Last Updated on 4 Settembre 2024 by Samuele Corona
Siamo tutti debitori a Paul Ekman per la maggior parte di ciò che sappiamo sulle espressioni facciali. Decenni fa, vi era una disputa sul fatto che le espressioni facciali fossero innate o apprese attraverso la cultura e l’imitazione.
Nel 1967, Ekman e la sua squadra andarono in Papua Nuova Guinea per scoprire la verità. In uno dei loro primi esperimenti intervistarono i membri una tribù che, fino ad allora, non aveva mai interagito con gli occidentali e mostrò loro fotografie di varie espressioni facciali attraverso varie culture.
Ekman scoprì che le tribù della Papua Nuova Guinea potevano riconoscere con facilità le “emozioni universali” quali: Sorpresa, Tristezza, Rabbia, Paura, Gioia, Disgusto, Disprezzo.
Quando tornò a casa, Ekman si tuffò per primo nell’arduo compito di catalogare le espressioni facciali umane. Ha creato un sistema chiamato FACS (sistema di codifica delle azioni del viso), ha scattato migliaia di immagini sulle espressioni dei volti e assegnato a ciascuna un valore basato su quali muscoli facciali individuati sono stati attivati.
Ekman condusse un’analisi sistematica di come le emozioni controllino i muscoli del viso, di come cioè assumiamo espressioni faciali diverse a seconda di quello che proviamo.
Solitamente mostriamo solo un’espressione parziale, e in maniera molto più discreta. Ma avendo chiaro cosa stiamo cercando, non ci sarà difficile individuare anche le espressioni più sottili.
Cambiamenti discreti del volto rivelano lo stato emotivo di qualcuno prima ancora che questi ne sia consapevole. Ma può anche darsi che sappia perfettamente cosa sta provando e faccia di tutto per nasconderlo, mostrando un’altra emozione o cercando di apparire neutrale.
Le piccole espressioni facciali involontarie sono indizi per comprendere il vero stato emotivo di una persona. Per questo è necessario sapere cosa succede sul volto quando proviamo a nascondere quello che sentiamo veramente.
I paragrafi successivi che descrivono come riconoscere le emozioni universali e le espressioni facciali, sono degli adattamenti tratti dai libri: “Leggere il pensiero non è una magia” di Henrik Fexeus , e “I volti della menzogna” di Paul Ekman,
Le espressioni facciali discrete
Ci sono tre tipi di espressioni facciali discrete: vengono chiamate espressioni deboli, espressioni parziali e microespressioni.
Espressioni deboli
Un’espressione debole utilizza l’intero volto ma possiede una bassa intensità. Ogni parte del volto è coinvolta ma i cambiamenti non sono troppo evidenti. La scarsa intensità dell’emozione può essere generale, oppure può riguardare solo un momento particolare: potrebbe trattarsi di un’emozione intensa che però è appena iniziata e ancora non si è espressa appieno, o che sta svanendo.
Un’espressione debole può anche indicare il tentativo di nascondere un’emozione intensa. Come quando alla fine di una competizione il secondo qualificato abbraccia il vincitore e fa di tutto per non sembrare deluso.
Espressioni parziali
Un’espressione parziale utilizza solo una o due delle parti del volto necessarie per un’espressione completa. A loro volta, queste espressioni possono essere forti o deboli, ma normalmente sono deboli.
Un’espressione parziale può significare due cose: o un’emozione debole, autenticamente tale o perché sul punto di svanire, o un tentativo fallito di nascondere un’emozione intensa.
Microespressioni
Le microespressioni sono espressioni repentine ma complete che rivelano come veramente si sente una persona. Possono durare anche solo 1/25 di secondo, per questo è difficile coglierle consapevolmente. Spesso sono il risultato di un’interruzione: iniziamo a sentire e mostrare paura, ce ne accorgiamo, cerchiamo di cancellare l’espressione e di nasconderci dietro un’altra emozione. Ma per un secondo una chiara espressione di timore si è manifestata distintamente sul nostro volto.
Le microespressioni spesso si mostrano in maniera dinamica, nei movimenti del viso che hanno luogo quando parliamo, quando ci chiniamo in avanti ecc. Sono immediatamente seguite da un tentativo di dissimulazione. La maggior parte delle persone non è in grado di notarle, almeno non consapevolmente, eppure tutti riuscirebbero a individuarle con solo un po’ di allenamento. Le microespressioni segnalano sempre un’emozione repressa, ma non rivelano se volontariamente o meno.
Le espressioni facciali non rivelano la loro causa
È importante evidenziare che quando identifichiamo un’emozione, l’espressione non ci dice nulla sulla sua causa. Se scorgi rabbia sul volto di qualcuno, non significa che sia arrabbiato con te. Può avercela con sé stesso, o forse pensa a un episodio in cui ha provato rabbia, scatenando di nuovo la stessa emozione.
Quindi se vogliamo lasciarci guidare dalle emozioni altrui, dobbiamo prima scoprire cosa le ha causate. La strategia migliore è non rivelare quel che abbiamo scoperto ma prendere in considerazione tutte le possibilità.
Ci sono tre tipi di espressioni facciali discrete, e tutti possono segnalare un tentativo volontario di nascondere una forte emozione. I primi due possono anche indicare un’emozione realmente superficiale o appena scatenatasi:
- Espressioni deboli = L’intera espressione si manifesta a bassa intensità.
- Espressioni parziali = Si manifesta solo una parte dell’espressione (per esempio le sopracciglia).
- Microespressioni = Si manifesta l’intera espressione, ad alta intensità ma per un tempo brevissimo.
Leggere le emozioni
È sempre meglio evitare di analizzare qualcuno la prima volta che l’incontriamo (a meno che le sue emozioni non siano evidenti). Prima di “leggere” le sue emozioni, dobbiamo sapere qual è il suo aspetto in una situazione neutrale, in modo da avere un metro di paragone.
Per ragioni di chiarezza le emozioni rappresentate nelle immagini sono forti, anche se raramente si incontrano in questa forma nella vita quotidiana.
- Paul, Ekman(Autore)
Le foto per l’analisi delle emozioni sono di Tim Roth il protagonista di Lie to me. Le foto di Woody Allen, George Bush e Simon Cowell le ho pescate da Google 🙂
Sorpresa
La sorpresa è lo stato emotivo più breve. Quand’è che siamo stupiti? Quando accade qualcosa di imprevisto, quando il corso degli eventi muta improvvisamente. Per provare sorpresa, non dobbiamo avere il minimo presentimento di quello che sta per accadere.
Lo stupore dura solo qualche secondo, finché non capiamo cosa è successo, poi si tramuta in un’altra emozione, che è la reazione a quel che ci ha stupiti. Allora possiamo anche esclamare: “Che bella sorpresa!”, oppure ” Che brutta sorpresa!” ma lo stupore di per sé non ha nulla di positivo o negativo.
La gioia o il dispiacere che proviamo arriva solo in un secondo momento, quando realizziamo cosa è successo, per esempio che abbiamo ricevuto una visita inaspettata. Siccome la sorpresa giunge inaspettata, è in teoria impossibile nasconderla.
La sorpresa è diversa da quando qualcosa, per esempio un rumore improvviso, ci coglie alla sprovvista e ci spaventa. In questo caso, si tratta di un semplice riflesso fisico, che è l’esatto opposto della sorpresa. Contraiamo il viso e ci chiudiamo in noi stessi per proteggerci. Quando siamo sorpresi invece apriamo il volto il più possibile; tre zone del viso sono coinvolte in maniera evidente.
Gli occhi sgranati sono spesso associati a sopracciglia alzate o bocca spalancata, o a entrambe, ma possono anche comparire da soli. Quando siamo sorpresi, restiamo letteralmente a bocca aperta. Il mento si rilassa e si abbassa e la bocca si spalanca: di quanto, dipende dall’intensità dell’emozione.
La sorpresa può avere diversi gradi di intensità, facilmente deducibili dalla bocca. Occhi e sopracciglia restano più o meno uguali, ma più la bocca si apre, più la persona è sorpresa. Quando si vede solo la bocca spalancata, la sensazione è quella di restare senza parole. Può essere un’espressione automatica di un’emozione reale o un segno intenzionale. Quando vogliamo nascondere quel che proviamo, spesso fingiamo sorpresa.
Ma dato che è un’espressione molto breve, in realtà non riesce a nascondere molto. Uno stupore finto può essere smascherato perché dura troppo. La sorpresa è l’emozione più breve, dura appena qualche secondo prima di trasformarsi in qualcos’altro.
Tristezza
La tristezza è una delle emozioni più durature. Ha gradi più o meno intensi, fino ad arrivare al dolore che si prova per un lutto. Tutte le emozioni hanno forme estreme (per esempio, una paura esagerata si chiama fobia). Qui parliamo però di espressioni quotidiane.
Ci sono molti fattori che possono renderci tristi; uno dei più comuni è perdere qualcosa. Può trattarsi di perdere il lavoro, perdere un amico o compagno, un lutto etc. La tristezza ha anche una funzione sociale: chi mostra di essere triste può ottenere aiuto, consolazione e sostegno dagli altri.
Per qualche ragione, siamo tutti cresciuti con l’idea che non bisogna far vedere di essere tristi; quando provano quest’emozione, molti fanno di tutto per dissimularla. Ma non significa che sempre ci riescano perché per quanto proviamo a reprimere un’emozione, il nostro volto ci tradisce.
Nelle forme più estreme, l’unico segno di tristezza può essere la totale assenza di tono muscolare nel volto. Ma spesso anche gli occhi e la fronte sono coinvolti. Gli angoli interni delle sopracciglia si avvicinano e si sollevano. È uno dei movimenti muscolari più complessi da eseguire volontariamente.
Henrik Fexeus definisce questa espressione “sopracciglia alla Woody Allen”, dato che ricorda l’espressione caratteristica del regista statunitense.
Il movimento delle sopracciglia fa comparire o risaltare le rughe verticali sopra il naso; in più, l’angolo interno delle palpebre superiori si alza e prende una forma triangolare.
Una bocca triste viene spesso interpretata come espressione di disprezzo. Gli angoli della bocca tendono verso il basso e/o il labbro inferiore è proteso in una smorfia. Quando proviamo disprezzo invece solleviamo il labbro superiore; gli angoli della bocca puntano verso il basso ma il labbro inferiore non è proteso.
Se qualcuno sta fingendo di essere triste, userà la bocca e abbasserà lo sguardo. L’assenza di espressioni di tristezza negli occhi, nelle sopracciglia e sulla fronte è un ottimo indizio per scoprire il bluff. Per essere certi che l’espressione sia autentica, bisogna osservare la palpebra superiore a triangolo. Se qualcuno tenta di dissimulare la tristezza, si sforzerà soprattutto di controllare la bocca.
Rabbia
Si prova rabbia quando qualcuno o qualcosa ci impedisce di ottenere quel che vogliamo, mettendoci i bastoni tra le ruote. E ci arrabbiamo ancora di più se l’ostacolo è ideato appositamente per noi. Ma possiamo anche provare frustrazione quando le cose non funzionano come dovrebbero, il che è un altro modo di venire sabotati. A volte ci arrabbiamo anche con noi stessi. Un’altra causa può essere la violenza, o la minaccia: allora proviamo rabbia e paura insieme. Ovviamente ci arrabbiamo anche con chi ci tratta male e ci tradisce.
La rabbia pura non dura molto, spesso si unisce ad altre emozioni, come paura e disprezzo. La rabbia è l’emozione più pericolosa, perché può spingerci a desiderare di danneggiare, fisicamente o psicologicamente, la persona che ci ha fatto perdere le staffe. È un impulso che si manifesta in tenera età e che dobbiamo imparare a dominare nel corso degli anni.
Spesso è meglio evitare di agire quando si è arrabbiati, perché l’emozione interferisce con le nostre percezioni. In realtà in questi casi è meglio restare fermi, stare zitti e non fare nulla finché l’emozione non inizia a svanire e riprendiamo a percepire tutto in maniera più dettagliata.
Se subiamo qualche minaccia, la rabbia fa in modo che la paura, che ci può paralizzare, venga arginata. La rabbia invece ci spinge ad affrontare il pericolo. Quando siamo arrabbiati, le sopracciglia si avvicinano e si abbassano. Questo movimento di per sé può significare diverse cose: la persona è arrabbiata ma tenta di nasconderlo; è lievemente irritata e sta per arrabbiarsi; è seria e si sta concentrando; è confusa.
Se qualcuno fa questo gesto mentre gli parliamo, senza che si sia verificato alcun problema, è il segno che dobbiamo spiegarci più chiaramente. Darwin l’aveva chiamato “il muscolo delle difficoltà”, che usiamo quando ci confrontiamo con qualcosa di complesso o di incomprensibile.
- Paul Ekman, Wallace V. Friesen(Autore)
Quando si è arrabbiati le palpebre si tendono e gli occhi assumono uno sguardo penetrante. Le palpebre inferiori possono essere più o meno sollevate a seconda dell’intensità dell’emozione. Se qualcuno assume questo sguardo senza altri segni, significa che sta controllando la rabbia, oppure che sta cercando di concentrarsi.
Per essere sicuri che l’espressione indichi rabbia, dobbiamo osservare anche la bocca. Ci sono solo due tipi di bocche arrabbiate. Quella chiusa con le labbra serrate, che si usa nel corso di scontri fisici e combattimenti o quando si tenta di trattenersi dal dire qualcosa, e quella aperta, che compare quando si parla della propria rabbia (e quando si strilla).
La bocca serrata è comunque uno dei primi segni che compaiono quando si inizia a provare rabbia. È facile notare la tensione lungo la mandibola: spesso si manifesta ancora prima che ci accorgiamo di essere arrabbiati. Se qualcuno cerca di nascondere la propria rabbia, la tensione delle palpebre, lo sguardo fisso e le sopracciglia lo tradiranno.
Paura
La paura è causata da un pericolo che ci minaccia fisicamente o psicologicamente. Si scatena automaticamente quando qualche oggetto ci viene incontro velocemente, o quando perdiamo l’equilibrio e rischiamo di cadere. Molti hanno paura di serpenti e rettili, o di andare dal dentista. La paura può riguardare sia il piano fisico che quello psicologico.
Biologicamente la paura ci rende pronti a nasconderci o scappare. Il sangue e affluisce ai principali muscoli delle gambe, pronti a correre se necessario. Se non scappiamo cerchiamo di nasconderci, comportandoci esattamente come i conigli sorpresi dai fari delle auto: restiamo immobili.
Questo perché i predatori dotati di vista debole non vedono la preda se non si muove, quindi il coniglio si nasconde quando resta immobile. Quando diciamo “essere paralizzati dalla paura” in realtà ci stiamo nascondendo.
Se non scappiamo né ci nascondiamo, è probabile che la paura si trasformi in rabbia che ci spinge all’azione per fronteggiare la situazione minacciosa.
Quando proviamo paura, le sopracciglia si sollevano ma restano orizzontali. Gli occhi sono bene aperti, le palpebre superiori si sollevano mentre le palpebre inferiori sono contratte. La bocca è aperta o socchiusa, le labbra sono tese o assottigliate. Se qualcuno finge di avere paura dimenticherà di usare le sopracciglia e fronte, e probabilmente anche gli occhi e si limiterà ad usare la bocca.
L’unico caso in cui fronte e sopracciglia non sono coinvolte in un’espressione di paura genuina, è quando si tratta di un’emozione paralizzante, come nel caso di uno shock. Allora sono coinvolti solo occhi e bocca.
Disgusto
Il disgusto è caratterizzato da una presa di distanza. La causa più comune di disgusto sono le secrezioni corporee: escrementi, sangue, vomito e altri fluidi. La reazione avviene solo quando essi si trovano all’esterno del corpo. Si prova disgusto anche per certi odori o quando tocchiamo qualcosa di viscido. Alcuni azioni destano disgusto come la violenza sugli animali o la pedofilia.
Gli adulti pensano di essere disgustati dal comportamento degli altri: persone immorali, politici, tiranni ecc. Ma quel che è moralmente sbagliato varia da cultura a cultura.
Il disgusto è espresso dal naso arricciato e dal labbro superiore sollevato. Il labbro inferiore può essere sollevato e proteso, serrando la bocca, oppure abbassato e proteso, aprendola. Se il disturbo è molto forte le sopracciglia possono essere abbassate, ma non sono molto importanti in questa emozione.
- Paul Ekman(Autore)
Essendo un’espressione molto chiara, è facile fingere disgusto, e lo facciamo spesso per accompagnare un discorso. Siccome fronte e sopracciglia non sono significative per questa espressione, non ne notiamo l’assenza nel caso di un’emozione finta.
Per questa ragione è un’emozione facile da mascherare dato che usa principalmente la parte inferiore del viso. Solitamente non ci preoccupiamo nemmeno di nascondere quest’emozione.
Disprezzo
Il disprezzo ha molto in comune con il disgusto ma vi sono alcune importanti differenze. Proviamo disprezzo nei confronti degli altri e delle loro azioni, ma non per le cose.
Esiste anche una sorta di disprezzo socioculturale dal basso verso l’alto, come quello che i giovani provano nei confronti degli adulti o le persone scarsamente istruite verso gli accademici.
Chi è insicuro riguardo la propria posizione e il proprio status spesso usa il disprezzo come arma. In molti sfruttano il proprio potere per mostrare disprezzo verso chi gli è subordinato. È un metodo molto efficace anche se poi ci si ritrova da soli ai vertici odiati da tutti.
Il nostro volto esprime disprezzo serrando e sollevando un solo angolo della bocca, come una specie di sorriso a metà. Oppure sollevando una metà soltanto del labbro superiore, come una mezza espressione di disgusto.
Può avvenire in maniera discreta con un lieve tremito del labbro superiore, o in maniera più intensa, scoprendo i denti. Lo sguardo tende a puntare in basso; guardiamo dall’alto in basso la persona che disprezziamo.
Se questa espressione è parte naturale del tuo volto, perché sei nato così, verrai facilmente etichettato come arrogante e supponente.
Gioia
Le emozioni positive sono numerose ma attualmente non abbiamo termini sufficienti per descriverle. Per ora dobbiamo accontentarci di parole come gioia o felicità.
Un sorriso autentico coinvolge due importanti muscoli: lo zigomatico maggiore, che solleva gli angoli della bocca, e l’orbicolare dell’occhio che distende l’area intorno alle palpebre. In questo modo si stringono un po’ gli occhi, la pelle sotto le palpebre inferiori si tende, le sopracciglia si abbassano e compaiono delle pieghe ai lati degli occhi.
Siamo in grado di controllare intenzionalmente lo zigomatico maggiore, ma ciò non vale per i muscoli attorno agli occhi. Quando questo muscolo è in attività, diciamo che qualcuno “sorride con gli occhi”.
Il fatto che non siamo in grado di controllare l’orbicolare dell’occhio fa sì che sia semplicissimo riconoscere un sorriso falso. In un sorriso autentico le sopracciglia si abbassano lievemente, cosa che nessuno può riprodurre volontariamente.
Se non vogliamo essere scoperti quando fingiamo di essere felici, dobbiamo fare un sorriso il più largo possibile. Allora hanno luogo anche i mutamenti causati dai muscoli degli occhi: un sorriso ampio spinge in alto le guance facendo arricciare la pelle sotto gli occhi; in questo modo le palpebre si stringono e ai lati compaiono delle rughe.
Diventa allora più difficile capire se il sorriso è sincero o no: l’unico indizio sono le sopracciglia e la pelle al di sotto, che in un sorriso genuino vengono abbassate dai muscoli oculari.
Articoli Consigliati
- Linguaggio del Corpo: Come interpretarlo? 59 Segnali spiegati
- I 7 Migliori libri per interpretare il linguaggio del corpo
- 10 Regole per capire le persone. Quello che non dicono
- Smascherare i bugiardi con il linguaggio del corpo | Joe Navarro
- Il Linguaggio del corpo nel corteggiamento | Differenze tra uomini e donne
Bibliografia
- “Leggere il pensiero non è una magia” di Henrik Fexeus
- “I volti della menzogna” di Paul Ekman
- “Giù la maschera” di Paul Ekman
Paul Ekman. Libri più venduti online
Ecco i 3 libri di Paul Ekman più venduti online, con informazioni sul prezzo e valutazione di chi li ha acquistati.