L’inglese Colin Wilson è uno dei massimi studiosi europei sull’omicidio seriale, argomento del quale ha iniziato a occuparsi nel 1961, anno di pubblicazione di “enciclopedia del delitto” nella quale erano riportati molti casi di assassini seriali, anche se non erano ancora chiamati con questo nome.
Nel corso dei decenni successivi, Colin Wilson ha elaborato sei teorie che, prese separatamente o insieme, ritiene possano spiegare le origini e le cause del comportamento omicidiario seriale. La classificazione sulle cause dell’omicidio seriale di Colin Wilson è tratta da I Serial Killer di Mastronardi e De Luca.
Le teorie di Colin Wilson sulle cause dell’omicidio seriale
#1. La teoria dei “bisogni progressivi” di Maslow
L’assunto principale di questa teoria prende in prestito le concettualizzazioni di Abraham Maslow, secondo cui l’uomo è motivato ad agire perché vuole soddisfare alcuni bisogni. Alla soddisfazione di un bisogno di base, segue un nuovo bisogno e così via, con un aumento progressivo delle richieste.
Il bisogno di nutrirsi è la prima esigenza dell’essere umano e quello che segue è il bisogno di sicurezza: le preoccupazioni principali di ogni individuo sono l’ottenimento del cibo e di una abitazione dove potersi riparare e riposare.
Una volta soddisfatti questi bisogni primari, è la volta del bisogno di gratificazione emozionale e sessuale: l’amore e le amicizie sono i veicoli principali per raggiungere un certo grado di soddisfazione a questo livello.
Il più elevato, nella scala gerarchica delle esigenze umane, è il bisogno di autostima che viene soddisfatto quando il soggetto, che aspira ad avere un successo visibile e a essere considerato un “vincente”, riesce a ottenere il rispetto da parte degli altri membri della società.
Secondo Colin Wilson, negli ultimi tre secoli il crimine si è evoluto parallelamente allo sviluppo dei bisogni nell’essere umano.
Nel XVIII secolo, le condizioni di vita erano misere e la maggior parte dei crimini venivano commessi al solo scopo di sopravvivenza (i primi due bisogni di Maslow).
Intorno alla metà del XIX secolo, gli omicidi avvenivano soprattutto all’interno delle mura domestiche e la motivazione prevalente era la salvaguardia della sicurezza familiare (terzo bisogno).
Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, fa la sua comparsa l’omicidio a sfondo sessuale modernamente concepito, mentre, nel secondo dopoguerra, il quarto livello di Maslow, il bisogno di autostima, diventa il motivo principale degli omicidi.
Colin Wilson sostiene che l’omicidio seriale scaturisce da questo bisogno insoddisfatto: il serial killer non ha un sufficiente livello di autostima, sente di essere un perdente e allora sfida la società, mettendo in atto il comportamento omicidiario che gli consente di sentirsi “qualcuno”.
L’insicurezza e la mancanza di un’identità precisa tornano prepotentemente a opprimere il soggetto, costringendolo a ripetere il comportamento, sempre nella speranza di affermare il proprio sé.
#2. Sindrome della volontà di potenza
Secondo Colin Wilson, l’obiettivo principale dell’assassino seriale non è il sesso, ma il controllo totale della vittima. Per affermare la propria individualità, l’assassino seriale ha bisogno di sperimentare un senso di onnipotenza.
Il suo mondo interiore è governato da fantasie di dominio e il sesso violento è uno dei mezzi che il soggetto ha a disposizione per realizzare le proprie fantasie: umiliazione e sottomissione della vittima equivalgono all’affermazione del proprio io.
#3. Sindrome di Jekyll e Hyde
Colin Wilson ritiene che questa sindrome sia tipica di quegli assassini seriali che si suicidano oppure che commettono un errore talmente grossolano, nella sequenza omicidiaria, da condurre al loro arresto; è come se questi individui avessero una parte “buona” che si accorge della presenza di una parte “cattiva”,
L’ impulso a confessare spontaneamente o a fare in modo di farsi catturare, è la risultante di un tentativo inconscio della parte positiva di sconfiggere quella negativa.
- Mastronardi, Vincenzo Maria (Autore)
#4. Teoria della sovrappopolazione e del 5% dominante di J. Calhoun
Questo psicologo, partendo dalle osservazioni degli etologi Lorenz e Tinbergern sulla presenza di un 5% dominante in tutte le specie animali, ha fatto un’interessante osservazione: quando i topi si trovano a vivere in una situazione di sovraffollamento, il 5% dominante diventa criminale e mette in atto un comportamento completamente estraneo agli altri topi che vivono in condizioni normali.
Secondo Colin Wilson, queste considerazioni valgono anche per l’uomo, il quale tende a sviluppare un comportamento di tipo criminale in situazioni di eccessiva densità di popolazione. L’omicidio seriale è una delle possibili modalità di comportamento criminale scelta dalla personalità dominante che non trova soddisfazione, attraverso i mezzi permessi dalla società, al suo desiderio di dominio.
Colin Wilson rafforza la teoria osservando che nessun assassino seriale ha alle spalle un ambiente di vita socialmente privilegiato e che la maggior parte di essi è cresciuta in quartieri periferici sovraffollati.
#5. Sindrome dell’imperatore romano
Si tratta di un’esasperazione della sindrome della volontà di potenza. Wilson ritiene che molti assassini seriali siano annoiati dalla vita moderna, perché essa, attraverso il progresso e la sempre maggiore comodità, produce soltanto situazioni di routine.
Questi soggetti, allora, cercano disperatamente nuovi stimoli, sensazioni forti in grado di dare un senso alla loro vita; nel fare ciò, si comportano proprio come gli imperatori romani che consideravano le altre persone come dei semplici “oggetti” utili per il loro piacere e divertimento.
L’assassino seriale tipico considera le vittime come oggetti che hanno la sola funzione di servire ai suoi scopi.
#6. Teoria dell’“ uomo violento” o dell’“ uomo che ha sempre ragione” di Alfred E. van Vogt
Nel 1954, questo scrittore di fantascienza osserva che tutti i dittatori sembrano avere in comune una convinzione irrazionale di essere sempre e comunque nel giusto.
Colin Wilson applica questa teoria agli assassini seriali, sostenendo che essi razionalizzano ogni loro condotta per autogiustificarsi. Molti di loro non provano alcun rimorso per le proprie azioni, perché credono di avere sempre ragione: qualsiasi forma di violenza è giustificata perché gratifica il loro egocentrismo.
Di solito, questi assassini manifestano già da bambini la tendenza a considerarsi il centro dell’universo e a sviluppare un comportamento aggressivo nei confronti degli altri.
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Ultima revisione
RIF. Tratto dal libro: “I serial Killer” di Vincenzo Mastronardi e Ruben De Luca
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