All’inizio degli anni Settanta, lo psicologo Elliot Aronson dell’università del Texas fu contattato dal sovrintendente di una scuola locale. Costui spiegò che molte scuole di Austin erano state desegregate di recente e dunque che bambini di razze diverse dividevano la stessa aula per la prima volta.
Purtroppo, i radicati sentimenti di sospetto e di diffidenza tra le razze avevano generato un’atmosfera ostile e persino episodi di violenza. Il sovrintendente domandò ad Aronson se ci fosse qualcosa che potesse fare per risolvere il problema.
Lo psicologo visitò alcuni istituti e notò che la maggior parte fomentava una forte rivalità tra gli studenti. Gli insegnanti spingevano involontariamente le classi a competere per i voti più alti. Così Aronson inventò un nuovo tipo di apprendimento, detto “metodo Jigsaw” (dalla parola inglese che significa “puzzle”).
DA Wiseman
Immaginiamo che un insegnante voglia che i suoi alunni studino la vita e le idee di Martin Luther King. Prima divide gli studenti in gruppetti di cinque o sei, assicurandosi che ciascuno sia formato da persone di sesso, razza e capacità diversi. Poi suddivide gli argomenti della lezione in varie parti.
Nel caso di Martin Luther King, per esempio, potrebbe trattarsi dell’infanzia, dell’influenza di altri leader sulla sua vita, delle proteste giovanili, dell’ascesa al potere, dell’assassinio e della sua eredità. Un membro di ciascun gruppo deve poi studiare uno solo di questi argomenti.
Dopo aver reperito tutte le informazioni possibili, gli alunni si dispongono in modo che coloro che si sono documentati su un determinato tema siedano vicini. Ognuno di questi nuovi schieramenti discute di ciò che ha scoperto. Per esempio, un gruppo potrebbe parlare dell’infanzia e un altro dell’eredità di Martin Luther King.
Alla fine delle discussioni, la classe riforma i gruppi iniziali e ciascuno studente riferisce ai compagni i dettagli di cui è venuto a conoscenza. Al termine della lezione, l’insegnante distribuisce un breve questionario cosicché tutti possano verificare ciò che hanno imparato.
Aronson introdusse il metodo Jigsaw in varie aule selezionate casualmente. Anche se gli alunni lo praticarono solo per brevi periodi, ben presto diventarono molto meno prevenuti e molto più sicuri di sé. Non solo, ma cominciarono anche a fare meno assenze e presero voti migliori agli esami di fine anno.
Il metodo di Elliot Aronson (Jigsaw) trasforma i nemici in amici
Nel suo libro di psicologia sociale, L’animale sociale, Aronson descrive l’impatto del suo metodo su Carlos, un ragazzino americano di origine messicana.
All’epoca dello studio, Carlos non parlava bene l’inglese e gli anni trascorsi in una scuola mediocre e segregata l’avevano reso timido e insicuro. Quando cominciò a usare la tecnica di Aronson, fu costretto a parlare con compagni.
All’inizio non fece altro che farfugliare e gli altri presero a schernirlo. Quando una collaboratrice dello psicologo se ne accorse, richiamò l’attenzione del gruppo sulla necessità di cooperare, sottolineando quanto fosse importante che aiutassero Carlos a parlare se volevano superare l’esame imminente.
Nel giro di qualche settimana, gli altri bambini diventarono abili intervistatori, capaci di fare domande intelligenti e di ottenere risposte chiare. In realtà, si comportarono come se si fossero affezionati a Carlos e il ragazzino si integrò ben presto nella classe. Il risultato fu un miglioramento dell’autostima e del rendimento scolastico.
Molti anni dopo, quando era appena stato ammesso alla facoltà di giurisprudenza di Harvard, si imbatté nel libro di Aronson e riconobbe la propria storia. Scrisse una lettera allo psicologo ricordando come avesse visitato la sua scuola (“eri alto… avevi una lunga barba nera, eri simpatico e ci facevi ridere”) e come il metodo Jigsaw avesse trasformato i nemici in amici.
Nell’ultimo capoverso spiega perché aveva deciso di contattare Aronson:
Mia madre dice che ho rischiato di morire alla nascita. Sono nato in casa, avevo il cordone ombelicale avvolto intorno al collo e la levatrice mi ha salvato la vita con la respirazione bocca a bocca.
Se fosse ancora viva, scriverei anche a lei per dirle che sono cresciuto forte e sano e che sto per iniziare la facoltà di giurisprudenza, ma è morta qualche anno fa. Scrivo a te perché, proprio come lei, anche tu mi hai salvato la vita.
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