Alan Turing (Londra 1912 – Wilmslow 1954), matematico e logico inglese, è noto soprattutto per aver ideato negli anni ‘30 un computer teorico, la cosiddetta “macchina di Turing”, che simula l’attività di calcolo di un essere umano, in quanto dotata di capacità di leggere simboli di un alfabeto finito e di operare con essi (cancellare, stampare).
La macchina di Turing, in sostanza, si identifica con un insieme di istruzioni volte a modificare i simboli in ingresso per pervenire al risultato finale e può calcolare le funzioni ricorsive.
Ciò significa che, dimostrando come un problema può essere risolto da una macchina di questo tipo, si dimostra che esso può essere risolto in generale mediante metodi computazionali.
Alan Turing Un genio del XX secolo
Considerato tra i padri dell’informatica, durante la Seconda guerra mondiale Alan Turing mise le sue straordinarie capacità al servizio dell’Inghilterra, entrando a far parte di Bletchley Park, la località top secret della principale unità di crittoanalisi del Regno Unito.
Pertanto Turing contribuì in modo decisivo alla decifrazione di Enigma, la complessa macchina messa a punto dai tedeschi per criptare le proprie comunicazioni, ribaltando così le sorti del conflitto.
Ma la sua fu anche una vita tormentata. Perseguitato per la sua omosessualità, fu condannato alla castrazione chimica. Umiliato, a soli 41 anni, si suicidò in circostanze misteriose morsicando una mela avvelenata con cianuro.
Nel 2009, il primo ministro britannico Gordon Brown ha formulato scuse ufficiali per il processo e la pena inflitta a Turing tra il 1952 e il 1954, inserendole in un discorso più ampio nel quale rimarcava quanto fosse stato determinante il suo contributo segreto al successo dei valori della società civile europea post-bellica. La dichiarazione di Brown è stata il risultato di una petizione popolare nata sul web,
Il 25 maggio 2011, rivolgendosi al parlamento del Regno Unito, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha scelto Newton, Darwin e Turing come esempi del contributo britannico alla scienza.
Nel 2013, dopo oltre sessant’anni dalla sua morte, la Regina Elisabetta gli ha “concesso” l’assoluzione reale.
La guerra di Alan Turing
Nel 1940, dopo la capitolazione della Francia, la Gran Bretagna continuò a combattere quasi da sola. La flotta mercantile da cui l’isola dipendeva veniva affondata dai sottomarini tedeschi con un ritmo che minacciava di costringere il Regno Unito alla resa.
La Gran Bretagna riusciva a captare le comunicazioni radio riguardanti i piani operativi che avvenivano tra i sottomarini e la base. Se tali piani fossero stati noti, si sarebbe potuto attaccare i sottomarini e le navi mercantili avrebbero potuto modificare la rotta in modo da non incontrare i sommergibili nemici. Ma ovviamente i messaggi erano criptati.
Allo scopo di decrittare le comunicazioni del nemico, un gruppo assortito di classicisti, matematici e abili enigmisti dilettanti fu riunito nella tenuta di Bletchley Park nei pressi dell’attuale cittadina di Milton Keynes. Per molte comunicazioni militari, i tedeschi utilizzavano una versione modificata di Enigma, una macchina cifrante per uso commerciale.
Alcuni matematici polacchi avevano elaborato una tecnica per la decrittazione delle comunicazioni militari tedesche trasmesse mediante Enigma e avevano passato le informazioni agli inglesi.
Nel 1939, allo scoppio della guerra, i tedeschi avevano complicato ulteriormente il codice e le tecniche elaborate dai polacchi non erano più di alcuna utilità.
La macchina era dotata di rotori (dischi) di cui si poteva modificare la posizione oltre che di un “plugboard” che permetteva l’inserimento di cavi per realizzare connessioni diverse.
Le “bombe” di Turing
Per decifrare un messaggio era necessario conoscere queste combinazioni. Approfittando di alcuni difetti di progettazione e della disattenzione dei crittografi tedeschi, i decifratori di Bletchley Park ebbero modo di identificare molte di queste possibili combinazioni. Il che non eliminava un certo numero di possibilità che si potevano attaccare per prova ed errore.
Turing svolse un ruolo determinante nello sviluppo di queste tecniche e nell’elaborazione di un metodo per automatizzarle. Egli aveva progettato una macchina in grado di provare in modo sistematico diverse combinazioni e scartare quelle che contraddicevano le conoscenze già acquisite.
Queste macchine, denominate curiosamente “bombe” e di cui furono costruiti diversi esemplari, erano molto efficaci. L’aspetto davvero notevole è che, costruite secondo le specifiche di Turing, le macchine operavano come desiderato senza bisogno di ulteriori messe a punto.
Nonostante i contributi di Turing, così come ovviamente l’intero progetto di decrittazione delle comunicazioni militari tedesche, fossero rimasti coperti da segreto per molti anni dopo la fine della guerra, Turing fu insignito dell’Order of British Empire (OBE) per i suoi contributi allo sforzo bellico.
La macchina universale di Turing
L’articolo di Turing “On Computable Numbers with an Application to the Entscheidungsproblem”, pubblicato nel 1936, conteneva la possibilità di creare una macchina polivalente per il calcolo.
Una macchina in grado di macinare numeri per trovare il modo di andare sulla Luna, capace di giocare una partita a scacchi e di svolgere i numerosi altri compiti che abbiamo imparato ad affidare a quelli che oggi chiamiamo “computer”.
- Turing, Sara (Autore)
Turing aveva scritto una specifica tabella di istruzioni di una macchina U che denominò “universale”. Il motivo per cui fu denominata in questo modo è che, se si scrive la tabella di istruzioni di una delle macchine M sul nastro della macchina U e poi si fa partire U, si ottiene lo stesso calcolo che farebbe M a partire da un nastro vuoto.
Pertanto, la macchina U può fare tutto ciò che è calcolabile. Naturalmente, viste le limitazioni di spazio e tempo, nessun dispositivo fisico può essere completamente universale. Ma ciò che l’articolo di Turing chiariva era che, avendo la capacità di svolgere alcuni semplici compiti in presenza di molta memoria, una macchina fisica può approssimare bene la macchina universale.
È importante sottolineare che, sebbene le “macchine” dell’articolo di Turing del 1936 esistessero, come era previsto, solo sulla carta, ciò nonostante rappresentavano un cambiamento di paradigma rispetto al modo in cui si pensava allora al calcolo: calcolo non significava più solo “macinare numeri”, ma anche eseguire algoritmi relativi a ogni tipo di dato.
Inoltre, queste macchine mostravano che la distinzione tra quelli che più tardi sarebbero stati chiamati hardware e software, così come quella tra programma e dati, era una mera questione di comodità e circostanze.
Le macchine di Turing erano concepite come macchine, ma le loro tabelle sul nastro della macchina universale funzionavano come programmi e la macchina universale li trattava come dati. Quando la questione di quanta funzionalità incorporare nell’hardware di un computer divenne una questione concreta, queste considerazioni furono al centro delle discussioni.
John von Neumann, che voleva che la sua macchina macinasse numeri in relazione alla progettazione della bomba all’idrogeno, scelse di integrare l’aritmetica di base nell’hardware.
Turing, che fin dai tempi di Bletchley Park aveva immaginato un computer capace di giocare a scacchi a un buon livello, nel suo progetto scelse di integrare nell’hardware solo le operazioni logiche fondamentali, lasciando la parte aritmetica alla programmazione.
L’Automatic Computing Engine (ACE) di Turing
Finita la guerra, Turing non vedeva l’ora di dare il proprio contributo alla costruzione di un computer universale funzionante, motivo per cui gli fu offerta una posizione presso il National Physical Laboratory (NPL).
Mosso dall’entusiasmo e sfruttando le conoscenze di elettronica che aveva maturato grazie al lavoro svolto nel corso del conflitto, elaborò un progetto dettagliato per costruire una macchina che chiamò Automatic Computing Engine (ACE).
Il documento e la macchina che proponeva anticipavano molti concetti che furono in seguito ampiamente condivisi. Una comunicazione indirizzata alla London Mathematical Society sulla ACE dimostrava la visione ampia di Turing in merito alla disciplina che si sarebbe chiamata informatica (computer science).
Purtroppo il progetto incontrò ostacoli burocratici che Turing non aveva previsto, essendo avvezzo all’atmosfera dell’epoca della guerra, quando ostacoli di quella natura si potevano rimuovere con una missiva a Winston Churchill.
Per di più, gli ingegneri, ignari dei successi delle “bombe” di Turing a Bletchley Park, non prendevano sul serio le affermazioni di quel matematico balbuziente.
Egli lasciò il NPL e accettò l’invito di Max Newman di recarsi a Manchester per collaborare alla creazione del computer che lì si andava costruendo. Lo fece, ma non contribuendo con quegli sviluppi avanzati del software che aveva delineato nella sua relazione su ACE, ma come utente interessato a svolgere calcoli relativi ai problemi di biologia che nel frattempo avevano catturato il suo interesse.
Il test di Turing – Le macchine possono pensare?
Con la sua macchina, dalle caratteristiche non dissimili da quelle di un attuale computer digitale, Turing intervenne nel dibattito sull’Intelligenza Artificiale, inteso ad accertare se il comportamento umano possa essere spiegato in termini computazionali e se a un elaboratore possa essere attribuita la capacità di “pensare”.
Nell’articolo Calcolatori e intelligenza (1950), pubblicato sulla rivista “Mind”, egli stabilì in tal senso un criterio di verifica attraverso una prova, poi detta il “test di Turing”.
Un individuo è posto di fronte a due terminali, collegati l’uno a un elaboratore elettronico l’altro a un interlocutore umano: se l’operatore che interroga non riesce a distinguere le risposte (gli outpouts) della macchina da quelle umane, allora la macchina sottoposta al test ha un comportamento intelligente, “pensa”.
Mentre Turing e con lui molti teorici dell’Intelligenza Artificiale si sono sentiti di poter concludere affermativamente al duplice quesito, sostenendo così che sia il comportamento umano è spiegabile in termini computazionali sia il comportamento di una macchina può essere definito intelligente, parecchi filosofi si sono pronunciati secondo l’opinione contraria.
L’obiezione filosofica più comune a questo criterio, che in definitiva verifica l’intelligenza di una macchina senza dover fornire una definizione dell’intelligenza stessa, consiste nell’affermare che il pensiero umano è tuttavia sempre caratterizzato dall’intenzionalità, proprietà non riscontrabile nella macchina di Turing.
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Bibliografia:
- “Alan Turing. Storia di un enigma” di Andrew Hodges
- “Alan Turing: Un ritratto privato” di Sara Turing
- “TUTTO – Filosofia” De Agostini
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