Ti occorrono almeno diecimila ore per diventare bravo in qualcosa.Questo è ciò che sostiene Malcolm Gladwell, giornalista e sociologo canadese, scrive ottimi libri sulla psicologia, le scienze sociali e la vita quotidiana. Nel 2005 Time lo citò nel suo elenco dei 100 personaggi più influenti e tutti i suoi libri hanno raggiunto i primi posti nella New York Times Best Seller list.
Nel suo libro Fuoriclasse: storia naturale del successo, presenta una tesi molto affascinante. Lo scopo di Gladwell era indagare su quali fossero le qualità necessarie per ottenere il successo.
A questo proposito ci sono diverse opinioni; secondo alcuni il talento è tutto, mentre altri ritengono che la disciplina e la tenacia siano i presupposti più importanti per gli individui con determinati talenti.
Ho già parlato di questo argomento nel post Il falso mito del talento naturale. da Mozart a Tiger Woods e nel momento in cui ho condiviso il post su Facebook, i “fatalisti” del social mi hanno ricoperto di insulti.
Nel caso specifico esponevo gli studi a supporto della tesi di Geoff Colvin, che non è un perdigiorno qualsiasi, ma una delle firme più apprezzate del giornalismo americano. Forse i fatalisti non si concentrano sulla sperimentazione, ma sull’osservazione di Youtube e sul “buon senso” degli influencer 🙂
In sostanza Gladwell è in accordo con quanto riportato da Colvin: Se una persona raggiunge una condizione di eccellenza è grazie ai molti anni di lavoro.
Ti occorrono almeno diecimila ore per diventare bravo in qualcosa
Per suffragare la propria tesi, Malcolm Gladwell cita uno studio realizzato all’Accademia d’arte di Berlino. La ricerca, condotta dagli psicologi K. Anders Ericsson, Ralf Krampe e Clemens Tesch-Römer all’inizio degli anni Novanta, coinvolse un certo numero di violinisti, suddivisi in tre gruppi.
- Gruppo A: composto dalle STAR, cioè quei violinisti che hanno raggiunto la fama di solisti mondiali.
- Gruppo B: si trovano musicisti giudicati bravi.
- Gruppo C: costituito da violinisti di buon livello, che non faranno la carriera di concertisti, ma si dedicano più che altro all’insegnamento nelle scuole.
A tutti i partecipanti fu posta una sola domanda: “Considerando la vostra vita nel complesso, a partire dal primo giorno che avete toccato un violino, quante ore in tutto vi siete esercitati?”.
Tutti i musicisti avevano iniziato a suonare all’età di cinque anni. In principio si esercitavano tutti con la stessa assiduità, da due a tre ore a settimana. Le differenze cominciavano all’età di otto anni, quando i musicisti del gruppo delle “Star” avevano iniziato a studiare più degli altri.
Secondo Gladwell: sei ore intorno ai nove anni, otto ore ai dodici, sedici ore a settimana dopo i quattordici. Avevano proseguito così fino a superare le trenta ore settimanali all’età di vent’anni. Il loro obiettivo era chiaro e definito: diventare musicisti professionisti.
- Gladwell, Malcolm (Author)
Facendo un calcolo delle ore di pratica, a vent’anni i musicisti Star avevano superato le diecimila ore. I musicisti cosiddetti bravi avevano accumulato ottomila ore di pratica, quelli del terzo gruppo soltanto quattromila.
Gli autori di questo studio, tuttavia, volevano raccogliere ulteriori informazioni e così analizzarono la situazione dei pianisti professionisti per vedere se si riscontrava un analogo modello. In effetti i dati raccolti con i violinisti furono confermati: i dilettanti si esercitavano all’incirca tre ore a settimana e all’età di vent’anni avevano accumulato più o meno duemila ore di pratica, mentre i professionisti avevano superato le diecimila.
Ericsson e i suoi colleghi non si imbatterono neppure una volta in un cosiddetto talento naturale. Nessuno dei musicisti di massimo livello si era esercitato meno di diecimila ore, il che lasciava intendere che i musicisti di massimo livello si distinguevano non tanto per il talento, quanto per le ore di esercizio.
Diecimila ore: “Il cervello ha bisogno di questa quantità di tempo per assimilare tutto ciò che è necessario per padroneggiare davvero una data attività”, scrive Gladwell citando il neurologo americano Daniel Levitin.
- Levitin, Daniel J. (Author)
Compiendo successive ricerche, Gladwell riuscì a scoprire anche perché certi individui, e non soltanto i violinisti, traggono più vantaggio dalle ore di pratica rispetto ad altri, dal momento che non tutte le persone che si esercitano per diecimila ore in qualcosa raggiungono il top nel loro campo:
“Ciascuno di noi ha bisogno all’incirca di diecimila ore per diventare bravo in qualcosa. Il talento è importante, ma ha un ruolo secondario rispetto alla disciplina. È meraviglioso quando qualcosa ci riesce in maniera naturale, ma se ci aggiungiamo anche la disciplina, questa è insostituibile”.
Gli individui che hanno tratto più profitto dalle diecimila ore sono stati perciò i talenti disciplinati. Laddove la disciplina da sola appare molto più importante del talento. La disciplina batte il talento e insieme sono imbattibili.
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Ultima revisione
Bibliografia:
- “Quello che gli altri pensano di te” di Thorsten Havener
- “Fuoriclasse: storia naturale del successo” di Malcolm Gladwell
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