nel modo in cui li influenzate”.
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Bibliografia:
- Il vantaggio della felicità di Shawn Achor
- Il libro della psicologia. Grandi idee spiegate in modo semplice Gribaudo
- Gli esperimenti nelle scienze sociali di Marina Rago
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