Il contrabbandiere Nasreddin Khoja, un racconto dal libro “Essere felici controvento” di Rafael Santandreu
Da giovane Nasreddin Khoja ogni giorno attraversava la frontiera con le ceste sul suo asino colme di paglia. Era un contrabbandiere e, appena arrivava alla dogana, la prima cosa che faceva era confessarlo: “Mi chiamo Nasreddin e sono un contrabbandiere”.
Le guardie allora lo perquisivano a lungo. Gli controllavano i vestiti e il carico che trasportava: infilzavano la paglia con una baionetta, la immergevano nell’acqua e arrivavano persino a bruciarla, pur di capire se nascondesse qualcosa. Eppure non trovavano mai nulla.
Nel frattempo la ricchezza di Nasreddin continuava a crescere. Quando alla fine divenne mullah, fu spedito in un paese lontano e abbandonò per sempre il contrabbando. Un giorno, in quel luogo sperduto, si imbatté in uno dei doganieri che lo perquisivano quando era giovane.
L’uomo non resistette alla tentazione di chiedergli: “Adesso puoi dirmelo, Nasreddin: cos’è che commerciavi di contrabbando? Non siamo mai riuscito a scoprirlo”.
“Asini”, rispose il saggio.
Questa vecchia storia di matrice islamica spiega come, molto spesso, ciò che è importante per alcuni è irrilevante per altri. Se abbiamo dei valori solidi, la nostra mente si concentrerà su ciò che conta davvero, a prescindere dalle opinioni altrui.
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Tratto dal libro: “Essere felici controvento” di Rafael Santandreu
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