Last Updated on 4 Agosto 2023 by Samuele Corona
Intorno al XV secolo, nell’epoca compresa tra la fine della dinastia Ming e l’inizio di quella Qing, videro la luce I 36 stratagemmi, raccolti in forma estremamente sintetica da monaci guerrieri.
I 36 Stratagemmi divennero, nel corso dei secoli, un classico delle astuzie belliche segrete di ogni tempo,talmente prezioso da rimanere del tutto nascosto all’Occidente perfino nell’epoca di Mao Tze-tung, che ne applicò con successo i principi per tutta la durata del suo regime.
Nell’epoca moderna I 36 Stratagemmi hanno trovato applicazione nei contesti più disparati, dal marketing alla psicologia comportamentale, dalle arti marziali alla formazione manageriale e ai rapporti interpersonali.
Se pure gli stratagemmi esistono da millenni, nessuna modellizzazione ne è mai stata fatta, tranne quella ad opera di Giorgio Nardone che fornisce i criteri di scelta per correlare una situazione problematica allo stratagemma da applicarvi. Nell’Approccio Strategico di Giorgio Nardone sono previsti 13 stratagemmi.
13 Stratagemmi dell’Approccio Strategico di Giorgio Nardone
Di seguito verranno elencati i 13 Stratagemmi dell’ Approccio Strategico di Giorgio Nardone tratti dal i libri Cavalcare la propria tigre, e Solcare il mare all’insaputa del cielo.
Entrambi i libri sono fondamentali per comprendere gli stratagemmi evoluti del prof. Nardone sul come risolvere problemi difficili attraverso soluzioni semplici.
#1. Solcare il mare all’insaputa del cielo
Il primo tra gli stratagemmi, si basa sul criterio non ordinario di spostare l’attenzione da quello che vogliamo ottenere a qualche cosa che catturi l’attenzione e renda possibile ciò che fino a quel momento è stato impossibile.
Lo stratagemma si applica in tutti i casi in cui il problema si regge su un eccesso di attenzione a quello che si sta facendo come quando, per timore di fare una cosa, accordiamo troppa attenzione a questa paura che in questo modo aumenta invece che ridursi, come nell’ansia da prestazione o nelle monofobie.
Nella comunicazione ciò avviene quando si guida l’interlocutore a prestare attenzione ad aspetti irrilevanti delle nostre argomentazioni – presentati però come fondamentali – o a indicazioni che lo costringano a concentrarsi su certi dettagli, mentre lo convinciamo a ciò che è importante proponendolo come marginale.
L’ esempio più sorprendente del potere di questo stratagemma appare quello citato da Oliver Sacks, il quale narra di un suo paziente con gravi lesioni neurologiche che gli procuravano impedimenti nella deambulazione.
Un giorno il famoso neurologo lo accostò palleggiando con una palla da tennis e gli si rivolse continuando a camminare e a palleggiare.
Il paziente lo affiancò camminando bene e spedito, rispondendogli mentre guardava i rimbalzi della palla: dopo qualche metro Sacks gli fece notare che stava camminando e il paziente si bloccò immediatamente, cominciando a manifestare le sue difficoltà.
#2. Mentire dicendo la verità
Quando l’altro si aspetta che tu menta, la verità lo penetra come un fendente di una lama inattesa. Come nella popolare storiella in cui un ragazzo si divertiva ad allarmare la gente del suo piccolo paese urlando “al lupo al lupo!”
Le persone dopo un po’smisero di prenderlo sul serio e cessarono di reagire ai suoi falsi allarmi. Quando il lupo giunse davvero nessuno credette al suo veritiero allarme e il giovane bugiardo venne divorato.
Essere abituati all’idea che l’altro non dica la verità ci induce a non prenderlo sul serio e a preoccuparci ben poco delle sue affermazioni. Ma se lui dice la verità mentre noi la riteniamo menzogna, ci trova assolutamente impreparati.
All’inizio della seconda guerra mondiale i tedeschi annunciarono più volte l’attacco alla Francia senza metterlo in atto. Poi quando i francesi cominciarono a ritenerlo una falsa minaccia, i tedeschi attaccarono a sorpresa, trovando le truppe avversarie completamente impreparate.
Una sequenza di stratagemmi e finzioni smascherate abitua l’altro ad aspettarsi ulteriori finte, ad abbassare la guardia e scoprirsi.
Questo stratagemma è costruito sulla nostra tendenza ad assuefarci a una abitudine e a praticare un eccesso di ragionamento. L’abitudine a uno stimolo riduce la capacità di reazione e il livello di attenzione nei suoi confronti.
Una variante di questo stratagemma si applica ogniqualvolta non posso dire la verità per come è o non posso accettare una realtà per quella che è ma devo trasformare una verità gestibile.
Posso applicare a me stesso la stessa cosa ogniqualvolta ho paura di fare una figuraccia, di arrossire, di non trovare le parole giuste per affermare qualcosa e dichiaro in anticipo al mio interlocutore: “ Mi devi scusare ma io probabilmente o diventerò rosso o non riuscirò a parlare”.
Ho parlato dello stratagemma della fragilità dichiarata nel post La paura del palcoscenico di Joe
#3. Partire dopo per arrivare prima
Rappresenta una delle prove più evidenti che la contraddizione: non è un errore da correggere ma uno strumento da utilizzare, soprattutto nella comunicazione.
Quando non si può fare a meno di intraprendere per primi una conversazione, è meglio iniziare con delle domande. Questo oltre a indurre l’altro ad esporsi, lo farà sentire al centro dell’attenzione e sono pochi coloro che sanno resistere al piacere dell’adulazione.
Questo stratagemma rappresenta la sintesi moderna dei due antichi stratagemmi cinesi “ Sbatti l’erba per snidare i serpenti” e “Costringi la tigre a lasciare le montagne”.
Il primo indica la necessità, per il buon combattente, di far muovere per primo l’avversario per intuire la logica del suo attacco e controbattere immediatamente con una tecnica che gli rubi il tempo e lo colpisca nei suoi punti deboli. Il secondo sottolinea l’importanza di non avventurarsi nel territorio nemico, offrendogli così il vantaggio di essere a suo agio.
Nell’arte della persuasione questo si chiama “Assumere la posizione one-down per essere one-up” ovvero fingersi intimiditi per cogliere le debolezze argomentative dell’interlocutore e trarne vantaggio per assumere poi una posizione di superiorità.
#4. Intorbidire le acque per far venire a galla i pesci
Come i pesci che nelle acque torbide non riescono più a orientarsi, gli esseri umani si perdono dentro il disordine e la confusione, rimanendo privi di punti di riferimento. E proprio come i pesci cercano la luce venendo a galla, gli esseri umani accorrono dove pensano di trovare una spiegazione che riordini la situazione inaccettabile di confusione e disordine.
“Intorbidire le acque per far venire a galla i pesci” è uno stratagemma particolare perché contiene in sé una contraddizione che viola la logica del buon senso. Nella logica del senso comune, per vedere il pesce devo rendere l’acqua più limpida ma riuscire ad acchiappare un pesce nell’acqua limpida è veramente un’impresa; il pesce sarà sempre più veloce di me.
Se invece intorbidisco l’acqua, faccio in modo che il pesce voglia salire in superficie perché non ci vede più, e sarà lui a venire da me.
Si tratta di una tecnica idonea ogni volta che abbiamo di fronte una persona iper-razionale, che vuole chiarire ogni cosa ma che, volendo chiarire tutto, ragionando e iper-razionalizzando, complica ulteriormente le cose. In questi casi dobbiamo fare in modo di creare ulteriore complicazione per fare sì che la persona cerchi semplificazione. Si tratta di uno degli stratagemmi più difficili da applicare.
La tecnica della confusione ne è un esempio. Si crea nell’altro uno stato di incertezza in modo tale che senta il bisogno di aggrapparsi alla prima cosa certa. Creare scompiglio perché l’altro cerchi chiarezza. Si deve disordinare il più possibile l’equilibrio dell’altro.
Alfred Polgar nelle sue Piccole storie senza morale ci offre un esempio.
Una donna si lamentava del marito, che preferiva uscire sempre con gli amici, lasciandola a casa da sola. Dopo mesi di lamentele e litigi, una sera quando il marito sta per uscire, la moglie lo accompagna alla porta, e con un sorriso dolcissimo gli augura: “Divertiti caro!”
Il marito si chiede “Come mai mi avrà detto questo?”
Il dubbio lo tormenta mentre è al bar e, incapace di resistere, torna a casa, dove la moglie ancora sorridente lo accoglie dicendo: “Come mai così presto, amore? Non ti sei divertito?”
Da allora in poi, uscire con gli amici non sarà mai più così divertente , poiché il dubbio lo accompagnerà turbando i suoi momenti di svago.
#5. Storcere per drizzare
“Se vuoi drizzare una cosa impara prima come storcerla di più”. È il paradosso del “Sii spontaneo”: vorrei trovare la soluzione alternativa ma più ci provo meno la trovo, perché lo sforzo volontario blocca la mia creatività.
La tendenza a cercare di individuare i modi per migliorare una situazione di difficoltà o problematica è, in genere, ciò che dà luogo a delle soluzioni disfunzionali che, reiterate nel tempo o applicate a situazioni apparentemente simili o, ancora, utilizzate nel presente essendosi rivelate vincenti nel passato in situazioni ritenute analoghe, finiscono col peggiorare la situazione che si desiderava migliorare grazie a esse.
Il primo passo che si attua nell’ambito del Problem Solving Strategico, consiste proprio nel far sì che la persona diriga i propri sforzi nella direzione opposta a quella desiderata.
Ciò si traduce nel chiedere di individuare come si potrebbe peggiorare la propria situazione piuttosto che migliorarla, richiesta che spesso sconcerta la persona che ci troviamo di fronte, poiché è al di fuori di qualsiasi logica lineare.
#6. Lineare contro circolare, circolare contro lineare
È un stratagemma ben noto a tutti gli ingegneri, a tutti i meccanici: se voglio intervenire su una forza lineare devo usare una forza circolare, e la ruota è l’esempio migliore.
Se voglio trasportare un oggetto uso qualcosa sul quale farlo rotolare, ma è vero anche il contrario, ossia se voglio fermare un tronco che rotola devo infilare un perno tra il tronco e la superficie di rotolamento, una forza lineare.
L’esempio che porta il prof. Nardone è quello di una persona estremamente verbosa nel presentare la propria storia in consulenza terapeutica, una persona che comincia a parlare e non si ferma più.
Usando il “lineare contro circolare” lo lasciamo parlare e a un certo punto lanciamo una sentenza breve che è come una bomba, poi lo lasciamo parlare ancora e gli lanciamo un’altra bomba. “Sintonizzarsi” è il termine che il prof. Nardone usa per distinguere questo approccio da quello ericksoniano. Sintonizzarsi è l’opposto alla tecnica ericksoniana del “Ricalco”. Sintonizzarsi significa assumere la posizione complementare non al paziente ma a ciò che rende il cambiamento possibile.
#7. Uccidere il serpente con il suo stesso veleno
Quando il nemico attacca subdolamente usando in modo sleale un’arma nascosta, la migliore difesa risiede nella capacità di ritorcergliela contro. Lo stesso vale per chi cerca di danneggiarci utilizzando intrighi e manovre vili: si deve fare in modo, mediante raffinate contromosse, che questi finiscano per convergere contro di lui.
È catturare l’energia del disturbo e riorientarla per portarlo alla sua distruzione. Lo stratagemma può obbedire alla logica della credenza o a quella della contraddizione, rispettivamente se applicato dalla persona nei confronti di se stessa o dalla persona nei confronti degli altri. Viene utilizzato seguendo una logica contraddittoria: quando qualcuno mi butta addosso del veleno, io lo prendo e glielo ridò.
Se qualcuno diffonde voci malevole sul tuo conto, non aggredirlo né chiedigli chiarimenti, ma sii ancora più gentile ed esprimigli pubblicamente la tua stima, come se ti avesse fatto una grande cortesia piuttosto che un torto; come se fosse un tuo alleato piuttosto che un nemico. In questo modo ritorcerai la sua azione contro di lui, mettendolo in grande imbarazzo e gravi difficoltà.
Niente è più insopportabile per chi ti odia della tua palese gentilezza nei suoi confronti. Questa manovra non solo neutralizza il tuo detrattore, ma ne evidenzia anche la debolezza ed esalta la tua superiorità.
- Nardone, Giorgio(Autore)
#8. Spegnere il fuoco aggiungendo la legna
È chiaramente una prescrizione paradossale: voglio ridurre qualcosa che viene spontaneo, allora lo aumento volontariamente.Il modo migliore per spegnere un fuoco consiste nell’aggiungere tanta legna fino a farlo soffocare per debito di ossigeno.
Per vincere la paura, il modo più funzionale e meno dispendioso consiste nel portarla a saturazione cercando di incrementarla. Invece di scappare o tentare di controllarla, la cerco, la incremento, evitando di darle quel potere per il quale essa diviene sempre più forte ed eclatante; la paura non è più paura ma diventa coraggio, tornando a essere una risorsa anziché un limite.
Se ad esempio ho la pulsione a ricontrollare le cose che faccio per il timore di aver commesso le cose che faccio per il timore di aver commesso errori, posso correggere rapidamente questa tendenza imponendomi di ripetere più volte ogni controllo. Questo paradosso manderà in cortocircuito la mia reazione spontanea estinguendola.
Altra applicazione di questo stratagemma è quella che ha lo scopo di cambiare il fastidioso comportamento di una persona che ci biasima o ci riprende continuamente per i nostri difetti. In questa situazione sarà sufficiente ringraziare ogni volta il nostro detrattore per l’aiuto che ci sta offrendo, chiedendogli di farlo ancora meglio nel nostro interesse. Di solito questa richiesta blocca immediatamente le critiche.
#9. Far salire il nemico in soffitta e togliere la scala
È uno tra gli stratagemmi più elaborati, in apparenza una contraddizione o un paradosso mentre in realtà si tratta di una credenza, perché per far salire il nemico in soffitta gli devo far credere che è vantaggioso.
Questo stratagemma è la base di ogni tipo di trappola, nella quale si fa entrare il nostro avversario e dalla quale gli impediremo di uscire. La trappola che meglio rappresenta questo stratagemma è quella utilizzata fin dall’antichità per catturare le scimmie.
Viene praticata una stretta apertura in una noce di cocco, nella quale viene inserito un pezzo di cibo di cui la scimmia è ghiotta. La noce di cocco poi viene legata a un albero. La scimmia attratta dal cibo, infila la zampa aperta nella fessura e agguanta il boccone ma, nel ritirare la zampa chiusa, rimane intrappolata, poiché la fessura è troppo stretta. La scimmia non molla il prelibato boccone e viene facilmente catturata.
Nell’ambito della persuasione questo stratagemma rappresenta un modo per convincere l’altro facendogli credere che sia lui stesso a scegliere. Se io voglio indurre il mio interlocutore ad accettare di fare qualcosa che rifiuta di fare, posso dichiarare che ci sono due modi per affrontare la situazione.
Gli propongo la prima modalità che dovrà essere costosa e impegnativa. Poi gli espongo la seconda alternativa, quella che io vorrei lui praticasse la quale, per quanto dura da accettare, lo è molto meno della prima. Di solito la persona sceglie di fare ciò che vogliamo come se avesse fatto un buon affare, poiché ne ha evitata una peggiore.
#10. Creare dal nulla
Tutto ciò che è creduto esiste. Qualcosa che non esiste può produrre effetti concreti se viene ritenuto esistente.
L’esempio più straordinario di quando non ho apparentemente alcuna risorsa e me la invento, di quando creo una realtà per produrre effetti concreti, come nel caso della “Miracle Question” o della tecnica del “Come Se” o, in generale, in tutte le varianti dell’Approccio Solution Oriented. Ho scritto di queste tecniche nel post 3 Tecniche di Problem Solving Efficaci
Che ci piaccia o no, noi siamo continuamente artefici e vittime dei nostri autoinganni. Imparare a utilizzare strategicamente questa nostra tendenza significa divenire padroni invece che servi inconsapevoli. Saper utilizzare questo stratagemma nei confronti di altri significa decidere se usarlo o no, quindi divenire effettivamente responsabili, nel bene e nel male, di ciò che ci accade.
Nell’arte del combattimento lo stratagemma consiste nel far credere all’avversario di essere molto più forti e decisi di quanto in realtà siamo, inducendolo così a temere lo scontro e offrendoci la possibilità di partire in vantaggio.
In questo modo pieghiamo la sua volontà, facendolo sentire sconfitto ancora prima di esserlo. Il combattente intimorito perde la sua forza poiché o agisce spinto dalla paura e attacca scompostamente o, nella convinzione di non essere all’altezza, sarà poco determinato e arrendevole. L’arte sta nel mettere il nostro contendente in soggezione mediante la nostra postura e il nostro sguardo, che devono manifestare sicurezza, calma e determinazione.
#11. Lo stratagemma dello stratagemma svelato
La maniera più efficiente per opporsi alle manovre di un’abile stratega è conoscerne i trucchi e gli artifici. Se conosco i principi degli stratagemmi usati dal mio avversario posso mettere in atto la contromossa.
Ma esiste uno svelamento ulteriore: dichiarare in anticipo l’effetto che si vuole provocare, come se lanciassimo una profezia o un sortilegio. Lo stratagemma svelato diventa così una sorta di anatema che suggestiona l’avversario, il quale cercherà di opporsi agli effetti, a lui noti, ma adesso profetizzati dallo stratagemma.
L’esempio che porta Giorgio Nardone è quello nell’interazione tra un ipnotista e un soggetto riluttante, al quale questi profetizzerà che sarà proprio la sua resistenza a fargli manifestare i segnali di trance ipnotica in arrivo: il sollevarsi spontaneo di una mano o l’irrigidirsi di un braccio.
Il soggetto riluttante, nel tentativo di controllare la situazione, cercherà di ascoltare e sedare ogni minima reazione. Ma proprio questo lo porterà a sentire i segnali profetizzati, che in realtà sono realizzati da lui stesso.
A questo punto il gioco è fatto, basterà continuare in questa direzione perché la caduta in trance avvenga rapidamente.
#12. Cambiare sempre rimanendo gli stessi
Si riferisce alla persona che abbia acquisito un’abilità tale da saper usare strategicamente tutti gli stratagemmi utili a produrre il cambiamento o a gestire le difficoltà.
È uno stratagemma che si riferisce a colui che deve creare e gestire il cambiamento, in quanto richiede di aver acquisito la capacità di gestire tutti gli altri stratagemmi in modo strategico.
Si tratta di quella dose di flessibilità che mi consente di cambiare continuamente pur rimanendo sempre la stessa persona, che è poi il concetto di equilibrio. L’equilibrio infatti non è stasi bensì movimento, o meglio l’equilibrio si mantiene nel movimento, mentre qualsiasi verità ferma, assoluta viene esclusa, optando per una danza fra gli estremi e trovando sempre un equilibrio nell’oscillazione.
L’ immagine che meglio rappresenta quest’idea è l’acqua, ossia l’elemento naturale che vince su tutto perché si adatta a tutto. Può essere liquida, solida o gassosa, adeguandosi continuamente alle circostanze, ma alla fine rimane sempre acqua. A questo proposito ne l’Arte della guerra, Sun Tzu scrive: “ L’acqua è una metafora della configurazione tattica strategica.
Nel campo della persuasione il cambiare sempre rimanendo gli stessi è rappresentato dalla raffinata capacità di sintonizzarsi con le esigenze del nostro interlocutore in modo da farlo sentire a proprio agio e completamente compreso, per poi guidarlo, attraverso artifici retorici complementari al suo stile linguistico e relazionale, a cambiare il suo punto di vista senza alcuna resistenza.
#13. Vincere senza combattere
Vincere senza combattere significa aver raggiunto un livello di abilità strategica e virtù tali da generare in qualunque avversario non solo timore, ma rispetto e ammirazione al punto che questi non si sogna nemmeno l’idea di uno scontro.
È uno stratagemma che rappresenta il punto d’arrivo dell’acquisizione di sicurezza personale e piena fiducia nelle proprie risorse che ti rende in grado di porti di fronte alle persone in modo tale da influenzarle immediatamente solo con la semplice presenza.
È il guerriero che non ha bisogno di combattere per vincere. Si arriva a una tale serenità nel modo di porsi per cui l’altro non ha più voglia di opporsi a te. In questo modo il tuo interlocutore sente la tua saggezza, la tua competenza, la tua capacità di entrare in relazione e si affida, ti sente come un modello.
Se vuoi insegnare qualcosa a qualcuno devi saperlo far bene tu. Questo significa coltivare se stessi e coltivare non solo la mente ma anche il corpo e le sensazioni. Equilibrare il fisico con la mente, la razionalità con la fantasia.
“Sii quello che vorresti che il mondo fosse” (Ghandi).
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Bibliografia:
- “Cavalcare la propria tigre” di Giorgio Nardone
- “Solcare il mare all’insaputa del cielo” di Giorgio Nardone.
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