Last Updated on 21 Novembre 2023 by Samuele Corona
Nel 1949 lo psicologo canadese Donald Olding Hebb (1904-85) pubblicò The organization of behavior: a neuropsychological theory, un libro che dagli anni ’50 ai ’70 del secolo scorso, sarebbe diventato il testo di riferimento della nuova generazione di psicologi nord-americani interessati alle basi cerebrali del comportamento.
Quest’opera ebbe un effetto più generale sullo sviluppo della psicologia nord-americana: essa, infatti, non solo proponeva l’integrazione tra psicologia e fisiologia, che i comportamentisti respingevano, ma intaccava alcuni fondamenti teorici del comportamentismo stesso.
Inoltre, il richiamo ai processi interni, sia cerebrali che mentali, collocati tra gli stimoli e le risposte dello schema S-R comportamentista, avrebbe contribuito notevolmente allo sviluppo del cognitivismo.
Il libro di Hebb
Il libro di Hebb è considerato uno dei momenti più significativi nell’evoluzione del comportamentismo, proprio perché, pur nascendo all’interno di questa tradizione, vi introduceva problematiche concettuali innovative.
Il modello dell’attività cerebrale di Hebb si colloca tra i modelli “molecolari” più che tra quelli “molari” o “olistici”.
Da un lato, la “teoria del quadro di controllo” e delle connessioni senso-motorie, con la corteccia che svolge la funzione di centralino telefonico; dall’altro, la “teoria del campo” gestaltista, che “nega assolutamente che l’apprendimento dipenda dalle connessioni e tenta invece di utilizzare il concetto di campo che la fisica ha trovato così utile”.
Hebb stesso, d’altra parte, riconosceva che la sua teoria era una forma di “connessionismo”, una delle varietà della teoria del quadro di controllo. Essa, tuttavia, conteneva un elemento radicalmente nuovo rispetto alle passate concezioni connessioniste.
Precedentemente l’apprendimento era spiegato in termini di connessioni dirette tra centri cerebrali relativi all’analisi degli stimoli e centri cerebrali relativi all’emissione delle risposte. Per Hebb, invece, alla base dell’apprendimento vi sono “attività centrali autonome”, o processi interni, il cui funzionamento è indipendente dalla stimolazione esterna.
Inoltre, questi processi interni hanno un fondamento neuronale specifico che li caratterizza rispetto ai processi senso-motorî di natura riflessa.
La teoria di Hebb: Neuroconnessionismo
La teoria di Hebb può essere denominata neuroconnessionismo: conserva il principio della connessione per spiegare l’interazione neuronale, ma insiste su caratteristiche particolari di queste connessioni al livello centrale.
Inoltre, è un connessionismo fortemente neuronale perché, al contrario dei passati connessionismi, che erano generici sul funzionamento neuronale, fa riferimento a meccanismi specifici.
Nell’ipotesi di Hebb, nella corteccia cerebrale si formano “assemblee cellulari” (cell assemblies) o gruppi di neuroni, una volta che questi neuroni siano stati attivati contemporaneamente. Si costituiscono così circuiti chiusi, in cui l’attività di un neurone facilita l’attività di un altro.
Quando è attivata un’unità dell’assemblea, si innesca un processo di eccitazione che si diffonde alle altre unità e l’assemblea cellulare prosegue nella sua attività in modo autonomo, come se riverberasse.
Hebb supponeva che l’integrazione tra varie assemblee cellulari (la “sequenza di fase”) fosse il fondamento neuronale dei processi psichici, dalla percezione al pensiero.
Il concetto di “circuito riverberante”
Il concetto di “circuito riverberante” era stato proposto dal neuroanatomista statunitense di origine spagnola Rafael Lorente de Nó (1902-90), allievo di Ramón y Cajal, in una serie di articoli sul Journal of Neurophysiology (1938-39); e nel capitolo sulla architettura della corteccia cerebrale nel classico manuale Physiology of the nervous system (1938) di John F. Fulton.
Hilgard e Marquis, in Conditioning and learning (1940), avevano utilizzato il concetto di circuito riverberante per spiegare le basi neuronali del condizionamento e dell’apprendimento.
Hebb colse l’importanza di questo concetto proprio attraverso la lettura del manuale di Hilgard e Marquis, e ne fece la base per la sua teoria neuroconnessionista del comportamento, proponendo un nuovo “sistema nervoso concettuale”, aggiornato sul piano dei riferimenti neuroanatomofisiologici, ma comunque caratterizzato da princìpi funzionali privi di un riscontro empirico.
- Carlson, Neil R.(Autore)
Hebb era ormai consapevole del fatto che secondo questa nuova impostazione neuroconcettuale, le ipotesi relative al funzionamento cerebrale alla base dei processi psichici potevano anche non avere un riscontro diretto e immediato al livello neurofisiologico.
Il modello fisiologico delle pulsioni e motivazioni
Nell’articolo del 1955, Drives and the C.N.S. (Conceptual Nervous System), pubblicato sulla Psychological Review, Hebb presentò un modello fisiologico delle pulsioni e motivazioni che rispecchiava le nuove ricerche neurofisiologiche e allo stesso tempo implicava un’organizzazione fisiologica ipotetica.
L’articolo del 1957 di Peter M. Milner (1919-2018), The cell assembly, anch’esso apparso sulla Psychological Review, rappresentò un importante tentativo di dare un supporto neurofisiologico diretto al concetto di assemblea cellulare, ma fu un tentativo pressoché isolato.
In effetti, nella psicologia fisiologica nord-americana il riferimento alla teoria di Hebb ebbe un carattere generale. Fu assimilata la lezione sull’esigenza di una fondazione neurofisiologica (o, come aveva detto Hebb, “neuropsicologica”) del comportamentismo, ma si tenne in minor conto tutto il quadro neuroconcettuale che era stato delineato.
L’idea che i neuroni si assemblassero tra di loro, per svolgere funzioni integrate e complesse, si diffuse comunque in particolare tra i neurofisiologi che in quegli anni stavano mettendo in evidenza la specializzazione funzionale dei neuroni.
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