Il modello d’intervento per sviluppare la capacità di perdonare, elaborato da Everett Worthington consiste in 5 fasi.
Si tratta di un percorso lento e graduale attraverso il quale le persone sono aiutate, in gruppo o individualmente, a perdonare chi le ha ferite.
Everett Worthington
Everett Worthington è professore e preside della facoltà di psicologia della Virginia Commonwealth University. Il suo nome è associato a ricerche e studi sul tema del perdono, in particolare per avere elaborato il Modello Piramidale per accompagnare le persone perdonare.
La forza del messaggio che Worthington trasmette è resa ancora più efficace dalla testimonianza della sua storia personale, raccontata nel testo The Power of Forgiving
- Worthington, Everett L. (Autore)
Nell’introduzione al libro, Worthington racconta la tragedia che nel 1996 ha sconvolto la sua esistenza e come sia riuscito, attraverso il modello illustrato, ad andare oltre il rancore provato per gli artefici di un così grande dolore, ossia l’assassinio di sua madre.
Tutto ebbe inizio la mattina del capodanno del 1996, quando Worthington apprese che nella notte precedente alcuni vandali erano entrati in casa della madre, prima stuprandola e picchiandola barbaramente, poi uccidendola con una spranga di ferro.
Nel testo l’autore narra con chiarezza l’orrore per aver dovuto vedere con i propri occhi la scena del crimine, le intense emozioni vissute e il suo dramma interiore: lui, che da anni girava per seminari e conferenze a propagandare quanto fosse importante perdonare i propri offensori, si era trovato a fantasticare su come vendicare il torto subito e a desiderare tutto il male possibile per chi aveva compiuto una tale atrocità.
Fu proprio in quell’occasione, nella decisione di impegnarsi per perdonare chi gli aveva provocato un così grande dolore, che lo studioso afferma di avere realmente compreso la potenza di un tale percorso di liberazione e i conseguenti benefici psicologici.
Modello Piramidale in 5 Fasi per sviluppare la capacità di Perdonare
Di seguito il modello piramidale elaborato da Everett Worthington per sviluppare la capacità di perdonare, come descritto nel testo Manuale di Psicologia Positiva:
- Laudadio, Andrea (Autore)
#1. Ricordarsi dell’offesa
Ricordare il torto subito è il primo step per guarire dalla ferita che l’offesa ha causato. In questa fase la persona deve rievocare quanto accaduto in un modo differente rispetto a quanto fatto fino a quel momento, nel modo più oggettivo possibile e affrontando i propri sentimenti.
Centrale è ricordare l’offesa e l’impatto che ha avuto su di noi, provando empatia per chi l’ha commessa. Può essere utile provare a visualizzare l’episodio, come se fossimo l’offensore, cercando di immaginare cosa ha udito, cosa ha visto, cosa ha provato.
#2. Identificarsi empaticamente
Per poter perdonare è necessario avvicinarsi empaticamente all’offensore giungendo a provare compassione per la persona che ci ha feriti. Attraverso la compassione si arriverà al perdono, provando dei sentimenti diversi per chi ci ha causato del male.
Il primo passo verso l’empatia consiste nel comprendere l’altro, cercando di capire le emozioni e i vissuti che ha provato e che possono averlo portato all’atto aggressivo verso di noi.
In questa fase del percorso Worthington suggerisce alcune tecniche che possono risultare estremamente utili per raggiungere l’empatia: scrivere una lettera che spieghi la situazione; scrivere una lettera di scuse; la sedia vuota; ascoltare la storia di chi ci ha offeso.
#3. Offrire all’altro il dono del perdono
Provare empatia riesce ad avvicinarci alla possibilità di perdonare, ma non è sufficiente. Il passo successivo consiste nel riuscire a riconoscersi come non molto distante e diverso da chi ci ha offeso; è più facile condannare chi consideriamo molto diverso da noi che qualcuno che ci è vicino e ci assomiglia.
Per concedere il dono del perdono è necessario ricordare le occasioni in cui siamo stati noi a ferire qualcun altro, facendo leva soprattutto sul senso di colpa che abbiamo provato e sulla gratitudine per essere stati perdonati, a come ci siamo sentiti quando abbiamo capito di avere sbagliato, alla preoccupazione per le conseguenze del nostro errore e al senso di liberazione vissuto quando abbiamo ricevuto il perdono.
Entrare in contatto con le sensazioni conseguenti all’essere stati perdonati fornisce una potente spinta a perdonare a nostra volta chi ci ha offeso.
#4. Impegnarsi pubblicamente a perdonare
Per rendere permanente il perdono concesso è importante coinvolgere il più possibile l’ambiente in questo atto, in modo da confermare pubblicamente l’impegno preso.
- Chapman, Gary (Autore)
Può essere utile rappresentare simbolicamente il perdono, mettendolo per iscritto all’interno di un “certificato di perdono”, scrivendo una lettera di perdono o parlandone con una persona cara, per solidificare la decisione presa.
#5. Tenere saldo il proprio proposito
L’ultima fase consiste nel proposito di mantenere fede al dono concesso, anche di fronte all’avvicendarsi di dubbi e ricordi circa il dolore provato, che potrebbero alimentare nuovamente rabbia e rancore. È fondamentale comprendere che ricordare il torto non significa non aver perdonato.
Worthington propone alcune azioni da intraprendere per perseverare nel perdono: non soffermarsi sulle emozioni negative ma distrarsi con delle attività; farsi rassicurare da amici o dal partner di avere perdonato la persona che ci ha ferito, analizzare il Modello Piramidale verso il perdono ripercorrendo mentalmente le varie fasi.
Indicazioni per l’applicazione del modello
Perché l’applicazione del modello sia efficace è necessario identificare in modo specifico la persona che si intende perdonare, facendo riferimento a un singolo episodio offensivo subito.
Altre indicazioni importanti per chi si accinge a intraprendere il percorso verso il perdono riguardano l’entità del torto subito, quanto è recente l’offesa e se con l’offensore esiste ancora una relazione in corso o si tratta di una relazione conclusa.
Worthington suggerisce di iniziare perdonando offese di lieve o media entità, che non hanno sconvolto completamente la nostra vita, non troppo recenti, in modo che la ferita non sia “sanguinante”.
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Bibliografia:
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