Uno dei modi più per essere gentili con noi stessi è cambiare il Self-talk critico, ovvero il modo in cui parliamo a noi stessi.
Tutti abbiamo un critico interiore. A volte questa vocina può effettivamente essere utile e mantenerci motivati verso gli obiettivi, come quando ci ricorda che ciò che stiamo per mangiare non è salutare o ciò che stiamo per fare potrebbe non essere saggio.
Tuttavia, questa voce può spesso essere più dannosa che utile, in particolare quando entra nel regno della negatività.
- Neff, Kristin (Autore)
Ci sono molti modi per ridurre il Self-talk critico nella tua vita quotidiana. Strategie diverse funzionano meglio per persone diverse, quindi provane alcune e vedi quali sono più efficaci per te. Ho descritto alcune tra queste strategie nei post: 5 Strategie per fermare il dialogo interiore negativo e Metti a Cuccia il Top Dog.
In questo post parleremo della strategia per ridurre il Self-talk critico dal libo La self-compassion e messa a punto da Kristin Neff, psicologa e ricercatrice americana.
La Terapia Focalizzata sulla Compassione
Secondo lo psicologo inglese Paul Gilbert dell’Università di Derby e i suoi collaboratori molte difficoltà psicologiche, incluse ansia e depressione, sono collegate alla mancanza di compassione verso di sé, a cui spesso corrisponde un eccesso di severità interna verso noi stessi.
La Terapia Focalizzata sulla Compassione è una terapia multimodale che si struttura su una serie di interventi derivati dalla terapia cognitivo-comportamentale (TCC) e da altri approcci terapeutici. Ha quindi come focus l’attenzione, il ragionamento e la ruminazione, il comportamento, le emozioni, le motivazioni e l’immaginazione.
Questa psicoterapia è stata sviluppata con e per soggetti con problematiche caratterizzate da alti livelli di vergogna e di autocritica e che spesso derivano da contesti familiari difficili (dove, ad esempio, sono stati trascurati o hanno subito abusi).
- Kolts, Russel L. (Autore)
L’approccio della Terapia Focalizzata sulla Compassione prende in prestito molti spunti dagli insegnamenti buddisti, ma si basa su un approccio evoluzionistico alle neuroscienze e alla psicologia sociale, connesso alla psicologia e alla neurofisiologia del comportamento di accudimento; sia del dare che del ricevere.
La comunicazione non violenta di Marshall Rosenberg
, il massimo esperto di comunicazione non violenta e autore del bestseller internazionale Le parole sono finestre (oppure muri) sottolinea l’importanza di usare un linguaggio comprensivo e non giudicante quando parliamo a noi stessi.
Rosenberg sostiene che per essere in pace con noi stessi, dovremmo ristrutturare il dialogo interiore in modo che possa esprimere empatia per i nostri bisogni umani basilari. Il metodo consigliato da Rosenberg per fare ciò prevede quattro semplici domande:
Che cosa sto osservando? Che cosa sto provando? Di che cosa ho bisogno in questo momento? Ho delle richieste da fare a me stesso o a qualcun altro?
Queste quattro domande ci permettono di ascoltare profondamente quello di cui abbiamo più bisogno al momento. Per esempio: mettiamo che stai lavorando da casa e fai una pausa per prepararti un tè.
DA La self-compassion:
Quando arrivi in cucina, vedi che c’è una montagna di piatti da lavare. Il primo passo è notare se il dialogo interiore è critico o giudicante. Ti stai dicendo cose del tipo “Sono proprio un maiale”?
Il passo successivo è sintonizzarsi con i sentimenti sottostanti alle parole. Ti senti frustrato, sopraffatto, irritato con te stesso o dalla situazione?
Il terzo passo è esaminare i bisogni non soddisfatti che guidano la tua reazione. Forse sei frustrato perché sai di avere bisogno di un senso di ordine per affrontare le domande pressanti pressanti del tuo lavoro e che il casino in cucina ti sta ostacolando.
Infine, valuta se ci sono delle richieste da fare a te o a qualcun altro che potrebbe aiutarti a soddisfare i tuoi bisogni. Forse puoi chiedere a un amico se ti dà una mano fino a quando non avrai finito il lavoro entro la data di scadenza, oppure chiedere a te stesso di mettere da parte il progetto per mezz’ora mentre pulisci, così potrai avere quel senso di armonia di cui hai bisogno per concentrarti.
Il punto principale è che ascolti e dia valore a quello di cui hai veramente bisogno in quel momento e che esprima empatia nei tuoi confronti invece che condanna.
Cambiare il self-talk critico. Esercizio di Kristin Neff
Di seguito l’esercizio per ridurre il Self-talk critico messo a punto da Kristin Neff, psicologa e ricercatrice americana; tratto dal libo La self-compassion.
Kristin Neff è una pioniera nella ricerca sulla compassione di sé, che ha derivato il suo modello e gli strumenti di misurazione self-report dal buddismo Therevada.
L’esercizio proposto dalla Neff dovrebbe essere fatto per alcune settimane e, col tempo, andrà a formare un modello per cambiare il modo in cui ti relazioni a te stesso a lungo termine.
Alcune persone trovano utile scrivere un diario per lavorare con la critica interiore, altre si sentono più a loro agio se lo fanno con dialoghi interiori.
Se sei uno a cui piace scrivere e ritornarci su dopo, tenere un diario può essere un eccellente strumento per la trasformazione. Se invece non riesci a essere costante con la stesura di un diario, allora fa’ quello che è meglio per te. Puoi parlare a voce alta con te stesso o pensare in silenzio.
#1. Nota quando sei autocritico
Il primo passo verso il cambiamento del modo in cui tratti te stesso è notare quando sei autocritico. Potrebbe darsi che, come per molti di noi, la voce autocritica venga fuori così frequentemente che non noti neppure quando è presente.
Ogni volta che stai male per qualcosa che è successo, pensa a quello che ti sei appena detto. Cerca di essere il più accurato possibile, notando il discorso interiore parola per parola.
Che parole usi in realtà quando sei autocritico? Ci sono delle parole chiave ritornanti? Qual è il tono della tua voce? Duro, freddo, arrabbiato? La voce ti ricorda qualcuno del tuo passato che era critico con te?
Devi essere intenzionato a conoscere molto bene l’autocritico interiore ed essere consapevole di quando si attiva. Per esempio, ti sei appena mangiato un barattolo intero di Nutella. La tua voce interiore ti dice qualcosa come “fai schifo”, “mi fai vomitare”, e così via? Cerca di avere veramente un’idea chiara di come parli a te stesso.
#2. Fai uno sforzo attivo per addolcire la voce autocritica
Fai uno sforzo attivo per addolcire la voce autocritica, ma fallo con compassione invece che con auto-giudizio (per esempio, non dire “sei proprio una stronzo” al tuo critico interiore!).
Dì qualcosa come “So che stai cercando di tenermi al sicuro e indicarmi i punti che devo migliorare, ma il tuo severo giudizio e criticismo non mi aiutano affatto. Per piacere, smetti di essere così critico, mi stai causando un dolore non necessario”.
#3. Riformula le osservazioni fatte dal critico interiore in modo gentile
Riformula le osservazioni fatte dal critico interiore in modo gentile, amichevole e positivo. Se hai problemi a pensare quali parole usare, puoi immaginarti che cosa ti direbbe un amico molto compassionevole in questa situazione.
Potrebbe essere d’aiuto usare un vezzeggiativo che rafforzi sentimenti espressi di calore e cura, ma solo se ti sembra naturale e non sdolcinato, “Tesoro, so che ti sei mangiato quel barattolo di Nutella perché sei veramente triste e hai pensato che ti avrebbe tirato su. Ma ora stai ancora peggio e ti fa male lo stomaco. Voglio che tu sia felice, quindi perché non ti fai una bella passeggiata così ti sentirai meglio?”.
Mentre sei impegnato in questo dialogo interiore di supporto, prova a strofinarti gentilmente un braccio o a tenerti il viso teneramente fra le mani (basta che non ci sia nessuno che ti sta guardando!).
Anche se all’inizio hai problemi a richiamare emozioni di gentilezza, i gesti fisici di calore possono attingere al sistema di accudimento rilasciando ossitocina che ti aiuterà a cambiare la biochimica.
L’importante è che inizi a comportarti gentilmente e i sentimenti di vero calore e cura prima o poi arriveranno.
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