Last Updated on 28 Ottobre 2023 by Samuele Corona
Dall’inizio degli anni Settanta, gli psicologi hanno cercato di capire il segreto per vincere a scacchi. I primi studi sono stati condotti da Herb Simon e Bill Chase della Carnegie-Mellon University.
I grandi maestri di scacchi riescono a memorizzare la posizione di quasi tutti i pezzi della scacchiera e a riprodurre alla perfezione le aree più importanti della configurazione di gioco, anche a metà partita, con pochi secondi a disposizione.
Questa abilità, fa notare Anders Ericsson autore del libro Numero 1 si diventa, sembra contraddire i ben noti limiti della memoria a breve termine.
Una persona che ha iniziato a studiare gli scacchi da poco riesce a ricordare le posizioni di appena una manciata di pezzi e non è in grado di ricostruire mentalmente la configurazione della scacchiera.
Maestri di scacchi e principianti, memoria a confronto
Herb e Bill hanno posto una domanda semplice: gli esperti di scacchi ricordano singolarmente la posizione di ogni pezzo, oppure ricordano schemi, strutture composte da più pezzi?
Per rispondere, hanno condotto un esperimento semplice ma efficace. Hanno messo a confronto uno scacchista di caratura nazionale (cioè un maestro), uno scacchista di livello medio e un principiante.
Ai soggetti sperimentali sono state mostrate due scacchiere: su una i pezzi rispecchiavano uno schema tratto da una vera partita, e sull’altra i pezzi erano disposti a caso.
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#1. Quando è stata mostrata la scacchiera, a metà partita, con un numero di pezzi tra i 12 e 24, disposti secondo uno schema, il maestro è riuscito a ricordare le posizioni di circa due terzi in cinque secondi; il principiante ne ha ricordati solo quattro; e il giocatore intermedio un numero a metà tra gli altri due.
#2. Di fronte a scacchiere con i pezzi disposti a caso, il principiante ha indovinato solo due pezzi. Non c’è da stupirsi.
Quel che stupisce, invece, è che né il giocatore intermedio né il maestro di scacchi abbiano ottenuto risultati migliori del principiante quando i pezzi erano disposti a caso sulla scacchiera.
Anche loro ne hanno azzeccati solo due o tre. Il vantaggio detenuto dai giocatori esperti era scomparso. Studi più recenti condotti su gruppi numerosi di scacchisti hanno confermato questi risultati.
La capacità di ricordare è influenzata da rappresentazioni mentali preesistenti
Qualcosa di molto simile è emerso a proposito della memoria verbale, come riportato nel testo Numero 1 si diventa:
Se chiedi a una persona di ricordare un numero casuale di parole, iniziando dalla prima “stava profumate davanti che noccioline lui la fame a mangiando appena a donna la così in riusciva che lui contenere” la persona media ricorderà solo le prime sei parole.
Se tuttavia leggi le stesse parole disposte in una frase dotata di senso logico “La donna davanti a lui stava mangiando noccioline così profumate che lui riusciva appena a contenere la fame” alcuni adulti ricorderanno tutte le parole in perfetto ordine, e quasi tutti ricorderanno la maggior parte della frase.
Qual è la differenza? La seconda frase racchiude un significato che ci permette di dare un senso alle parole usando “rappresentazioni mentali” preesistenti. Non sono parole disposte a caso: significano qualcosa, e il significato agevola la memoria.
Il segreto per vincere a scacchi
I maestri di scacchi non sviluppano una spiccata capacità di ricordare la posizione dei singoli pezzi sulla scacchiera. La loro memoria è profondamente legata al contesto.
La memoria dei maestri di scacchi riguarda solo le configurazioni di pezzi che potrebbero presentarsi in una partita. La capacità di riconoscere e ricordare schemi significativi deriva dal modo in cui gli scacchisti sviluppano le loro abilità. Questo è il segreto per vincere a scacchi
Chiunque voglia impegnarsi davvero per vincere a scacchi tenderà a studiare per molte ore le partite giocate dai maestri. Analizzerà una posizione in modo approfondito, prevedendo la mossa successiva, e se si sbaglia tornerà indietro per capire qual è stato l’errore.
Le ricerche dimostrano che la quantità di tempo dedicato a questo tipo di analisi, e non quello passato a giocare a scacchi con altre persone, è il miglior modo per vincere a scacchi, indicatore dell’abilità di uno scacchista.
Generalmente servono circa 10 anni di questo tipo di pratica per raggiungere il livello di Grande Maestro. Questi anni di pratica insegnano agli scacchisti a riconoscere a colpo d’occhio gli schemi formati dai pezzi, non solo le posizioni dei singoli pezzi ma le interazioni tra loro: diventano come vecchi amici.
Bill Chase e Herb Simon definivano “blocchi” queste strutture, e la loro caratteristica più importante è che vengono conservati nella memoria a lungo termine.
Simon stimava che nel momento in cui uno scacchista diventa maestro ha accumulato circa 50000 di questi blocchi.
Le rappresentazioni mentali dei maestri di scacchi
Un maestro che esamina una posizione vede un insieme di blocchi che interagiscono con altri formando nuove configurazioni. Le ricerche evidenziano che tali blocchi sono organizzati in modo gerarchico, in gruppi che formano strutture di livello superiore.
La gerarchia è analoga all’organico di un’azienda o di un’altra grande istituzione, in cui gli individui sono divisi in squadre, organizzate in unità, coordinate in reparti e così via; e i blocchi di livello superiore sono più astratti e lontani dal livello inferiore, dove si svolge l’attività concreta (che nel caso degli scacchi è il livello dei singoli pezzi).
Il modo in cui i Grandi Maestri elaborano e comprendono le posizioni è un esempio di rappresentazione mentale. È il loro modo di “vedere” la scacchiera, ed è molto diverso da quello con cui un principiante guarderebbe la stessa scacchiera.
- Capece, Adolivio(Autore)
Se chiediamo loro cosa vedono quando esaminano mentalmente una posizione, i Grandi Maestri non riferiscono di visualizzare i pezzi fisici su una scacchiera, come farebbero se usassero un qualche tipo di memoria fotografica della posizione. Le loro descrizioni sono molto più vaghe, costellate di termini come “linee di forza” e “potere”.
Queste rappresentazioni permettono allo scacchista di codificare le posizioni dei pezzi in modo più efficiente che non semplicemente ricordando quale pezzo si trova in quale casella.
Da questa codifica efficiente dipende la capacità di un maestro di ricordare le posizioni di quasi tutti i pezzi dopo uno sguardo di un istante alla scacchiera, e in particolare la capacità di giocare a scacchi alla cieca.
Caratteristiche delle rappresentazioni mentali dei maestri
mette in evidenza altre due caratteristiche di queste rappresentazioni mentali.
#1. Le rappresentazioni mentali dei maestri non sono solo un metodo per codificare le posizioni. Permettono a un maestro di dare un’occhiata a una partita in corso e capire subito quale giocatore è in vantaggio, quali direzioni potrebbe imboccare il gioco e quale potrebbe essere la mossa giusta da fare.
Questo perché le rappresentazioni comprendono, oltre alle posizioni e alle interazioni tra i pezzi, anche i vari punti di forza e debolezza delle posizioni dei due giocatori e le mosse che tenderanno a essere efficaci a partire da esse.
Una delle differenze principali tra i Grandi Maestri e i principianti o i giocatori di medio livello è la capacità di ideare le mosse nettamente migliori fin dal primo istante in cui esaminano una posizione.
#2. Queste rappresentazioni mentali, oltre ad analizzare una posizione in termini di schemi generali, permettono al maestro di individuare i singoli pezzi e muoverli mentalmente sulla scacchiera per capire come quelle mosse modificherebbero gli schemi.
Così il maestro può esaminare rapidamente stringhe di possibili mosse e contromosse nei minimi particolari, alla ricerca di quella che offre le maggiori probabilità di vittoria.
In breve, dice Ericsson, le rappresentazioni mentali offrono ai maestri una visione d’insieme che manca ai principianti, oltre a consentire di focalizzarsi sui dettagli quando necessario.
Critiche alla teoria di Anders Ericsson
La teoria di Anders Ericsson sull’acquisizione delle abilità per vincere a scacchi, ha suscitato un dibattito interessante tra gli esperti di scacchi e gli psicologi cognitivi. Ecco le critiche e considerazioni da parte di alcuni autori.
Herbert Simon, premio Nobel per l’economia e uno dei pionieri della ricerca sugli scacchi, ha suggerito che l’acquisizione di abilità negli scacchi non può essere completamente spiegata dalla pratica deliberata di Ericsson. Simon ha sostenuto che l’importanza dell’esperienza e della conoscenza acquisita in anni di gioco è cruciale.
Garry Kasparov, ex campione del mondo di scacchi, ha sottolineato l’importanza dell’intuizione, della creatività e della capacità di adattamento durante una partita di scacchi.
Daniel Kahneman, autore di “Pensieri lenti e veloci”, ha sottolineato che la teoria di Ericsson potrebbe essere eccessivamente semplificata. Kahneman suggerisce che ci sono aspetti della performance negli scacchi che vanno oltre la pratica, come la gestione dello stress, la concentrazione e la capacità di prendere decisioni sotto pressione.
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Bibliografia
“Numero 1 si diventa” di Anders Ericsson
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