L’esperimento del piccolo Albert, condotto dal fondatore del comportamentismo John B. Watson e la sua assistente Rosalie Rayner, ha dato avvio in psicologia al dibattito sugli stati di ansia e di fobia indotti.
All’inizio del XX secolo molti psicologi erano ormai giunti alla conclusione che la mente umana non si potesse studiare in maniera adeguata con metodi introspettivi e ne promuovevano lo studio mediante le prove del comportamento ottenute con esperimenti controllati in laboratorio.
J.B. Watson, propose un modello di psicologia oggettiva e scientifica del comportamento che prese il nome di “comportamentismo”.
Watson sosteneva che era possibile studiare l’apprendimento senza far riferimento ad alcun processo mentale interno, rifiutando l’idea dell’introspezione e spostando l’attenzione sul comportamento osservabile e su come un organismo, umano e/o animale, apprenda adattandosi al proprio ambiente.
Ivan Pavlov, in Russia, aveva già mostrato l’effetto del condizionamento su comportamenti semplici, come la risposta di salivazione nei cani, e Watson suggerì che anche comportamenti umani più complessi potessero essere facilmente condizionati.
Allo scopo di verificare tale ipotesi, decise di sperimentare la teoria su un bambino di 11 mesi, provando a condizionare la risposta di paura del bambino, in associazione ad uno stimolo neutro. Sulla base di questa idea ebbe inizio uno dei casi più citati e criticati nella storia della psicologia: la sperimentazione sul piccolo Albert.
Il piccolo Albert
Con la sua assistente, Rosalie Rayner, Watson iniziò una serie di esperimenti con Albert, un bimbo di nove mesi scelto da un locale ospedale pediatrico.
I test erano congegnati per capire se fosse possibile insegnare a un bambino piccolo ad aver paura di un animale presentandoglielo più volte insieme a un rumore forte e terrificante.
Watson voleva anche verificare se quella paura si sarebbe trasferita ad altri animali od oggetti e per quanto tempo sarebbe durata.
Oggi riterremo i suoi metodi immorali e persino crudeli, ma a quel tempo (1919-20) erano concepiti come uno sviluppo logico e naturale dei precedenti studi sugli animali.
A partire dai nove mesi di età Albert venne sottoposto a una serie di prove al fine di controllare se mostrasse paura o rabbia nell’osservare animali vivi.
Watson metteva il piccolo Albert, un bimbo sano “ ma nel complesso apatico e indifferente” su un materasso e poi ne osservava le reazioni quando gli si presentavano un topo bianco, un coniglio, un cane e una scimmia o oggetti inanimati quali cotone idrofilo, maschere umane con e senza capelli, pagine di giornali in fiamme.
Il bambino non piangeva mai. Le risposte ai diversi stimoli vennero filmate: in nessun momento Albert mostrò paura alle situazioni presentate.
In tal modo Watson stabilì un punto di partenza da cui misurare eventuali mutazioni nel comportamento del bambino verso gli oggetti.
Watson e Rayner, volendo analizzare le sue reazioni di paura, dovettero ideare un metodo per indurre la paura in Albert. A Watson venne in mente la tecnica di produrre, senza preavviso e senza essere visto, un forte rumore.
Così, mentre Albert era seduto sul materasso, un ricercatore, posizionato alle spalle di Albert, colpiva con un martello una barra di acciaio lunga un metro e venti, producendo un rumore improvviso, Albert si spaventò e cominciò a piangere.
Ora Watson disponeva di uno stimolo incondizionato (il rumore forte) che sapeva suscitare una risposta di paura nel bambino.
Accoppiandolo con la vista del topo, ipotizzava di riuscire a condizionare il piccolo Albert in modo che temesse l’animale.
Gli esperimenti sul campo, Albert aveva 11 mesi e 3 giorni
Questi gli interrogativi che ispirarono la ricerca:
- Può un bambino essere condizionato ad aver paura di un animale, come ad esempio un topo bianco, che appare simultaneamente a un rumore (colpo di una barra di acciaio) che lo terrorizza?
- Se sì, queste reazioni di paura indotta possono essere trasferite su altri animali o oggetti?
- Qual è l’effetto nel tempo di tali risposte emotive condizionate?
- In che modo si possono estinguere questi condizionamenti?
Per rispondere alle prime domande, i ricercatori mostrarono ad Albert un topolino bianco dentro un cestino e mentre il bimbo senza nessun cenno di paura allungava la sua mano no sinistra verso il topolino e lo toccava, producevano un forte suono inatteso, dietro le spalle del bambino, colpendo con un martello una barra di acciaio.
Albert sussultò violentemente e nascose il volto nel materasso.
Dopo poco, Albert provò ancora a toccare il topolino e la procedura venne ripetuta. Albert cadde in avanti e iniziò a piagnucolare.
Una settimana più tardi il topolino fu nuovamente mostrato ad Albert, ma questa volta senza nessun frastuono associato, Albert però non fece nessun tentativo per raggiungerlo e quando lo spostarono più vicino, Albert ritirò immediatamente la sua manina.
Era chiaro che il comportamento di Albert era stato modificato dopo solo due presentazioni e l’effetto era ancora presente dopo una settimana. Diedero quindi ad Albert dei blocchi di costruzioni con cui giocare per esser certi che non fosse stato condizionato ad aver paura anche di altri oggetti che gli venivano dati.
Albert non mostrò alcuna paura delle costruzioni e giocò con esse. Le costruzioni vennero tolte e Watson e Rayner mostrarono ad Albert per cinque volte il topolino associato al rumore, ed Albert si mostrò molto spaventato ad ogni presentazione.
In seguito, quando ad Albert veniva mostrato il topolino anche senza il rumore, il bambino iniziava a piangere, a girarsi bruscamente cercando di gattonare via rapidamente, in modo così repentino che i ricercatori facevano appena in tempo ad afferrarlo prima che cadesse dal tavolo dove era seduto!
Watson e Rayner descrissero questo come “un caso convincente di una risposta di paura completamente condizionata”.
La reazione era stata instaurata con solo sette presentazioni congiunte del topolino e del rumore in un lasso di tempo di soli sette giorni. Avevano quindi trovato le risposte ai quesiti di partenza. È possibile condizionare la paura verso un animale mostrandolo in associazione ad uno stimolo sgradevole, inatteso ed inspiegabile.
Dopo cinque giorni, il piccolo Albert fu nuovamente riportato nella stanza sperimentale, dove giocò felice con le sue costruzioni, dimostrando che non vi era stato nessun trasferimento della paura ad altri oggetti presenti nella stanza, al tavolo o alle costruzioni. Quando gli venne mostrato nuovamente il topolino, Albert mostrò immediatamente una risposta di paura condizionata.
Per verificare se la reazione di paura fosse stata trasferita anche verso altri animali, gli venne presentato un coniglio bianco. Albert reagì immediatamente, scostandosi il più possibile e iniziando a piangere e a gridare. Quando il coniglio gli fu avvicinato, gattonò via come aveva già fatto precedentemente alla vista del topo.
Dopo un intervallo di tempo, in cui gli furono nuovamente date le costruzioni per giocare gli fu mostrato un cane. La reazione di Albert venne descritta come meno pronunciata rispetto a quella alla vista del coniglio, ma ancora una volta fu una reazione di pianto.
Vennero registrate le sue reazioni anche verso altri oggetti che includevano una pelliccia di foca, alla vista della quale Albert pianse e gattonò via, e dell’ovatta, alla vista della quale mostrò una reazione di shock più contenuta.
Un ricercatore si mascherò da Babbo Natale e anche in quel caso Albert mise in atto una risposta di paura, ma quando un altro ricercatore re abbassò la testa per vedere se Albert mostrava la stessa reazione di fronte a dei capelli ottenne una risposta molto meno negativa di quella mostrata dinanzi alla figura di Babbo Natale.
Watson e Rayner ottennero così una risposta anche al loro secondo quesito: la risposta condizionata di paura può essere trasferita o generalizzata ad altri animali e anche a degli oggetti simili. Ancora, dopo cinque giorni, il piccolo Albert fu riportato nella stanza sperimentale tale e collocato sul materasso sopra al tavolo.
Watson e Rayner decisero di rafforzare la sua reazione di paura sia di fronte al cane che di fronte al coniglio, e a tale le scopo accoppiarono la presentazione di questi stimoli al colpo contro la barra di acciaio.
Albert fu portato in una stanza più grande e luminosa, Watson e Rayner vollero cambiare ambiente per vedere se le reazioni del bambino sarebbero state te le stesse in una situazione diversa da quella del setting sperimentale originale. In occasioni diverse presentarono singolarmente il topolino, il coniglio e il cane senza associare gli stimoli al rumore.
Ad ogni presentazione gli autori riportarono una leggera reazione di paura, ma, come descrissero nel loro saggio, non sembrava va così marcata come quella ottenuta nel primo setting sperimentale.
I ricercatori decisero a quel punto di “rinfrescare la reazione alla vista del topo” accoppiandolo lo nuovamente al rumore. Dopo una singola presentazione topo-rumore nel nuovo ambiente, Albert mostrò una reazione di paura sia alla vista del topo che alla vista del coniglio in una presentazione successiva.
Alla presentazione del cane, Albert non mostrava una forte reazione di paura, ma quando il cane arrivò a circa 15 centimetri dal suo volto, abbaiò per tre volte, in precedenza era sempre stato in silenzio. Watson e Rayner notarono che questo avvenimento provocò una forte reazione di paura sia
In Albert che si mise ad urlare immediatamente che nei ricercatori presenti che non si aspettavano questa reazione da parte del cane! Watson e Rayner conclusero che il trasferimento emozionale ha luogo indipendentemente dal setting sperimentale.
La durata della risposta
Il passo successivo fu quello di verificare la durata della risposta. Watson e Rayner dissero di essere a conoscenza del fatto che Albert avrebbe dovuto lasciare l’ospedale dopo un mese e pertanto questo fu il periodo più lungo che loro ebbero a disposizione per osservare la durata della risposta emozionale condizionata.
Durante questo mese, Albert non fu più sottoposto a sessioni di condizionamento, sebbene ogni settimana fosse comunque sottoposto a test di valutazione dello lo sviluppo, tra questi ad esempio venne valutata la sua preferenza manuale.
Tre settimane dopo, al compimento del primo anno di età del bambino, furono nuovamente te misurate le sue reazioni emozionali agli stimoli precedentemente condizionati.
Alla la presentazione della maschera di Babbo Natale, Albert si ritrasse e “forzato a toccarla”, piagnucolò e urlò. Quando gli venne presentata la pelliccia di foca, la sua reazione fu immediata, ritrasse entrambe le mani ed iniziò a piagnucolare, e quando i ricercatori la spostarono vicino a lui, provò a scalciarla via.
Gli vennero date le sue costruzioni con le quali giocò allegramente, mostrando una capacità di discriminazione e l’abilità a differenziare stimoli diversi. Albert quindi permise se al topolino di andargli vicino, ma quando arrivò a toccargli la mano la ritrasse immediatamente.
Watson e Rayner gli misero allora il topolino sul braccio e Albert iniziò ad agitarsi e a piangere, a quel punto permisero al topolino di camminare sul petto di Albert che si coprì gli occhi con entrambe le mani. La reazione di Albert alla presentazione del coniglio fu molto tiepida all’inizio, ma dopo pochi secondi provò a spingerlo via con i piedi.
Comunque, non appena il coniglio si avvicinava, Albert riusciva a toccargli l’orecchio, ma se glielo mettevano in grembo iniziava ad urlare e cercava conforto, come spesso faceva, succhiandosi il pollice. Quando gli venne presentato il cane, Albert iniziò a piangere e si coprì il volto con le mani.
Watson e Rayner conclusero che questi esperimenti sembravano dimostrare che sia le risposte emozionali condizionate direttamente che quelle condizionate tramite generalizzazione persistevano per periodi più lunghi di un mese, sebbene vi fosse comunque una perdita nell’intensità della reazione.
- Rago, Marina (Autore)
Watson e Rayner stavano anche pianificando un modo per rimuovere la risposta emozionale condizionata, ma questo fu impossibile da realizzare poiché Albert fu portato via dall’ospedale il giorno prima che la sessione di rimozione avesse luogo.
Conclusero che le risposte emozionali che erano state condizionate in Albert sarebbero durate in modo indefinito, fino a quando non fosse stato messo in atto accidentalmente un metodo per rimuoverle.
Cosa accadde ad Albert e Watson?
Nell’ottobre del 2009, tre ricercatori, rintracciandone la vera identità attraverso i registri dell’ospedale l’Harriet Lane Home (al tempo dello studio), in cui la madre di Albert era impiegata come balia, scoprirono la sorte del piccolo Albert.
Da questa ricerca conclusero che il bambino dovesse essere Douglas Merritte, morto all’età di sei anni, senza tuttavia essere riusciti a sapere se le sue fobie erano durate per tutta la sua vita o se si erano estinte prima, grazie a un fenomeno di abituazione o attraverso alcune forme di contro-condizionamento.
Durante lo studio del piccolo Albert, Watson ebbe una relazione extraconiugale con la sua co-autrice Rosalie Rayner. Lo scandalo che ne conseguì, quando la relazione divenne di dominio pubblico, lo portò ad abbandonare la carriera accademica.
Watson si servì della propria conoscenza della psicologia, e del comportamento umano, utilizzandoli nell’ambito della pubblicità, divenendo un pioniere dell’uso delle tecniche di condizionamento in ambito pubblicitario.
Come fa notare il prof. Geoff Rolls :” Non ci sono dubbi che lo studio del caso del Piccolo Albert rimanga un “classico” della psicologia, ma la questione, se esso meriti tale posto sulla base delle scoperte sperimentali, resta aperta. Forse merita lo status di “classico” sulla base della sua influenza (meritata o meno) che ha avuto allora e che continua ad avere anche oggi”.
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Bibliografia:
- “Gli esperimenti nelle scienze sociali” di Marina Rago
- “Casi classici della psicologia” di Geoff Rolls
- “Il libro della psicologia” Gribaudo
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