Wilfred Bion, figlio di un funzionario britannico, nacque nel 1897 a Muttra, in India, da una famiglia di discendenza ugonotta. A partire dall’età di otto anni, ricevette l’istruzione in Inghilterra. Cominciò la formazione psicoanalitica nel 1930 con John Rickman e continuò poi con Melanie Klein.
Bion fu presidente della British Psychoanalytical Society dal 1962 al 1965. Nel 1968 si trasferì a Los Angeles, dove lavorò fino al 1981, anno della sua morte.
I suoi principali contributi psicoanalitici riguardano la psicologia di gruppo e il pensiero psicotico.
Wilfred Bion ha descritto due comportamenti presenti in qualsiasi gruppo, la modalità gruppo di lavoro e lo stile dei processi specifici. Il gruppo di lavoro definisce il proprio compito, riconosce il proprio scopo e promuove la cooperazione tra i membri.
La teoria di Bion si propone di spiegare perché spesso i gruppi, da un certo punto in poi, non si comportano nel modo sensato tipico della modalità di lavoro. In questi casi distingue tre processi specifici: la dipendenza da un leader, il comportamento di lotta/ fuga e l’appaiamento, che rappresentano stili diversi di funzionamento del gruppo, quando non è orientato verso l’esterno, verso la realtà, ma verso l’interno, la fantasia.
Questi processi specifici spesso interferiscono negativamente con il lavoro del gruppo, ma la loro energia può anche essere incanalata affinchè contribuisca alla buona riuscita del lavoro. I processi specifici si basano su quelle che vengono considerate le parti sconfessate dell’individuo; di conseguenza sono anonimi e possono perciò funzionare spietatamente, motivo per cui sono temuti.
Applicando concetti analitici kleiniani ai gruppi, Bion ha paragonato la loro realtà a una occasione di regressione a fasi precedenti di funzionamento mentale in cui vengono riattivate angosce di tipo psicotico e meccanismi di difesa primitivi contro di esse: identificazione proiettiva e scissione.
La regressione del gruppo distrugge la capacità di simbolizzare e comunicare verbalmente. Più il gruppo funziona con lo stile dei processi specifici del gruppo, «meno fa uso razionale della comunicazione verbale, mentre prevalgono gli scambi non verbali […] i gruppi, secondo la visione di Freud, seguono modelli di comportamento nevrotico, mentre secondo me seguono modelli di comportamento psicotico».
Bion ha ipotizzato un obiettivo intermedio della psicoterapia psicoanalitica di gruppo con lo scopo di mettere a nudo modelli psicotici presenti nel gruppo, mentre «l’obiettivo centrale resta quello di elaborare fino in fondo i meccanismi di difesa primitivi del gruppo (o processi specifici) contro le angosce psicotiche comuni a ciascun membro, riattivate nelle relazioni transferali regressive all’interno del gruppo».
Egli tuttavia non ha spiegato chiaramente in che modo è possibile raggiungere questo obiettivo.
Bion ha usato le idee kleiniane anche per capire il pensiero psicotico, in particolare i concetti di scissione e di identificazione proiettiva, che egli considerava tipici meccanismi di difesa della “posizione schizoparanoide”.
L’odio per la realtà, affermava, è in grado di indirizzare l’aggressività istintiva verso l’interno, distruggendo le funzioni della percezione, di modo che la realtà obiettiva esterna non possa essere percepita con precisione.
Una consimile autodistruzione talora inficia anche la capacità di cogliere la realtà emozionale, soggettiva, intrapsichica. Le funzioni degli organi e di senso e della consapevolezza di Sé quindi si disorganizzano dopo essere state proiettate e scisse in molteplici minuti frammenti.
Inoltre, gli attacchi ostili alle funzioni integrative cospirano contro le capacità di collegamento, rendendo quasi impossibile l’elaborazione o la trasformazione del pensiero e limitando quindi gli individui psicotici alla formulazione di pensieri prevalentemente rudimentali, non integrati, frammentari.
Bion ha studiato anche gli scambi tra analista e paziente, chiarendo il modo in cui l’analista funge da “contenitore”, intuendo e trasformando le comunicazioni del paziente, comprese le proiezioni delle sue angosce inconsce. Nel libro Attenzione e interpretazione Bion indaga in maniera approfondita il funzionamento della mente dell’analista.
- Bion, Wilfred R. (Autore)
Contenitore/ Contenuto
Termine con cui si designa quella componente della relazione, fra due o più persone, che si può considerare la base della relazione, che si tratti di una relazione madre-bimbo, uomo-donna o individuo-società.
Nel modello più primordiale, il bambino proietta una parte dei prodotti della sua psiche, soprattutto le emozioni incontrollate, in modo che la madre le contenga, che le assorba, le “traduca” in significati specifici e agisca su di esse con ponderazione; l’intera transazione determina una trasformazione delle identificazioni proiettive del bambino in pensiero significativo.
Il concetto è affine a quello di ambiente di sostegno di Winnicott e a quello di oggetti del Sé di Kohut.
Elemento alfa
Dati mentali a disposizione delle concatenazioni di trasformazioni mentali come ingredienti intermedi del metabolismo mentale a disposizione, per esempio di sogni, ricordi, emozioni eccetera.
Gli elementi alfa presuppongono l’accettazione da parte dell’Io dell’impatto dell’esperienza sensoriale ed emozionale (ossia degli elementi beta) in conseguenza della funzione alfa.
Elemento beta
Parte dei dati sensoriali relativi agli eventi emozionali: la definizione si riferisce a prima che i dati siano stati accettati come esperienze e quindi trasformati (mediante la funzione alfa); oppure a un elemento della preesperienza al quale, anche se ha un impatto sulla psiche, viene negato l’ingresso e l’accesso alle funzioni alfa e che perciò non viene trasformato in elemento mentale.
Gli elementi beta sono adatti unicamente per l’identificazione proiettiva non elaborata.
Funzione alfa
Procedimento mediante il quale i dati non elaborati dell’esperienza emozionale (elementi beta) vengono accettati dalla mente e trasformati in elementi mentali adatti alla “digestione” mentale (elementi alfa), per esempio sentimenti, pensieri, sogni eccetera.
La funzione alfa comprende buona parte di ciò che viene indicato con il termine processo primario ma comprende anche alcune delle funzioni del processo secondario, particolarmente nella misura in cui afferma l’accettazione della realtà dell’esperienza.
Preconcezione/ Concezione
Relazione tra l’anticipazione dell’arrivo di un’esperienza (per esempio la presenza del seno) e la sua realizzazione, nel qual caso si è sviluppata una concezione risultante dalla preconcezione trasformata.
Le preconcezioni sono congenite (innate in senso platonico) o acquisite mediante esperienze precedenti.
Rêverie
Atteggiamento adottato dalla madre per essere un contenitore adeguato alle
proiezioni del bambino le quali, finché vengono assorbite dal contenitore materno, costituiscono un “orrore senza nome”. Lo stato di rèverie è molto affine a quello di “preoccupazione materna primaria” di Winnicott.
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Bibliografia:
- “Dizionario di Psicoanalisi. Dell’American Psychoanalytic Association” Sperling & Kupfer
- “Psychoanalytic Terms and Concepts” by The American Psychoanalytic Association
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