Last Updated on 22 Aprile 2020 by Samuele Corona
Pseudoprofondità
è l’arte di apparire profondi mentre si dicono sciocchezze. A differenza dell’arte di essere profondi per davvero, l’arte di apparire tali non è particolarmente difficile da padroneggiare.
Fra gli esperti di marketing, tra le guide religiose, i life coach, i politici, molti blaterano delle pseudoprofondità. Chiunque può fare dichiarazioni che hanno l’aria di essere profonde e piene di significato, purché siano pronti a seguire poche semplici ricette.
Queste “ricette” vengono descritte da Stephen Law, filosofo e docente inglese, nel suo libro “Credere alle cazzate”.
L’arte di apparire profondi mentre si dicono sciocchezze
#1. Dichiarare l’ovvio
Cerca di mettere in evidenza cose ovvie. La tecnica funziona meglio se le tue asserzioni si rivolgono in particolare a uno dei grandi temi della vita, come l’amore, il denaro e la morte.
Per esempio: “Tutti noi siamo stati bambini una volta. Con i soldi non si compra l’amore. La morte è inevitabile”.
Dichiara l’ovvio in modo convinto, magari facendo seguire una pausa piena di significato. Potresti accorgerti che gli altri iniziano ad annuire in segno di approvazione, forse mormorando: “Sì, come è vero”.
#2. Fare osservazioni contraddittorie
Una seconda tecnica consiste nello scegliere termini con significati opposti o incompatibili e metterli insieme in quella che appare essere una netta contraddizione.
Nel romanzo 1984 di George Orwell i tre slogan del Partito recitano: “La guerra è pace. La libertà è schiavitù. L’ignoranza è forza”. Queste frasi sono interpretabili nei modi più vari e possono benissimo sembrare profonde.
- Orwell, George(Autore)
Se aspiri a diventare un guru puoi creare le tue osservazioni contraddittorie. Non spetta a te, il guru, spiegarne il senso, sono i tuoi adepti che devono scoprirlo. Non devi fare altro che sederti, assumere un’espressione da saggio e lasciare a loro il lavoro intellettuale.
Per cui se stai progettando di avviare un culto e vuoi dire delle cose che appaiano profonde e siano anche inattaccabili dalle critiche prova a fare una serie di dichiarazioni contraddittorie. Afferma ma poi nega.
Per esempio puoi dire che il tuo dio particolare è che tuttavia non è. Il tuo dio è tutto, e tuttavia non è niente. È uno, e tuttavia egli è molti. È buono. Ma d’altra parte non lo è.
Questo però non significa che queste osservazioni apparentemente contraddittorie non possano trasmettere qualcosa di autenticamente profondo. Ma dato che le contraddizioni possono essere adoperate in modo stereotipato per generare pseudoprofondità, è saggio non farsi impressionare con eccessiva facilità.
#3. Profonditudini
Un’altra formula per generare pseudoprofondità, individuata dal filosofo Daniel Dennett, è la profonditudine.
Si ha una profonditudine quando si dice qualcosa che ha due significati: uno banalmente vero, l’altro che sembra profondo ma è falso e privo di senso.
Dennett illustra il concetto mediante l’espressione: “Amore è solo una parola”. A una prima lettura la frase riguarda la parola “amore” (ma se la frase riguardasse la parola allora il termine dovrebbe essere scritto tra virgolette). La parola amore è davvero solo una parola, come le parole acciaio e cemento, per cui a leggerla così la frase è banalmente vera.
Leggendola diversamente la frase non riguarda la parola amore ma l’amore stesso; ciò a cui si riferisce la parola amore. L’amore spesso è definito come sentimento o emozione e si può anche sostenere che sia un’illusione. Ma la cosa in sé di sicuro non è una parola.
Quindi in questa seconda lettura la frase “amore è solo una parola” è ovviamente falsa. Le profonditudini approfittano delle ambiguità fra queste letture. È l’ambiguità che provoca la reazione “Oh, caspita! Sì, effettivamente amore è solo una parola” come se si fosse improvvisamente colpiti da qualcosa di terribilmente profondo.
#4. Trita Analogie
Ecco un modo particolarmente efficace di generare pseudoprofondità. Stephen Law raccomanda di prendete qualche osservazione abbastanza trita sulla condizione umana. Poi avvolgi la tua osservazione trita preferita in un’analogia. Il risultato è una Trita Analogia.
- “Mamma diceva sempre: la vita è come una scatola di cioccolatini. Non sai mai quello che ti capita”. (Forrest Gump)
- “La vita è come un taxi. Che tu stia andando da qualche parte o che resti fermo il tassametro continua a girare”. (Lou Erickson)
- “La vita è come una moneta. Puoi spenderla come vuoi ma la spendi solo una volta”. (Lillian Dickson)
Il risultato spesso può sembrare tanto profondo. Sermoni e omelie talvolta fanno ricorso a Trita Analogie.
Lo scrittore Douglas Adams, famoso per la serie di romanzi Guida galattica per gli autostoppisti, indubbiamente irritato da queste pseudoprofondità del tipo “La vita è come un …” ne fece una sua versione surreale: vita … è come un pompelmo. È di colore arancio, è attaccaticcio e contiene pochi semi e c’è gente che ne mangia metà a colazione.
- Editore: Mondadori
- Autore: Douglas Adams , Laura Serra
- Collana: Oscar absolute
- Formato: Libro in brossura
- Anno: 2016
Molti di quelli che disseminano pseudoprofondità hanno fatto propria l’intuizione espressa dal grande scienziato del diciannovesimo secolo James Clerk Maxwell secondo cui tale “è il rispetto portato alla scienza che le opinioni più assurde possono diventare idee correnti purché siano formulate in un linguaggio il cui tono richiama qualche ben nota locuzione scientifica”.
I riferimenti alla meccanica quantistica sono particolarmente comuni fra gli spacciatori di stupidaggini pseudoscientifiche.
È opinione molto diffusa che la meccanica quantistica faccia affermazioni bizzarre e che quasi nessuno la capisca, per cui se per sostenere i vostri stravaganti insegnamenti personali cominciate a blaterare riferimenti ad essa la gente penserà che dobbiate essere molto intelligenti e probabilmente non si renderà conto che, in pratica, state solo dicendo cazzate.
Così, se vi sentite ambiziosi, potreste organizzare un seminario intitolato: “Energie attitudinali positive e psicologia quantistica”.
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Ultima revisione [last-modified]
Tratto (con modifiche e adattamenti al post) dal libro:“Credere alle cazzate” di Stephen Law
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