Last Updated on 28 Aprile 2016 by Samuele Corona
David Rosenhan ha scritto “Una volta che una persona è stata definita anormale, tutti i suoi comportamenti e caratteristiche sono colorati da quell’etichetta”.
Lo stesso vale per la fama e per tutte quelle etichette che indicano successo o fallimento. Giudichiamo persone e azioni in base ai loro risultati e, per soddisfare le nostre aspettative, ci attendiamo che gli eventi accadano per ragioni valide e comprensibili.
Se è facile cadere vittima delle aspettative, è facile anche sfruttarle.
Gli stregoni del marketing lo sanno bene quando pagano certe top model per fare la pubblicità della vodka. La vodka, parliamo di quella unflavored non di quella aromatizzata, è un liquore neutro distillato in modo da essere privo di carattere distintivo, aroma, sapore e colore. Dunque le vodka comunemente commercializzate nel nostro ipermercato nascono in aziende enormi dove prendono un intruglio industriale a cui aggiungono acqua e sottraggono sapore.
Attraverso grandi campagne pubblicitarie i produttori di vodka sono riusciti a creare aspettative di differenza molto elevate. Di conseguenza, le persone credono che questo liquore vari molto da marca a marca e in base a queste differenze sono disposti a pagare molti soldi, alcune costano davvero tanto.
La famosa vodka del miniabito bianco era davvero la più buona di tutte o la più “buona” di tutte era Randi Ingerman?
Per evitare inutili polemiche tra intenditori, puoi fare come la pubblicità del Glen Grant, e cioè allineare una serie di bicchieri di vodka per organizzare una degustazione alla cieca.
Si da il caso che questo esperimento lo abbia già fatto il New York Times nel 2005 e tra le 21 vodka assaggiate alla cieca i risultati sono apparsi del tutto casuali. Le vodka pregiate NON hanno riscosso il successo che normalmente ottengono con la bottiglia dal design accattivante e l’etichetta in bella mostra. Paradossalmente a piazzarsi prima in classifica è stata la più economica di tutte, la Smirnoff.
Stephen king, inconsapevolmente, ha fatto un esperimento simile.
I cocktail e la vodka fanno sempre la loro buona parte nei libri e nella vita di Stephen King. Pare che egli sia un vero intenditore, ha persino lanciato un marchio di vodka tutto suo “Pure Wonderking – USA”.
L’esperimento di King stavolta non riguarda la vodka, riguarda i suoi libri.
Stephen King pubblicò una serie di romanzi con lo pseudonimo Richard Bachman. Forse la sua casa editrice temeva che i lettori non avrebbero più acquistato i suoi libri a causa della frequenza con cui egli li scriveva, tuttavia i libri pubblicati da Bachman non vendevano quasi nulla e non perché non fossero validi, ma bensì per il fatto che Bachman non era conosciuto come lo era King. Le vendite sono aumentate “solo” quando si è scoperta la vera identità dell’autore. Gli stessi libri, successivamente pubblicati con il nome di Stephen King in copertina, hanno fatto la differenza in termini di vendite.
Le vendite indicano che anche Stephen King, senza il suo nome, non è uno Stephen King.
CONCLUSIONI:
La vodka di Stephen King sarà più o meno buona come tutte le altre.
Quando i nostri lavori creativi NON vengono accolti con entusiasmo da “i critici” possiamo consolarci sapendo che le differenze di qualità potrebbero non essere grandi come alcuni vorrebbero farci credere.
Possiamo chiedere a Stephen King la cortesia di pubblicare con il suo nome il bellissimo manoscritto inedito che custodiamo gelosamente nel cassetto “per vedere l’effetto che fa”.