Robert Lifton descrisse il processo di Riforma del Pensiero come un insieme di metodi che possono essere usati per cambiare gli atteggiamenti mentali delle persone senza il loro consenso.
Lifton è uno psichiatra americano apprezzato per gli studi sulle cause e sugli effetti psicologici della guerra e della violenza politica, nonché per la sua teoria della Riforma del Pensiero.
Il modello della Riforma del Pensiero nasce da una serie di 40 interviste che Lifton condusse a Hong Kong su militari americani fatti prigionieri durante la Guerra di Corea, come parte della loro valutazione psichiatrica.
I risultati del suo studio furono pubblicati nel 1961 nel libro Thought Reform and the Psychology of Totalism: A Study of “Brainwashing” in China.
- Lifton, Robert Jay (Autore)
Il libro è uno studio su tecniche di coercizione cui Lifton si riferisce con il nome di Riforma del Pensiero, adottando il termine usato dai cinesi, anziché come “lavaggio del cervello“.
La riforma del pensiero è più sottile e raffinata del “lavaggio del cervello”: la vittima non è mai minacciata apertamente, ma persuasa, manipolata, ingannata. Ella di solito risponde positivamente al procedimento cui è sottoposta: coloro che la esercitano sono considerati amici e pari.
Per questo, i naturali meccanismi di difesa non entrano in azione. Così la potenziale vittima collabora spontaneamente con i suoi controllori, fornendo loro informazioni personali non immaginando, nemmeno lontanamente, che queste all’occorrenza potranno essere usate contro di lei.
Gli 8 Elementi della Riforma del Pensiero di Robert Lifton
La Riforma del Pensiero si fonda sulla combinazione di una coercizione proveniente dall’esterno, ed un’esortazione interiore che sfrutti i sensi di colpa e di vergogna, rinforzata dalla speranza in una guarigione terapeutica dell’ostaggio-malato.
Lifton, nei suoi studi, aveva identificato 8 elementi base della Riforma del Pensiero, che costituiscono di per sé una notevole pressione sociale o di gruppo, verso l’assolutismo ideologico.
Da Santovecchi:
#1. Controllo dell’ambiente
Consiste nel controllo di ogni forma di comunicazione, in un dato contesto sociale. La dirigenza, con questo procedimento, mira a gestire la comunicazione interna degli individui; quindi l’imposizione di un forte controllo dell’ambiente è strettamente legata al processo di cambiamento dell’individuo.
Attraverso processi di gruppo, i culti tendono a divenire isole di totalitarismo nell’ambito della società circostante, la quale viene considerata, nel complesso, come antagonista. È delineata quindi una “chiusura personale”.
#2. Manipolazione mistica
Negli adepti viene indotta una “spontaneità” pianificata, diretta dalla dirigenza che esercita dall’alto il controllo. Essa però sembra sorgere spontaneamente dall’intimo degli affiliati, poiché la manipolazione non viene recepita da questi
come tale.
Questa “spontaneità programmata” si ottiene facendo sì che i leader siano accettati come mediatori tra i discepoli e la dottrina, erigendoli così come salvatori o fonti di salvezza.
I principi dottrinali sono esposti con autorità e rivendicati come esclusivi, ponendo quel particolare culto e i suoi dogmi come l’unica vera via di salvezza.
La forza della manipolazione mistica che ne scaturisce giustifica tutte le decisioni e le azioni che i vertici compiono e, come spesso accade, giustifica anche chi in basso ne diviene il destinatario.
#3. Richiesta di purezza
Solitamente, viene istituzionalizzata e fatta interiorizzare come necessità di raggiungere un’assoluta purezza politica e ideologica; quindi qualunque cosa sia fatta nel nome di questa purezza è alla fine morale.
Questo crea una sorta di manicheismo. L’esigenza di purezza è un processo continuo che prevede una radicale separazione tra puro e impuro, buono e cattivo, sia rispetto alla società sia nei confronti di se stessi.
Di solito include la legittimazione dell’inganno: chi non ha accolto l’ideologia e non è entrato nel “regno” del culto è “senz’altro” ad esso antagonista.
Così l’inganno sarà giustificato dall’alto fine che il culto sta perseguendo. L’esigenza di purezza serve anche per manipolare le coscienze degli adepti: vengono mosse accuse costanti di colpevolezza, nel nome di un ideale che richiede devozione assoluta.
Diviene così fonte di stimolo per sensi di colpa e vergogna, e si lega al processo della “confessione”.
#4. Culto della confessione
Al di là delle sue espressioni religiose e non, legittime e terapeutiche, è bene precisare che nel culto distruttivo la confessione diventa un culto di per sé.
La confessione, in questo caso, diviene un mezzo per capitalizzare le vulnerabilità personali: a tutto favore dell’istituzione confessionale. Sussidiaria e marginale la “consolazione” nella pratica effettiva.
Le sedute destinate alla confessione, di solito, avvengono all’interno di piccoli gruppi e sono accompagnate da verbalizzazioni di critica e autocritica. La forte pressione, che si viene a ingenerare nell’individuo, diviene un elemento attivo per il processo del cambiamento personale.
I culti ideologici si appropriano dei sentimenti di colpa e di vergogna dell’individuo, con il risultato di esercitare una forte influenza sui cambiamenti che il discepolo deve fare per essere ritenuto tale a tutti gli effetti.
#5. Scienza Sacra
Deriva dal bisogno, che i vertici del culto hanno, di combinare uno schema che racchiuda i loro principi dottrinali, con la pretesa che questi siano l’incarnazione della verità scientifica sul comportamento e la psicologia dell’uomo.
L’ambiente totalitario poi mantiene una sacralità attorno a questi dogmi, conferendo ai medesimi un’alta valenza “morale” e “etica”, che darà dignità e ordine alla loro esistenza.
La semplificazione della vita offre l’idea di sicurezza agli affiliati.
#6. Linguaggio ideologicamente connotato
I vertici dei culti inseriscono tra gli affiliati una struttura linguistica in cui parole e immagini diventano principi dottrinali, “un gergo interno”.
Un linguaggio convenzionale, slogan e frasi riduttive, facilmente memorizzabili, ma che possono avere un forte richiamo e potere psicologico.
Lionel Trilling lo ha definito il “Linguaggio del non-pensiero”, poiché tematiche di per sé difficili e complesse vengono ridotte a semplici cliché e slogan. Tutto questo serve al culto per semplificare al massimo la complessità dei problemi esistenziali.
#7. Dottrina sopra la Persona
L’ideologia prevede il suo costante primato sulla persona. Questo ingenera un conflitto tra il senso che un individuo attribuisce a una data esperienza e ciò che la dottrina, o il dogma, ritengono essere il senso dell’esperienza in questione.
La persona, all’interno di realtà così strutturate, sente come assoluta la verità del dogma e ad essa tende ad assoggettare la propria esperienza; altrimenti, la contraddizione tra ciò che sente e ciò che dovrebbe sentire produrrebbe inevitabilmente immediati sensi di colpa.
Se ciò non dovesse accadere, sarà il gruppo a condannare l’adepto al senso di colpa, per non essere stato in grado di conformarsi alla dottrina.
- Lifton, Robert Jay (Autore)
Così il mito prevale, la rassicurante ortodossia salva dal dolore della contraddizione, la sicura struttura protegge dal male della dissonante realtà: cambiare l’uomo e salvare il mito.
#8. La dispensa dell’esistenza
Principio per cui vi deve essere una netta distinzione tra chi appartiene al gruppo e chi, non appartenendo al popolo, “non è popolo”.
Agli occhi di un adepto, che di solito ha una visione assolutistica della verità, coloro che non hanno visto la luce e non hanno abbracciato quella stessa verità sono ancora nel mondo delle tenebre, preda del male.
Corrotti e perversi, non meritano di esistere.
La forte contrapposizione tra l’esistenza e la non esistenza pone l’adepto nell’esigenza di ubbidire perentoriamente poiché, altrimenti, potrebbe cadere nella categoria di chi non ha diritto di esistere.
Costui proverebbe una tremenda sensazione di annichilimento e paura; all’inverso, il venire accettati anima una gran soddisfazione interiore per il meritato “privilegio”.
Un nuovo sistema di credenze e valori viene così progressivamente interiorizzato, fino a costruire una nuova identità.
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Bibliografia:
- “Culti abusanti e tecniche di manipolazione mentale” di Patrizia Santovecchi. Rivista di Criminologia, Vittimologia e Sicurezza, Vol. IV, N. 3, 2010
- Thought Reform and the Psychology of Totalism: A Study of “Brainwashing” in China.
- Wikipedia
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