Un predatore emotivo causa spesso sofferenze per puro divertimento, si diverte nell’osservare la gente contorcersi.
Nel film “White Oleander”, Michelle Pfeiffer interpreta Ingrid, una madre sadica e narcisista che viene condannata a trentacinque anni di carcere dopo aver avvelenato il proprio amante con un veleno estratto dall’oleandro bianco. Ingrid lascia la figlia adolescente Astrid in carico ai servizi sociali. Così Astrid inizierà un lungo percorso costellato da famiglie adottive, violenza, rapporti malati ed insani, visite alla madre, case famiglia, istituti per minori.
Dopo parecchie e durissime avventure, Astrid finalmente viene accolta da una donna gentile e amorevole di nome Claire, che la incoraggia e le fornisce una certa stabilità emotiva in un contesto amorevole e fiducioso.
Ingrid non sopporta che Claire e Astrid siano così legate; prova un forte sentimento di gelosia. Così decide di indebolire l’ingenua e innocente Claire portando alla luce tutte le sue insicurezze che, come un insieme di pensieri che si nutrono di nuovo degli stessi, la distruggono moralmente e la mandano lentamente in una spirale discendente.
Astrid accortasi del gioco messo in atto dalla madre, la scongiura di lasciare in pace Claire. Ingrid sorride, si diverte e dice alla figlia che nella situazione in cui si trova, cerca di divertirsi come può.
Ignorando che sua figlia Astrid, forse per la prima volta nella vita, si trova in una casa amorevole, Ingrid aggiunge che preferirebbe vederla nel peggior tipo di istituto adottivo piuttosto che in compagnia di Claire.
Ingrid continua a predare Claire sino al punto di portarla al suicidio.
Ingrid non si preoccupa del fatto che sua figlia sia felice con una donna che si prende cura di lei come farebbe una madre. A lei non importa di Astrid, che dovrà tornare complesso sistema di istituti per minori e case adottive. A lei non importa che Claire sia una donna gentile e amorevole, vuole semplicemente cancellarla perché è gelosa del rapporto che ha creato con Astrid.
- Chiale, Graciela(Autore)
Questa è la mentalità di un predatore emotivo.
Certo questa è una storia al limite, anche se probabilmente anche tu hai a che fare con un predatore emotivo:
- Un collega di lavoro che distrugge la tua reputazione alimentando pettegolezzi sul tuo conto.
- Un “amico” che fa sottili apprezzamenti sul tuo peso, sulle tue scelte di abbigliamento o sulla tua pettinatura, distruggendo lentamente le tue sicurezze.
- Una persona “per bene” e sincera, aperta ad una relazione “amorevole” ma con l’obiettivo di annullarti da un punto di vista morale, psicologico e sociale.
Un predatore emotivo causa spesso sofferenze per puro divertimento, si diverte nell’osservare la gente contorcersi. Un predatore emotivo può fare leva sulla paura e sulla colpa solo per vedere come reagirai. Può persino scegliere di interpretare il ruolo della vittima in modo da non rendersi mai responsabile delle proprie azioni.
Nel suo libro “The Sociopath Next Door”, Martha Stout racconta una storia agghiacciante. Quando chiese ad uno psicopatico (clinicamente diagnosticato) quello che voleva più di ogni altra cosa nella vita, egli rispose più o meno così:
“Oh è facile. Quello che mi piace di più di ogni altra cosa è quando le persone provano dispiacere per me. La cosa che voglio veramente più di ogni altra cosa dalla vita è: la pietà della gente”.
Fare leva sulla pietà è uno stratagemma molto utilizzato tra i predatori emotivi.
Una volta ho conosciuto una persona che interpretava costantemente il ruolo della vittima. Diceva le cattiverie peggiori alle spalle del prossimo senza un briciolo di colpa, ma se affrontavi la questione negava di aver mai detto qualcosa, o si allontanava con dei modi teatrali fingendo di agire in quel modo per tutelare altre persone.
Era un modo molto conveniente per non assumersi alcuna responsabilità per i pasticci che creava. Le reazioni della maggior parte delle persone erano del tipo: “Oh, quella persona non può essere così, è una brava persona; devi capire che sta attraversando un momento molto difficile”.
Ma se la osservavi attentamente, piantava i peggiori pettegolezzi alle spalle del prossimo, insinuava dubbi e giocava con le persone, mettendoli l’uno contro l’altro.
Quella persona si divertiva. Amava creare una crisi e amava l’eccitazione che ne conseguiva. È uno dei peggiori predatori emotivi che io abbia mai conosciuto, da cui ovviamente ho preso le distanze.
Non tutti i predatori emotivi giocano la carta della pietà. Ci sono altri modi in cui cercano di manipolarti, in base alle tue debolezze e al loro stile.
Punti importanti
- I predatori emotivi non pensano come te.
- Non aspettarti pietà e onestà da un predatore emotivo.
- Circa il 5% della popolazione potrebbe essere classificata come una “persona emotivamente disturbata”. Con questa previsione, stai pur certo che alcuni predatori emotivi, prima o poi, entreranno a far parte della tua vita.
Come puoi proteggerti dai predatori emotivi?
In una parola: Allontanati. Taglia tutti i contatti e non guardarti indietro.
Non cercare di coinvolgerli. Non cercare di farli sentire dispiaciuti per averti ferito. Non cercare di cambiarli. Tutto quello che farai è offrire loro qualcosa da usare contro di te in futuro.
Se non puoi escluderli completamente dalla tua vita, dovrai costruire e rafforzare i tuoi confini personali. Ad esempio, potresti decidere di fissare un limite di tempo e incontrarli solo per un’ora nei giorni festivi e nei compleanni, preferisci i luoghi pubblici e non invitarli mai a casa tua.
La cosa più importante, quando si ha a che fare con un predatore emotivo, è rendersi conto di quanto può essere dannoso. Una relazione prolungata con un predatore emotivo è come un lento avvelenamento…
Aggiornamento
Risorse consigliate:
- “Riconoscere i manipolatori” di Graciela Chiale
- “Circondati da psicopatici. Come difendersi con successo” di Bärbel Mechler