È importante che si capisca bene cos’è un rapporto di dipendenza psicologica, i suoi meccanismi, il clima che instaura. Abbiamo la tendenza a denigrare le persone dipendenti: le riteniamo psicologicamente fragili per natura, quando probabilmente lo sono diventate in seguito alla violenza psicologica.
La dipendenza psicologica è un meccanismo insidioso, che si instaura per gradi, e per questo è difficile da individuare. Molte persone vivono una relazione di dipendenza psicologica senza nemmeno saperlo. Si sentono angosciate, stressate; l’elenco delle loro somatizzazioni fisiche si allunga di giorno in giorno. Impigliate in una ragnatela relazionale alienante e alla disperata ricerca di una via di scampo, ritengono di essere pazze e non si rendono conto che c’è qualcuno accanto a loro che, come un vampiro, le prosciuga della loro energia vitale e le spinge subdolamente verso la rovina.
Molti sostengono che alle vittime basterebbe esercitare il libero arbitrio, dire STOP, per ritrovare la serenità. Pensiamo subito che siano consenzienti e partecipi in questa sordida relazione: insomma, se sono dipendenti è perché lo vogliono e ci trovano un tornaconto.
Ricordi il caso Weinstein e il linciaggio mediatico all’attrice Asia Argento?
Asia Argento ha raccontato di essersi sentita in colpa per non avere avuto il coraggio di scappare e di denunciare, ma per molti ciò non è stato sufficiente, tanto da insultare la vittima piuttosto che il carnefice.
Tali spiegazioni semplicistiche assolvono la coscienza collettiva come scrive Christel Petitcollin nel suo libro Liberati dai manipolatori.
È vero che dall’esterno, guardando funzionare un simile rapporto, non vediamo la trappola così com’è, con le sue molestie quotidiane, la programmazione mentale, il ricatto, le minacce, la perdita di punti di riferimento; la persona manipolata sembra perciò corresponsabile della propria alienazione. Ma è importante capire che, prima di diventare vittima, quella persona ha subìto un lavaggio del cervello.
Nel libro La rana che finì cotta senza accorgersene, Olivier Clerc racconta la storia di una rana che nuota voluttuosamente nell’acqua fresca, senza sapere che la stanno portando a ebollizione. L’acqua diventa deliziosamente tiepida, poi di un caldo soporifero e infine ustionante e mortale.
- Editore: Psiconline
- Autore: Pascale Chapaux-Morelli , Pascal Couderc
- Collana: Ricerche e contributi in psicologia
- Formato: Libro in brossura
- Anno: 2011
Questa metafora illustra alla perfezione come sia possibile lasciarsi imprigionare in questo genere di situazioni senza reagire. La trappola può richiudersi su chiunque, non soltanto su individui disturbati e masochisti.
Che cos’è la dipendenza psicologica?
Il rapporto di dipendenza psicologica è un rapporto impari caratterizzato da un’influenza esercitata dal dominante sul dominato, senza che quest’ultimo se ne renda conto. La vittima, infatti, ha solo una lievissima consapevolezza che sia l’altro a controllare la relazione.
Christel Petitcollin parla di “colonizzazione” della mente, perché si tratta di una vera e propria invasione del territorio psichico. Il persecutore nega il diritto della sua vittima di esistere in quanto persona distinta, le toglie la prerogativa di avere desideri personali, rifiuta la sua diversità. I confini interindividuali vengono progressivamente cancellati fino a creare questo rapporto di alienazione.
La dipendenza psicologica in 7 Tappe
Di seguito le
7 tappe della dipendenza psicologica così come descritte dall’autrice Christel Petitcollin nel libro Liberati dai manipolatori.
#1. L’effrazione
L’effrazione consiste nell’introdursi in modo illegale in una proprietà privata. Ed è proprio di questo che si tratta: in maniera molto insidiosa, il territorio mentale della futura vittima verrà colonizzato. I manipolatori sembrano sapere benissimo fin dove spingersi con voi e a che punto fermarsi, qualche istante o millimetro psicologico prima del punto di rottura.
Così avanzano con lentezza e metodo, testando i limiti, fino a occupare la totalità del vostro territorio personale. Poi, senza vergogna, una volta forzate tutte le porte d’accesso, si prendono il diritto di spiarvi senza discrezione, di interrogarvi senza ritegno, di imporsi nel vostro spazio, fino ad accedere alla vostra intimità fisica o psicologica.
Nemmeno un angolo del vostro territorio deve sfuggire alla loro conquista. L’obiettivo seguente sarà mantenere le vostre porte aperte, così da avere costante accesso al vostro mondo.
#2. La cattura
In un rapporto di dipendenza si può parlare di attrazione, nel senso più ipnotico del termine: si ottiene l’attenzione esclusiva della preda, si cattura la sua fiducia per poterla poi privare della libertà. I manipolatori fanno ricorso ai canali sensoriali per monopolizzare l’attenzione del loro interlocutore.
#3. Lo sguardo
È pesante, molesto, penetrante, a tratti glaciale. Le persone più sensibili manifestano disagio davanti a un simile sguardo; non sanno come evitarlo e non riescono a contenerlo.
- Petitcollin, Christel (Autore)
#4. La parola
I manipolatori parlano molto, talvolta senza sosta, e sempre in modo enigmatico, costringendoci a fare uno sforzo costante e spossante per decodificare i loro messaggi. Anche quanto tacciono occupano comunque lo spazio sonoro: fischiano o impongono la musica della loro radio. Se il contesto non permette loro di fare apertamente rumore, sfoderano cigolii di sedie, fruscii di carta, colpi di tosse, o tirano su con il naso.
#5. Il tatto
Alcune statistiche lo hanno confermato: accordiamo la nostra fiducia più in fretta alle persone che ci toccano. Oltre a metterci una mano sulla spalla, ad afferrarci il braccio e a stringerci al minimo pretesto, i manipolatori si impongono fisicamente nella nostra sfera personale: ci stanno troppo vicini e ci parlano in faccia. La sensazione di invasione è confermata sul piano fisico.
#6. L’olfatto
In alcuni casi i manipolatori hanno un rapporto con l’igiene così distaccato da imporci odori corporei forti e pungenti. Altri scelgono un profumo eccessivo, che dà la nausea. Andare in giro con escrementi sotto la suola delle scarpe e lasciar bruciare materiali che carbonizzandosi emanano fetore sono altri modi di imporsi, talvolta in maniera duratura, alle narici delle loro vittime.
Occupando il nostro spazio visivo, uditivo e cinestesico, i manipolatori tentano di «catturarci». In effetti funziona, perché è impossibile ignorare la loro presenza.
#7. La programmazione
Cosa fanno gli ammaestratori con un animale catturato? Lo educano per addomesticarlo. I manipolatori fanno lo stesso: una volta che vi hanno presi si danno da fare per condizionarvi, in un modo molto particolare. In genere, quando l’apprendimento avviene in un contesto positivo o neutro, diventa facilmente accessibile in tutti gli ambiti. Se invece ha luogo in un contesto emozionale intenso, quando torna la calma viene dimenticato.
Con i manipolatori, la programmazione si attua in un contesto di paura, confusione, senso di colpa. La vittima impara la lezione in uno stato di profondo malessere, quindi dimentica di essere condizionata appena esce da quel contesto negativo. È come se il condizionamento dei comportamenti restasse intrappolato in una gabbia emozionale che in seguito potrà essere riattivata premendo un pulsante.
- Nazare Aga, Isabelle (Autore)
Ecco perché le persone dipendenti possono sembrare del tutto normali in pubblico, mentre vivono un calvario nel loro rapporto di dipendenza. Magari la centralinista della vostra azienda, così calorosa e dinamica, viene picchiata dal marito: durante la giornata lavorativa se ne dimentica, ha un comportamento normale, e solo di sera, rientrando a casa, torna a essere terrorizzata. Questo spiega in parte come mai molti maltrattamenti rimangono tanto a lungo ignorati.
N.B. I libri di psicologia non servono a niente se si vive con un alcolizzato, un tossicomane o un violento. Il consiglio in questi casi è di mettersi il più presto possibile al riparo, fisicamente e giuridicamente, e soprattutto di farsi aiutare dai servizi competenti.
Aggiornamento
RIF. Tratto dal libro: “Liberati dai manipolatori” di Christel Petitcollin
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