Last Updated on 11 Giugno 2021 by Samuele Corona
Il multitasking è così in voga che tutti pensano sia qualcosa che vada fatto e lo fanno il più spesso possibile. Non solo ne sentiamo parlare, ci viene persino detto come migliorare.
Più di 6 milioni di pagine Web offrono risposte su come fare e i siti professionali indicano il multitasking come un obiettivo da conquistare e una qualità da sottolineare nel curriculum.
Alcuni si sono spinti fino a vantarsi della propria presunta capacità e l’hanno adottata come stile di vita.
Secondo Gary Keller e Jay Papasan, autori di “Una Cosa Sola” bestseller tradotto in 24 lingue, il multitasking in concreto non è né efficiente né efficace.
DA Una Cosa Sola:
Se cercate di fare due cose alla volta, non ve ne riuscirà bene nessuna. Se pensate che il multitasking sia un modo efficace di ottenere più risultati, vi sbagliate. È un modo efficace per fare di meno.
Come dice Steve Uzzell: “Il multitasking è semplicemente l’opportunità di incasinare più di una cosa alla volta”.
L’espressione multitasking è di per sé ingannevole
Gli psicologi studiano fino dagli anni ’20 il concetto degli esseri umani che fanno più di una cosa alla volta, ma il termine multitasking risale agli anni ’60. Veniva utilizzato per descrivere i computer, non le persone.
All’epoca 10 MHz erano una velocità così esaltante da richiedere un neologismo per descrivere l’abilità di un computer di realizzare velocemente molti compiti.
Con il senno di poi la parola scelta si è rivelata poco felice. L’espressione multitasking, secondo Keller e Papasan, è di per sé ingannevole.
Il multitasking riguarda compiti multipli che condividono alternativamente una stessa risorsa (la CPU) ma con il tempo questa sfumatura si è persa e il significato è diventato quello di compiti multipli eseguiti simultaneamente da una risorsa (una persona).
È stato un cambiamento fuorviante, perché persino i computer processano una sola stringa di codice alla volta. Quando sono in modalità “multitasking” alternano velocemente da un compito all’altro fino a portare a termine entrambi.
La velocità con cui i computer sono in grado di affrontare più compiti alimenta l’illusione che tutto accada nello stesso momento, così paragonare computer ed esseri umani può essere ingannevole.
Ci duplichiamo o triplichiamo nella speranza di riuscire a fare tutto
Gli esseri umani effettivamente possono fare due o più cose insieme, per esempio camminare e parlare, masticare una gomma e leggere una cartina; ma, come i computer, non possiamo concentrarci su due cose contemporaneamente.
Nel corso del tempo l’immagine dell’uomo moderno è diventata quella di un multitasker. Crediamo di poter fare, quindi pensiamo di doverlo fare.
DA Una Cosa Sola:
I ragazzi studiano mentre si messaggiano al cellulare, ascoltano la musica o guardano la televisione. Gli adulti guidano, mentre parlano al telefono, mangiano, si truccano o si pettinano. Facciamo qualcosa in una stanza e intanto parliamo con qualcuno in un’altra. Abbiamo lo smartphone in mano prima ancora che il tovagliolo finisca sulle ginocchia.
Non dipende dal fatto che abbiamo troppo poco tempo per fare tutte le cose che vanno fatte, è che sentiamo la necessità di fare troppe cose nel tempo che abbiamo. Così ci duplichiamo o triplichiamo nella speranza di riuscire a fare tutto.
Un buddista lo chiamerebbe Monkey Mind, cervello da scimmia
Distrazioni, disturbo, interruzioni. Stare concentrati è uno sfinimento. I ricercatori stimano che un impiegato è interrotto in media ogni undici minuti e poi trascorre quasi un terzo della giornata a riaversi da tali distrazioni.
Eppure, in mezzo a tutto questo bailamme, siamo convinti di poterlo gestire e di portare a termine i nostri impegni entro le scadenze.
Ci stiamo prendendo in giro, scrivono Gary Keller e Jay Papasan: “Il multitasking è una farsa”.
Il poeta americano Billy Collins ha riassunto così il concetto: “Noi lo chiamiamo multitasking, che lo fa sembrare la capacità di fare un sacco di cose contemporaneamente… Un buddista lo chiamerebbe monkey mind, cervello da scimmia”.
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Bibliografia:
Tratto (con modifiche e adattamenti al post) dal libro “Una cosa sola” di Gary Keller e Jay Papasan
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