Sir Dave Brailsford è diventato il direttore della squadra di ciclismo inglese nel 2002, e fino ad allora il gruppo aveva ottenuto ben pochi successi, per non dire nessuno.
Dal 1920 i britannici avevano vinto una sola medaglia d’oro su pista alle Olimpiadi, e in cent’anni di storia del Tour de France, la competizione su strada più importante al mondo, avevano fatto anche peggio: nessun atleta britannico aveva mai vinto la corsa.
Le prestazioni dei ciclisti inglesi erano così deludenti che uno dei principali produttori europei di biciclette si rifiutava di rifornire la squadra perché temeva che, se altri professionisti li avessero visti usare i suoi prodotti, le vendite ne avrebbero risentito.
Dave Brailsford era stato ingaggiato per portare la British Cycling su una nuova strada.
Dave Brailsford. Miglioramenti dell’1%
Ciò che rendeva Dave Brailsford diverso dai precedenti allenatori era la sua incrollabile fiducia in una strategia che lui definiva “somma dei guadagni marginali”.
La strategia della somma dei guadagni marginali consiste nel puntare a un piccolissimo margine di miglioramento in ogni cosa che si fa. Brailsford diceva:
“Tutto parte dall’idea che se si scompone l’andare in bicicletta in ogni suo possibile elemento, e si migliora ciascuno di questi elementi dell’1 per cento, quando poi verranno sommati tutti, si otterrà un incremento significativo”.
Dave Brailsford e i suoi allenatori hanno iniziato apportando piccole modifiche degne di una squadra di ciclisti professionisti.
DA James Clear:
- Hanno ridisegnato i sellini per renderli più comodi e hanno passato alcol sulle gomme per migliorarne l’aderenza.
- Hanno chiesto agli atleti di indossare pantaloncini riscaldati elettricamente per mantenere una temperatura ideale del muscolo durante la corsa.
- Hanno utilizzato sensori biometrici per verificare come ciascuno di loro rispondeva a un determinato allenamento.
La squadra ha sperimentato vari tessuti in una galleria del vento, e ha sostituito l’abbigliamento da esterno dei ciclisti con tute da corsa da interno, che si sono rivelate più leggere e aerodinamiche. Ma non si sono limitati a questo.
Brailsford e la sua squadra hanno continuato ad apportare miglioramenti dell’1 per cento in settori ignorati e addirittura quasi impensabili.
DA James Clear:
- Hanno sperimentato diversi tipi di gel per massaggi per vedere quale favorisse il più rapido recupero muscolare.
- Hanno ingaggiato un chirurgo che insegnasse agli atleti il sistema migliore di lavarsi le mani per ridurre il rischio di prendersi un’influenza.
- Hanno scelto i cuscini e i materassi che garantivano a ciascun atleta la migliore qualità del sonno, e hanno persino dipinto di bianco l’interno del furgone della squadra, in modo da riuscire a individuare le particelle di polvere che di solito sarebbero passate inosservate, ma che potevano compromettere la prestazione di biciclette perfettamente messe a punto.
Con il sommarsi di questi e altre centinaia di piccoli miglioramenti, i risultati sono arrivati molto più in fretta di quanto ci si potesse immaginare.
Appena cinque anni dopo l’arrivo di Dave Brailsford, la squadra britannica ha potuto eccellere nelle gare su strada e su pista alle Olimpiadi di Pechino del 2008, dove incredibilmente ha vinto il 60 per cento delle medaglie d’oro in palio.
Quattro anni più tardi, quando le Olimpiadi si sono svolte a Londra, gli atleti di casa hanno ulteriormente alzato l’asticella, mettendo a segno nove record olimpionici e sette record mondiali.
Quello stesso anno Bradley Wiggins è diventato il primo ciclista inglese a vincere il Tour de France. L’anno seguente è stato il suo compagno di squadra Chris Froome a vincerlo, per poi ripetere l’impresa nel 2015, nel 2016 e nel 2017, regalando alla squadra cinque vittorie in sei anni al Tour de France.
Nell’arco dei dieci anni dal 2007 al 2017, oltre alle cinque vittorie al Tour, i ciclisti britannici hanno vinto 178 campionati mondiali e sessantasei medaglie d’oro olimpiche e paraolimpiche, in quella che è comunemente ritenuta la più importante serie di successi nella storia del ciclismo.
Come fa una squadra di atleti fino a quel momento normali a trasformarsi in campione del mondo attraverso minimi cambiamenti che, a prima vista, sembrerebbero poter fare una differenza tutto sommato insignificante?
Perché le piccole abitudini fanno una grande differenza
È molto facile sopravvalutare l’importanza di un momento cruciale e sottovalutare i piccoli miglioramenti che si possono fare giorno dopo giorno.
Troppo spesso ci convinciamo che grandi risultati richiedano grandi azioni: che si tratti di perdere peso, di avviare un’attività lavorativa, di scrivere un libro, di vincere un campionato o di raggiungere qualunque altro obiettivo, sottoponiamo noi stessi a una forte pressione per ottenere “lo sconvolgente miglioramento di cui tutti parleranno”.
Invece un miglioramento dell’1 per cento non è di particolare rilievo, certe volte non è nemmeno percepibile, ma può essere molto più significativo, specialmente nel lungo periodo.
DA James Clear:
La differenza che un minuscolo cambiamento può fare nel corso del tempo è stupefacente. I conti sono presto fatti: se si riesce a migliorare dell’1 per cento ogni giorno per un anno, si finirà per essere trentasette volte migliori.
Per contro, peggiorando dell’1 per cento per un anno si precipiterà fin quasi allo zero. Ciò che all’inizio è solo un piccolo traguardo o una minima battuta d’arresto si moltiplica in qualcosa di assai più grande.
Le abitudini sono l’interesse composto dell’automiglioramento.
Esattamente come il denaro si moltiplica attraverso l’interesse composto, gli effetti delle abitudini si moltiplicano reiterandole. Sembrano fare pochissima differenza ogni giorno, eppure l’impatto che hanno nel corso dei mesi e degli anni può essere enorme.
Solo quando ci si guarda indietro a distanza di due, cinque o magari dieci anni, il valore delle buone abitudini e il costo di quelle cattive si mostra in tutta la sua evidenza. Può essere un concetto difficile da recepire nella vita di tutti i giorni.
Spesso trascuriamo di fare piccoli cambiamenti perché non sembrano molto rilevanti sul momento. Se risparmiamo un po’ di denaro adesso, continuiamo comunque a non essere milionari; se andiamo in palestra tre giorni di seguito, continuiamo comunque a essere fuori forma; se stasera studiamo cinese per un’ora, continuiamo comunque a non sapere la lingua.
Facciamo qualche cambiamento, ma i risultati sembrano non arrivare mai in breve tempo, e così ricadiamo nelle nostre abitudini precedenti.
Purtroppo la lentezza della trasformazione fa sì che rischiamo di scivolare di nuovo nelle cattive abitudini. Se oggi consumiamo un pasto poco sano, la bilancia non si muoverà granché.
Se stasera lavoriamo fino a tardi e trascuriamo la famiglia, ci perdoneranno. Se continuiamo a procrastinare e rimandiamo a domani un progetto, ci sarà comunque tempo per portarlo a termine.
Una singola decisione è facile da ignorare. Ma se ripetiamo un 1 per cento di errori giorno dopo giorno, reiterando le decisioni sbagliate, moltiplicando gli errori veniali e razionalizzando le scusanti, le nostre piccole scelte verranno capitalizzate trasformandosi in un risultato dannoso.
Fare una scelta che sia migliore o peggiore dell’1 per cento può sembrare insignificante sul momento ma, nell’arco dei tanti momenti che compongono una vita, quelle scelte determinano la differenza tra chi siamo e chi potremmo essere.
Il successo è il prodotto delle abitudini quotidiane, non delle trasformazioni che si fanno una sola volta nella vita.
Le buone abitudini fanno del tempo il nostro alleato, quelle cattive ne fanno il nostro nemico. Le abitudini sono un’arma a doppio taglio. Quelle cattive sono in grado di distruggerci con la stessa facilità con cui quelle buone possono farci crescere, ed ecco perché comprenderne i dettagli è fondamentale.
Bisogna sapere come funzionano le abitudini e come programmarle a proprio piacimento, in modo da evitare il lato pericoloso della lama.
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