Melanie Klein
è stata una delle più influenti psicoanaliste del mondo. Nacque a Vienna nel 1882 come Melanie Reizes, ultima di quattro figli. A ventun anni sposò Arthur Klein, con cui ebbe tre figli. Dal 1910 al 1919 la famiglia visse a Budapest.
Melanie Klein aveva perso una sorella a cinque anni e poco dopo un fratello. Queste perdite, che la Klein rivisse intensamente quando suo figlio maggiore morì in un incidente, probabilmente spiegano la storia depressiva che colorò la sua vita e contribuirono alla sua sensibilità per la posizione depressiva.
Le sue depressioni croniche la indussero a mettersi in cura con Ferenczi. Nel 1921 si separò dal marito e visse coi figli a Berlino. La separazione fu sancita dal divorzio nel 1923. Karl Abraham divenne l’analista della Klein e le fu di grande sostegno per il lavoro sull’analisi dei bambini.
Abraham morì nel 1925, e Melanie Klein si trasferì a Londra nel 1926 su invito di Ernest Jones, continuando là la sua opera clinica e teorica fino alla morte, nel 1960, all’età di 78 anni.
La teoria dello Sviluppo di Melanie Klein
Melanie Klein fu attratta dalle idee freudiane su oggetti, colpa, angoscia, fantasia e istinto di morte, concetti che rielaborò in una teoria sull’aggressività infantile. La direzione che impresse diede un’importanza nuova allo studio dello sviluppo infantile e spianò la strada al lavoro psicoanalitico con gli psicotici.
La tecnica di gioco che escogitò per i bambini servì a scoprire un ricco mondo interno del bambino, popolato da oggetti parziali e personaggi fantastici. Scoprì le fantasie, le angosce e le difese inconsce primitive.
Nel trattamento dei bambini, la Klein si rese conto che non è la relazione del paziente con i genitori reali che viene trasferita sull’analista, ma la relazione con figure fantastiche interne, i genitori interni. Di qui passò a mettere in risalto l’importanza delle relazioni con gli oggetti interni infantili nello sviluppo normale e patologico di bambini e adulti.
La formazione del Super-Io, secondo la studiosa, comincia molto prima di quanto si ritenesse in origine, e gli impulsi aggressivi conducono alle costellazioni descritte come posizione paranoide-schizoide e posizione depressiva e a difese maniacali contro l’angoscia.
Le due posizioni rappresentano un passo concettuale al di là dei modelli ontogenetici fissi delle fase istintuali di Freud. La supposta coesistenza di fasi diverse di sviluppo psicosessuale è una contraddizione di termini. Tuttavia è possibile che varie relazioni oggettuali si combinino o si alternino nella stessa persona.
- Bott Spillius, Elizabeth(Autore)
La Klein ha sostituito il concetto di fase con quello di relazione oggettuale, e le sue posizioni fanno riferimento a un misto di pulsioni, difese e relazioni con oggetti espresse in un comportamento con sfumature affettive.
Anche se è vero che le posizioni paranoide-schizoide e depressiva possono essere considerate fasi di sviluppo, il termine posizione mette in rilievo che i fenomeni descritti non sono semplicemente manifestazioni di una fase passeggera ma piuttosto una configurazione specifica delle relazioni oggettuali, delle angosce e delle difese che persiste per tutta la vita.
La posizione depressiva non si sostituisce mai pienamente alla posizione paranoide-schizoide; l’integrazione conseguita non è mai completa e le difese contro il conflitto depressivo determinano la regressione a fenomeni paranoidi-schizoidi, e quindi l’individuo può oscillare tra le due in qualsiasi periodo.
Critiche alla teoria della Klein
Le formulazioni di Melanie Klein sono state criticate sulla base del fatto che, anche se esposte in termini teorici, in realtà sono un misto di idee cliniche e teoriche che la Klein riteneva potessero essere applicate direttamente nel lavoro clinico.
In particolare vi sono state obiezioni alla sua affermazione che il transfert negativo e gli impulsi aggressivi-distruttivi dei pazienti, bambini e adulti, possono e devono essere affrontati immediatamente alla loro comparsa senza ripercuotersi sullo sviluppo di un’alleanza terapeutica.
Vi sono controversie anche sulle seguenti idee della Klein:
- Il concetto di istinto di morte innato e la sua espressione infantile sotto forma di invidia
- Le enormi conoscenze innate attribuite al neonato
- L’osservazione concentrata sullo sviluppo intrapsichico nel primo anno di vita con la relativa trascuratezza degli sviluppi successivi dell’Io e del Super-Io
- Le tecniche vengono applicate a tutti i livelli di patologia, concentrandosi quasi esclusivamente sui fenomeni transferali, minimizzando la realtà
- Le interpretazioni premature, approfondite delle fantasie inconsce trascurano l’analisi del carattere
- L’opinione che il gioco dei bambini possa essere considerato l’equivalente delle associazioni libere dell’adulto
Le idee di Melanie Klein avevano una corrispondenza molto stretta con quelle espresse da Ernest Jones e da altri membri della British Society, soprattutto rispetto all’importanza attribuita alle determinanti pregenitali e innate in contrapposizione all’influenza dello stress ambientale, rispetto allo sviluppo infantile della sessualità femminile e al ruolo dell’aggressività nell’angoscia.
Intorno al British Institute crebbe un cosiddetto gruppo kleiniano, ma le teorie kleiniane, sullo sviluppo nella primissima infanzia di fantasie organizzate e processi mentali, sono rimaste controverse, soprattutto dopo che si trasferì a Londra dove regnava Anna Freud, le cui opinioni erano alquanto diverse.
Vi fu moltissima rivalità tra queste due esperte di analisi infantile. Il gruppo del British Institute non si è ancora formalmente diviso, ma le differenze tra i seguaci di Melanie Klein, i seguaci di Anna Freud e un gruppo intermedio (gli “Indipendenti”) sono nettamente demarcate.
L’istituzione e la perpetuazione della scuola kleiniana vengono spiegate in parte dal numero di leader carismatici che ne fanno parte, a cominciare dalla Klein stessa. Dal British Institute la sua influenza si diffuse principalmente in Europa e in Sudamerica. I pazienti (bambini e adulti) della Klein e dei suoi seguaci, a giudicare dalle opere pubblicate, avevano disturbi gravi, v’erano anche psicotici.
Le sue idee hanno dunque contribuito a capire un gruppo di pazienti gravemente malati relativamente trascurati dagli analisti non kleiniani. Inoltre la Klein ha seguito con maggiore assiduità degli altri analisti le sorti delle pulsioni aggressive e il suo approccio ha avuto l’effetto, per molti analisti, di ritornare ad occuparsi delle profondità dell’inconscio, delle profonde pulsioni e dei meccanismi mentali primitivi, in opposizione alla tendenza alle astrazioni della psicologia dell’Io.
Sotto l’influenza di Heinz Hartmann, Ernst Kris, Rudolph Loewenstein e David Rapaport, la psicologia dell’Io negli Stati Uniti d’America ha avuto maggiore potere di attrazione. La dedizione di Melanie Klein al suo lavoro nel campo della psicoanalisi è stata una caratteristica fondamentale.
Ambiziosa, molto intuitiva, coraggiosa, onesta, non si concedeva compromessi sul lavoro ed era ostinata a difenderlo. La sua era una personalità potente che imponeva un rispetto quasi universale.
Equazione simbolica
Processo mentale mediante il quale la mente sceglie quale potrebbe essere un simbolo adatto a un oggetto, ma lo usa concretamente e letteralmente come se fosse la stessa cosa dell’oggetto. Per esempio, un violinista schizofrenico non è più in grado di suonare in pubblico perché equipara il violino ai propri genitali; suonare quindi equivarebbe a masturbarsi in pubblico.
Segal (1957) ha associato l’equazione simbolica con la posizione paranoide-schizoide, in cui la capacità di affliggersi non è ancora stata sviluppata e di conseguenza l’oggetto perduto non viene né abbandonato né sostituito da un simbolo. Per contro, nella posizione depressiva, la perdita dell’oggetto viene riconosciuta.
Abbandonare l’oggetto stimola il desiderio di ricreare l’oggetto dentro il Sé. Comincia un processo creativo nell’ambito del quale vengono sviluppate rappresentazioni multiple dell’oggetto; alcune di queste sono simboli o sostituti astratti.
Gli affetti connessi all’oggetto originario vengono trasferiti su questi sostituti, ma resta una chiara distinzione tra i sostituti e gli oggetti che li rappresentano: non esiste più la confusione caratteristica dell’equazione simbolica. Le varie rappresentazioni interne dell’oggetto vengono impiegate per superare la perdita, non per negarla.
Alla perdita segue quindi la riparazione creativa che impiega liberamente sostituti distanti, multipli per ricuperare internamente l’oggetto perduto. La creatività e la sublimazione sono perciò stimolate quando viene elaborata la posizione depressiva.
Fantasia
Attività mentale sotto forma di storie episodiche, che può essere conscia o inconscia. Nella teoria Kleiniana la fantasia viene definita espressione mentale degli istinti e di conseguenza si presume che esista dalla nascita. Perciò fin dal primo periodo l’attività mentale organizzata sotto forma di fantasia esprime la relazione primitiva del bambino con gli oggetti in riferimento agli istinti, che perseguono le relazioni oggettuali.
Le fantasie vengono considerate la componente principale della vita mentale inconscia; riflettono direttamente il funzionamento del processo primario, che in origine è gratificazione allucinatoria dei desideri. Tuttavia a volte esprimono anche le funzioni di un Io e di un Super-Io in età molto più precoce di quanto pensasse Freud.
Si ritiene che i conflitti evolutivi, compresi quelli edipici, e le difese contro di essi, le pulsioni, e gli affetti, tra cui la negazione, la rimozione, il controllo onnipotente e la riparazione , vengano espressi sotto forma di fantasie già nel primo anno di vita.
La formazione di fantasie si verifica molto prima dello sviluppo del linguaggio formale e continua a dominare il mondo interno per tutta l’età adulta. Le prime fantasie sono onnipotenti e concrete. In origine derivano da sensazioni corporee e rappresentano obiettivi istintuali verso oggetti con interpretazioni affettive delle esperienze sensoriali.
Al livello più elementare sembra che rappresentino i bisogni o desideri corporei del bambino di possedere varie parti del corpo della madre (o del padre) (oggetti parziali, per esempio il seno o il pene). Il bambino comincia a distinguere solo lentamente tra il proprio desiderio fantastico del corpo della madre e la realtà della separatezza di lei.
Il riconoscimento che i desideri sono fantasie, e non acquisizioni reali, costituisce il primo orientamento del bambino alla realtà. Anche se le fantasie sono alla base di tutti i meccanismi di difesa, questi ultimi sono più formalizzati, spersonalizzati e onnicomprensivi.
Per esempio, mentre il meccanismo mentale dell’introiezione si basa sulla fantasia orale di incorporare il seno materno, esso comprende anche un meccanismo più formale di assunzione e di elaborazione delle informazioni provenienti dal mondo esterno.
Identificazione
Processo mentale automatico, inconscio mediante il quale un individuo diviene, per uno o più aspetti, come un’altra persona. Accompagna fisiologicamente lo sviluppo maturativo e mentale e ha un ruolo attivo nel processo di apprendimento oltre che nell’acquisizione di interessi, ideali, maniere e altri attributi.
I modelli reattivi sia adattativi che difensivi di un individuo spesso si basano sull’identificazione con persone amate e ammirate o temute e odiate. La teoria kleiniana mette in particolare risalto due tipi di identificazione.
Nell’identificazione proiettiva parti del Sé e degli oggetti parziali vengono separate e proiettate su un oggetto esterno, che viene quindi “identificato” con la parte separata e inoltre posseduto e controllato da essa.
Tra le finalità difensive che figurano in questo meccanismo vi sono la fusione con l’oggetto esterno per evitare la separazione; il controllo dell’oggetto distruttivo, cosiddetto cattivo, che è una minaccia persecutoria contro l’individuo; e la preservazione di parti buone del Sé, attraverso un’operazione di separazione e identificazione proiettiva con il terapeuta che “custodisce”.
Questo meccanismo comincia nella posizione schizoide-paranoide, ma può continuare per tutto lo sviluppo. Anche se la Klein e i suoi seguaci impiegano in modo quasi intercambiabile i termini proiezione e identificazione proiettiva, tra i due vi è una differenza implicita: proiezione indica soltanto un meccanismo di difesa, mentre l’identificazione proiettiva comporta una relazione oggettuale fantasticata.
Ogden (1982) elabora questa distinzione mentre Grotstein (1981) la elimina, ritenendo che non vi possa essere alcuna proiezione senza un destinatario (contenitore) con cui va identificata la parte proiettata. L’identificazione introiettiva è la controparte dell’identificazione proiettiva. Il termine comporta la fantasia di incorporare oralmente l’oggetto, mentre si manifesta l’identificazione con esso.
L’introiezione e la proiezione vengono concettualizzate come processi continui che determinano la formazione di un mondo interno. L’identificazione introiettiva è bilanciata dai meccanismi proiettivi fintanto che il bambino incorpora ciò che ha già identificato come buono (mediante identificazione proiettiva) ma anche “sputa fuori” (proietta) aspetti brutti o pericolosi dell’oggetto. Questa interrelazione fu descritta da Freud (1915) dopo la coniazione del termine introiezione (Ferenczi 1909).
L’introiezione dei genitori può dunque essere pensata come processo selettivo nel quale l’Io “assapora” gli oggetti del mondo esterno, introietta certi aspetti e ne proietta altri (Heimann 1952). L’identificazione con i genitori avviene per mezzo di una combinazione di questi due meccanismi e determina lo sviluppo dell’Io e del Super-Io.
Mentre i meccanismi proiettivi sembrano dominanti nella posizione paranoide-schizoide, i meccanismi introiettivi prevalgono nella posizione depressiva. La posizione depressiva rappresenta un progresso maturativo; l’oggetto è ora un tutto unico, non più un oggetto parziale, e il pericolo non è più che l’Io venga distrutto dall’istinto di morte proiettato (ossia dall’oggetto cattivo), ma piuttosto che gli impulsi distruttivi del bambino distruggano l’oggetto amato.
In generale i processi introiettivi sono più forti in questa posizione a causa del bisogno di possedere l’oggetto, tenerlo dentro e quindi proteggerlo dalla distruttività del bambino stesso. D’altra parte l’identificazione introiettiva può anche essere impiegata come meccanismo di difesa per assumere un oggetto cattivo e identificarsi con esso allo scopo di preservare nella fantasia la bontà dell’oggetto esterno.
Invidia
Una delle emozioni più primitive e fondamentali, espressione degli impulsi distruttivi del bambino che operano dalla nascita. La Klein riteneva che l’invidia avesse una base costituzionale e che fosse una manifestazione mentale dell’istinto di morte.
Viene sentita inizialmente in relazione al seno buono, riserva di cibo, calore e protezione, in contrasto con il bambino, disturbato da sentimenti dolorosi di dipendenza impotente, che desidera essere fonte di benessere.
Il bambino sente un impulso distruttivo teso a eliminare la fonte dell’invidia, e quindi le qualità e le proprietà dell’oggetto vengono “rubate” o “deprivate” per mezzo di attacchi fantastici orali o sadico-anali. Gli attacchi psichici di invidia del seno lo trasformano in un oggetto denigrato e privo di valore, ovviando in tal modo al bisogno di gratitudine e dipendenza.
L’invidia intensa in certi casi impedisce lo sviluppo delle rappresentazioni interne degli oggetti buoni, perché vengono svalutati all’istante; questa invidia può dunque interferire con i tentativi di superare la posizione paranoide-schizoide.
In questi casi le immagini del seno vengono trasformate, per mezzo di scissioni e di identificazioni proiettive, in oggetti interni vendicativi, che possono costituire il nucleo di un “Super-Io invidioso” che disturba o annienta i tentativi di riparazione e creatività.
Un’altra difesa contro l’invidia è la fantasia di possedere tutti gli attributi vulnerabili degli oggetti; queste difese promuovono l’identificazione con gli oggetti idealizzati e in certi casi conducono alla sopravvalutazione narcisistica del Sé. L’invidia è in contrapposizione all’avidità, che punta al possesso di tutta la bontà dell’oggetto.
L’avidità è di natura più libidica dell’invidia, che è pervasa dall’istinto di morte. In particolare l’invidia disturba lo sviluppo delle relazioni oggettuali e l’introiezione della potenza e della bontà degli oggetti. Nello sviluppo normale, la gratitudine finisce per influenzare l’invidia e consente il proseguimento dello sviluppo.
La gelosia pertiene a una relazione triangolare, che si verifica dopo che gli oggetti vengono riconosciuti come interi; punta al possesso dell’oggetto amato e all’eliminazione del rivale. In confronto, l’invidia è una relazione diadica vissuta nei confronti di oggetti parziali, dei quali il soggetto desidera avere le proprietà o le qualità.
Oggetti interni
Rappresentazioni intrapsichiche di certi aspetti di relazioni con altre persone. Fairbairn e altri hanno impiegato questo termine in relazione alla fantasia di interiorizzare un’immagine “cattiva” (deludente) della persona che accudisce, per poterla controllare.
Questa accezione segue le descrizioni originali di Freud e Abraham dell’interiorizzazione degli oggetti; tuttavia i kleiniani utilizzano il termine in modo più specifico per designare l’interiorizzazione degli oggetti in seguito alla loro “scoperta” o “creazione” iniziale tramite l’identificazione proiettiva di aspetti della vita istintuale del bambino.
Per esempio l’avidità produce un oggetto interno esigente. Nella teoria kleiniana si postula che, dalla nascita in poi, l’angoscia venga creata dal conflitto tra gli istinti di morte e di vita. Entrambi vengono proiettati sul seno materno; l’istinto di morte fa sì che il seno venga fantasticato come oggetto persecutore esterno. Ma dato che l’introiezione e la proiezione sono processi continui, l’oggetto persecutorio può anche diventare un oggetto interno.
Nello stesso tempo, per creare un oggetto buono in grado di soddisfare l’istinto che preserva la vita e protegge dall’oggetto persecutore interiorizzato, il bambino conferisce attributi libidici al seno, rendendolo quindi un oggetto ideale.
L’attività della fantasia primaria consiste nell’introiezione del buono e nella proiezione del cattivo per tenerli distinti. In altri casi il buono viene proiettato per tenerlo al sicuro dall’aggressività interna, mentre (come è già stato detto) l’oggetto persecutorio esterno spesso viene introiettato e diviene un oggetto cattivo interno.
In certi casi vi è un insieme di oggetti interiorizzati che interagiscono reciprocamente e con il Sé. Possono essere trasferiti sull’analista e influenzare gli stati affettivi e le reazioni comportamentali manifeste dell’individuo.
Chiamati anche introiezioni, possono essere concepiti come vaghe immagini anticipatrici di ciò che ci si può aspettare dalle persone del “mondo reale; come qualcosa che diviene strettamente intrecciato con l’esperienza individuale su chi uno è; come persecutori […] o come fonte di sicurezza interna, invocata in momenti di stress e isolamento.
Costituiscono un residuo (nella mente) di relazioni con persone importanti della vita dell’individuo. Gli scambi determinanti con altri lasciano il segno; vengono interiorizzati.
Gli oggetti interni possono essere divisi in buoni e cattivi, parziali o interi e assimilati (nell’identità del Sé) o non assimilati (non identificati con l’Io) . I kleiniani e i membri della scuola delle relazioni oggettuali non hanno distinto con chiarezza tra oggetti interni e rappresentazioni oggettuali, anche se questa distinzione è forse implicita nel concetto kleiniano di sviluppo della formazione dei simboli.
Per conseguire la capacità di rappresentare i simboli, secondo la Klein, il bambino deve progredire dalla posizione schizoide-paranoide a quella depressiva in modo che venga acquisita la capacità di tollerare la separazione e, contemporaneamente, anche la capacità di immaginare l’oggetto in sua assenza.
Posizione depressiva
Principale progresso evolutivo, successivo alla posizione paranoide-schizoide, che integra l’amore e l’odio per gli oggetti, i loro aspetti “buono” e “cattivo”, le altre loro rappresentazioni parziali (per esempio la madre “orale” e “genitale”) e la realtà esterna con la realtà o la fantasia intrapsichica.
Come la posizione paranoide-schizoide, la posizione depressiva rappresenta una configurazione delle relazioni oggettuali, delle angosce e delle difese e non equivale ad alcuna delle fasi dello sviluppo psicosessuale di Freud.
Le due posizioni si manifestano durante il primato orale; la Klein postulava che la posizione depressiva si sviluppasse in forma rudimentale a circa tre o quattro mesi di età e che continuasse per tutta la vita dell’individuo.
Dato che l’oggetto materno all’età di quattro mesi viene riconosciuto come oggetto intero, la Klein supponeva che il conflitto edipico cominciasse a operare già da quest’epoca remota. La madre è fonte di ciò che è buono e di ciò che è cattivo e il neonato scopre la vulnerabilità, la dipendenza e la gelosia nella relazione con lei.
Anche se il bambino sviluppa una certa tolleranza per questi sentimenti, persiste l’ambivalenza e l’angoscia si trasforma in timore che gli impulsi aggressivi nel Sé possano distruggere l’oggetto riconosciuto ora come necessario, importante e amato.
La possibilità di perdere l’oggetto buono a causa di questa aggressività porta al senso di colpa. Mentre, durante la posizione paranoide-schizoide, l’affetto principale è quello dell’angoscia persecutoria, nella posizione depressiva la preoccupazione principale è rivolta all’oggetto e al suo benessere.
Ora l’introiezione prevale sulla proiezione. Dato che la persona elabora la capacità di riparare ai danni fantasticati agli oggetti amati, acquista sicurezza che l’amore può prevalere sull’odio per gli oggetti. Sono in gioco fantasie di onnipotenza, non soltanto nei timori di distruzione dell’oggetto, ma anche nello sforzo dominante di fare fronte alle angosce di questa posizione per mezzo della “riparazione”.
Questo concetto comporta la riesperienza retrospettiva della colpa derivante da tutte le proiezioni di impulsi cattivi sull’oggetto. L’esito ideale della posizione depressiva, mai pienamente perseguito, richiede l’abbandono del controllo onnipotente sull’oggetto a favore dell’accettazione della realtà della dipendenza.
Man mano che questo traguardo viene raggiunto, diviene possibile la gratitudine verso l’oggetto per il suo merito nel creare e nel sostenere la vita infantile. Se le angosce depressive sono troppo intense perché possano essere affrontate difensivamente, non è possibile consolidare e superare la posizione depressiva.
Possono allora essere impiegate le difese maniacali, che consistono in fantasie di controllo dell’oggetto, con un senso di trionfo e di disprezzo per l’oggetto che serve a proteggere dal senso di dipendenza tipico della posizione depressiva. Il bambino a volte regredisce anche alla posizione paranoide-schizoide.
Posizione paranoide-schizoide
Secondo la visione della Klein, fino dalla nascita l’Io ha la capacità di organizzarsi: è in grado di provare angoscia, di usare meccanismi di difesa e di formare relazioni oggettuali primitive.
La posizione schizoide-paranoide è la prima e più primitiva organizzazione dell’apparato mentale che distribuisce le esperienze emozionali in relazione agli oggetti interni ed esterni in un contesto dinamico che continua a esercitare influenza per tutta la vita nonostante gli influssi della posizione depressiva.
I meccanismi di difesa che predominano nella posizione paranoide-schizoide sono la scissione, l’identificazione proiettiva, la negazione onnipotente magica e l’idealizzazione. Il bambino proietta amore e odio sul seno materno, scindendolo in un oggetto “buono” (o gratificante) e in uno “cattivo” (ossia frustrante).
L’oggetto buono viene “idealizzato”, ossia percepito come fonte di illimitata gratificazione. L’oggetto cattivo, per contro, diviene un persecutore terrificante. Questa posizione è perciò caratterizzata da angoscia persecutoria: i timori infantili vengono distrutti dall’oggetto cattivo. Dato che l’Io non ha raggiunto l’integrazione adeguata, deve ricorrere alla negazione onnipotente per rendere irreale o privo di potere l’oggetto perseguitante.
Il termine schizoide viene impiegato, sulla scia di Fairbairn, per indicare la scissione fantastica del Sé infantile realizzata per riuscire ad avere una buona relazione con le parti buone dell’oggetto. L’angoscia di un’eliminazione minacciata, fantasticata da parte degli oggetti perseguitanti interni viene definita paranoide. Il comune denominatore dei meccanismi schizoidi è l’onnipotenza.
Il bambino, nel tentativo di esercitare un controllo onnipotente sugli oggetti, conferisce loro onnipotenza per mezzo dell’identificazione proiettiva e perciò è vittimizzato da oggetti perseguitanti onnipotenti. Gli aspetti esagerati, scissi, persecutori, onnipotenti della posizione schizoide-paranoide sono osservabili in condizioni come le sindromi borderline, altri disturbi mentali primitivi e, in misura minore, in tutti gli esseri umani.
- Klein, Melanie(Autore)
Riparazione
Una delle principali attività mentali della posizione depressiva. Comprende tutti i tentativi infantili di risparmiare all’oggetto danni, soprattutto quello minacciato dai meccanismi distruttivi del bambino stesso, che prendono le mosse dall’ostilità e dall’invidia.
Le riparazioni derivano dalle prime esperienze di gratitudine del bambino, che avvengono dopo l’accettazione della realtà della dipendenza dall’oggetto materno. Questi tentativi “restaurativi” sono anche strettamente associati alle capacità creative, che sembrano accresciute dalla riparazione e dalla gratitudine.
Scissione
Si comprende meglio avendo presente i postulati kleiniani di base secondo cui gli istinti operano fin dalla nascita in forma differenziata; la fantasia rappresenta l’attività mentale, che opera anch’essa dalla nascita in forma differenziata ed esprime le vicissitudini degli istinti; gli istinti comportano oggetti; e vi è una complessa interazione tra il bambino e i suoi oggetti; il termine oggetti interni comporta introiezioni e proiezioni tra parti della vita fantastica del bambino e gli oggetti.
In questo contesto teorico, la scissione è definibile come meccanismo mentale primitivo che aiuta il bambino a ordinare le sue esperienze nel caos istintuale primario. Fin dalla nascita l’Io ha una relazione con l’oggetto primario, il seno, rappresentato in due parti (ossia scisso) che riflettono i suoi aspetti gradevoli (buoni) e quelli sgradevoli (cattivi).
Per mezzo di questa scissione il bambino è in grado di distinguere tra aspetti gradevoli (buoni o ideali) del seno e aspetti non gradevoli (cattivi) (il mondo oggettuale a disposizione).
La teoria di Melanie Klein postula che quando il bambino è affamato, le urla esprimano una fantasia di attacco persecutorio all’interno del corpo, luogo in cui si sente il dolore della fame; l’aspetto sgradevole del seno diviene quindi un oggetto persecutorio.
Quando questi oggetti buoni e cattivi vengono interiorizzati, restano scissi, anche se il bambino cerca di proiettare le esperienze degli oggetti cattivi. La fantasia dell’oggetto ideale si fonde con le esperienze gratificanti di amore e attenzione da parte della madre reale esterna, e da queste viene confernmata, mentre la fantasia di persecuzione da parte dell’oggetto cattivo analogamente si fonde con le esperienze reali di privazione e dolore.
L’Io, che viene ritenuto organizzato fin dalla nascita, si scinde in conseguenza delle identificazioni introiettive del bambino con gli oggetti buoni e cattivi. Ciò crea una dualità nell’Io durante le prime fasi di sviluppo, prima che sia stata conseguita la capacità di ambivalenza.
A causa di questa spaccatura nell’Io stesso, la scissione e la proiezione delle parti scisse dall’Io dominano la percezione dei primi oggetti e del mondo esterno. La scissione è tipica della posizione paranoide-schizoide.
In condizioni normali di sviluppo consente al bambino di ordinare le proprie esperienze e di operare discriminazioni, e serve anche a fini difensivi, divenendo in definitiva la base di meccanismi come la rimozione, in conseguenza della soluzione della fase edipica, e l’accettazione di sentimenti ambivalenti verso un singolo oggetto nella posizione depressiva.
Nella patologia grave, la scissione a volte si evolve nella frammentazione di oggetti in minuscoli frammenti di elementi violentemente ostili che si presuppongono proiettati e reintroiettati. Ciò determina forme gravi di dissociazione patologica.
Articoli consigliati:
- La teoria dello sviluppo di Margaret Mahler
- Donald Winnicott. La teoria psicoanalitica. Concetti chiave
- Wilfred Bion. La teoria psicoanalitica. Concetti chiave
Bibliografia:
- “Dizionario di Psicoanalisi. Dell’American Psychoanalytic Association” Sperling & Kupfer
- “Psychoanalytic Terms and Concepts” by The American Psychoanalytic Association
- “Melanie Klein” di Hanna Segal
- “Melanie Klein e il suo impatto sulla psicoanalisi oggi” di Elizabeth Bott Spillius
Melanie Klein. Libri più venduti online
Ecco i 3 libri di Melanie Klein più venduti online, con informazioni sul prezzo e valutazione di chi li ha acquistati.