Pensiero e linguaggio
, un estratto dal testo di Jean Piaget, Lo sviluppo mentale del bambino
Se si paragona un bambino di due o tre anni con espressioni verbali elementari ad uno di otto o dieci mesi, le cui sole forme d’intelligenza sono ancora di natura senso-motoria, cioè con i soli strumenti della percezione e del movimento, sembra a prima vista evidente che il linguaggio ha profondamente modificato questa iniziale intelligenza pratica, aggiungendo ad essa il pensiero.
È così che, in virtù del linguaggio, il bambino è in grado di evocare situazioni non attuali e di liberarsi dalle frontiere dello spazio a lui prossimo e del tempo presente, cioè dai limiti del campo percettivo, mentre l’intelligenza senso-motoria è quasi interamente confinata all’interno di queste frontiere.
In secondo luogo, in virtù del linguaggio, gli oggetti e gli eventi non sono più soltanto raggiunti nell’immediatezza percettiva, ma inseriti in una cornice concettuale e razionale che arricchisce enormemente la conoscenza che il bambino ha di essi.
Si è tentati quindi di confrontare semplicemente il bambino com’è prima e dopo l’acquisizione del linguaggio, e di concludere, con Watson e tanti altri, che il linguaggio è l’origine del pensiero.
Se esaminiamo però più da vicino le trasformazioni dell’intelligenza che si verificano al momento dell’acquisizione del linguaggio ci si accorge che questo non è l’unico responsabile di quelle.
Le due novità essenziali che abbiamo ricordato possono venir considerate l’una come l’inizio della rappresentazione, l’altra come l’inizio della schematizzazione rappresentativa (concetti, e così via), in opposizione alla schematizzazione senso-motoria, basata sulle azioni stesse o sulle forme percettive.
Vi sono però, oltre al linguaggio, altre fonti suscettibili di spiegare alcune rappresentazioni ed una certa schematizzazione rappresentativa.
Il linguaggio è necessariamente interindividuale, e costituito da un sistema di segni (= significanti “arbitrari” o convenzionali). Ma, accanto al linguaggio, il bambino, che è meno socializzato di quanto sarà verso i sette – otto anni, e soprattutto meno dell’adulto, ha bisogno di un altro sistema di significanti, più individuali e più “motivati”: sono i simboli, le cui forme più comuni nel bambino piccolo si trovano nel gioco simbolico o gioco d’immaginazione.
Il gioco simbolico appare circa contemporaneamente al linguaggio, ma indipendentemente da esso, e svolge una funzione notevole nel pensiero dei bambini piccoli, soprattutto come fonte di rappresentazioni individuali (contemporaneamente cognitive ed affettive) e di schematizzazione rappresentativa parimenti individuale.
Per esempio: la prima forma di gioco simbolico che ho osservato in uno dei miei bambini consisteva nel far finta di dormire: un mattino, ben sveglio e seduto sul letto di sua madre, il bambino vede un angolo del lenzuolo che gli ricorda l’angolo del suo cuscino (dobbiamo dire che per addormentarsi il bambino teneva sempre con una mano l’angolo del suo cuscino e si metteva in bocca il pollice di questa mano); prende allora l’angolo del lenzuolo, chiude la mano ben stretta, mette il pollice in bocca, chiude gli occhi, e sempre seduto, fa un largo sorriso.
Abbiamo in questo caso l’esempio di una rappresentazione indipendente dal linguaggio, ma riferita ad un simbolo ludico, consistente in gesti appropriati che imitano quelli che di solito accompagnano una determinata azione.
L’azione così rappresentata non ha nulla di presente o di attuale, e si riferisce ad un contesto o ad una situazione semplicemente evocati, cosa che è appunto il carattere distintivo della “rappresentazione”.
- Piaget, Jean (Autore)
Il gioco simbolico non è l’unica forma di simbolismo individuale. Possiamo citarne un’altra che ha inizio anch’essa nella stessa epoca e svolge un ruolo altrettanto importante nella genesi della rappresentazione: è l’“imitazione differita”, o imitazione che si verifica per la prima volta in assenza del modello corrispondente.
Una delle mie bambine, per esempio, si era sorpresa nel vedere un suo piccolo amico fare i capricci, gridare e pestare i piedi. In sua presenza non aveva reagito, ma dopo che se ne fu andato, aveva imitato la scena, ma senza collera alcuna da parte sua.
In terzo luogo, possiamo anche classificare tra i simboli individuali, ogni forma d’immaginazione mentale.
Come attualmente sappiamo, l’immagine non è né un elemento del pensiero stesso né una continuazione diretta della percezione: è un simbolo dell’oggetto, che non si manifesta ancora al livello dell’intelligenza senso-motoria (in tal caso la soluzione di molti problemi pratici sarebbe assai più facile).
L’immagine può venir concepita come un’imitazione interiore del suono corrispondente, e l’immagine visiva è il prodotto di un’imitazione dell’oggetto e della persona, sia con il corpo intero, sia con i movimenti degli occhi quando si tratta di una forma di piccole dimensioni.
I tre tipi di simboli individuali che abbiamo ora citato (si potrebbe aggiungervi i simboli onirici, ma sarebbe un discorso troppo lungo) sono derivati dell’imitazione.
Questa imitazione è quindi uno dei possibili punti di passaggio fra le condotte senso motorie e le condotte rappresentative, ed essa è naturalmente indipendente dal linguaggio, nonostante serva precisamente alla sua acquisizione.
Possiamo quindi ammettere che esiste una funzione simbolica più ampia di quanto non sia il linguaggio, e che ingloba, oltre al sistema dei segni verbali, quello dei simboli in senso stretto. Possiamo dire allora che l’origine del pensiero è da ricercarsi nella funzione simbolica. Ma in modo altrettanto legittimo si può sostenere che la funzione simbolica stessa si spiega con la formazione delle rappresentazioni.
La caratteristica peculiare della funzione simbolica consiste, infatti, in una differenziazione tra i significanti (segni e simboli) e significati (oggetti o eventi, entrambi schematici o concettualizzati), Nella sfera senso-motoria esistono già sistemi di significazione, perché ogni percezione e ogni adattamento cognitivo coesistono nel conferire significazioni (forme, scopi o mezzi e così).
Ma l’unico significante noto alle condotte senso motorie è l’indice (in contrasto con i segni e i simboli) o il segnale (condotte condizionate).
L’indice e il segnale sono significanti relativamente indifferenziati dai loro significati: sono, infatti, soltanto parti o aspetti del significato come la parte al tutto o i mezzi allo scopo, e non come un segno o un simbolo che permette di evocare con il pensiero un oggetto o un evento anche assenti.
La costituzione della funzione simbolica consiste invece nel differenziare i significanti dai significati di modo che i primi possano permettere di evocare la rappresentazione dei secondi. Chiedersi se è la funzione simbolica che dà origine al pensiero o il pensiero che permette la formazione della funzione simbolica è problema inutile, come chiedersi se è il fiume che disegna le sponde o le sponde che determinano il percorso del fiume.
Poiché però il linguaggio è una forma particolare della funzione simbolica, e poiché il simbolo individuale è certamente più semplice del segno collettivo, è permesso concludere che il pensiero precede il linguaggio, e che quest’ultimo si limita a trasformarlo profondamente, aiutandolo a raggiungere nuove forme d’equilibrio con una schematizzazione più avanzata, ed un’astrazione più mobile.
Estratto dal libro: “Lo sviluppo mentale del bambino” di Jean Piaget
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