Flow (flusso), in psicologia “esperienza ottimale”, è uno stato di coscienza in cui la persona è completamente immersa in un’attività.
Il concetto di Flow fu introdotto dallo psicologo Mihály Csíkszentmihályi, considerato uno dei cofondatori della psicologia positiva. Csíkszentmihályi è stato il primo a identificare e studiare il flusso (The Flow) un concetto che descrive quei momenti in cui si è completamente coinvolti in un compito impegnativo ma fattibile.
L’esperienza di flusso è universale e può essere sperimentata da chiunque. Se hai mai sentito qualcuno descrivere un momento in cui la sua performance eccelleva e si trovava “nella zona”, probabilmente descriveva un’esperienza di flusso. Il flusso si verifica quando il livello di abilità e la sfida si equivalgono.
Nelle parole di Csikszentmihalyi, the Flow è “uno stato in cui le persone sono così coinvolte in un’attività che non ha più importanza; l’esperienza è così piacevole che le persone continueranno a farlo anche a caro prezzo, per il puro gusto di farlo”.
La teoria del flusso, si è poi diffusa in vari campi di applicazione della psicologia, come lo sport, la spiritualità, l’istruzione, o la seduzione.
Ho parlato della teoria del flusso nei seguenti post:
- Le 8 caratteristiche del Flusso (Go with the Flow)
- Csikszentmihalyi | Il flusso (Flow) per aumentare la performance
- Il Flusso (Flow) per vivere il momento presente | Psicologia dell’esperienza ottimale
La storia del Flow
La storia del Flow fa riferimento al testo Running Flow scritto da Csikszentmihalyi con la collega psicologa Christine Weinkauff Duranso e il giornalista sportivo Philip Latter. Un libro interamente dedicato ai runner per aiutarli a raggiungere lo stato di flow sia nel contesto della competizione che dell’allenamento.
- Csíkszentmihályi, Mihály(Autore)
Oltre a offrire una trattazione completa del fenomeno, il libro propone esercizi pratici che stimolano il suo emergere e numerose storie di atleti di élite che riportano le proprie esperienze di flow. Running Flow non solo permette di ottenere prestazioni migliori nella corsa ma anche per perseguire esperienze più sane e godibili nella vita.
Felicità e denaro
Nella moderna società dei consumi, osserva Csikszentmihalyi, è quasi impossibile separare la nozione di felicita dalla nozione di denaro.
Al suo livello più basico, il denaro non è interessante; si tratta di un piccolo pezzo di carta o di metallo al quale, attraverso un accordo culturale, è stato assegnato un certo valore. Ciò che questi pezzi di carta e di metallo possono comprare (beni materiali, potere, tranquillità mentale) fanno credere alle persone che i soldi possano acquistare la felicità, anche se recitano il cliché inverso.
Negli ultimi anni, Daniel Gilbert, professore ad Harvard, ha prodotto un enorme corpus di ricerche su questo tema. La sue scoperte hanno portato alla conclusione che il denaro ha importanza solo fino a quando le persone lottano per soddisfare i propri bisogni di base.
Dopo che questi bisogni hanno trovato soddisfacimento, ciò che incide sulla felicità sono le esperienze e in particolare la qualità di queste esperienze. Le persone, le cui esperienze migliorano la loro sensazione di avere uno scopo e le relazioni con gli altri, riferiscono una maggior sensazione di felicità a lungo termine. Evidentemente, l’impegno è la chiave.
Il problema della felicità e dell’impegno duraturi
In alcune zone, le religioni orientali, come ad esempio il buddhismo (e in particolare la cultura zen), hanno affrontato per millenni il problema della felicità e dell’impegno duraturi.
Sebbene siano concordi con Aristotele che la felicità debba essere perseguita di diritto, si differenziano nella modalità di raggiungerla. I buddisti zen si focalizzano ampiamente sul rimanere nel momento presente, nel mondo occidentale ciò viene chiamato mindfulness.
Il termine mindfulness come lo si intende oggi è dovuto agli studi dello psicologo americano Jon Kabat-Zinn e non a un’affiliazione religiosa.
Rimanere ancorati al momento presente mentre manteniamo un atteggiamento non giudicante sugli eventi della vita è l’elemento primario in questa filosofia. Le pratiche come la meditazione potenziano ulteriormente questo effetto insegnando ai praticanti come identificare i pattern di pensiero e tenerli sotto controllo fino a quando la mente è tranquilla.
La disciplina mentale è fondamentale; nella filosofia buddhista la vera felicità deriva dal coltivare pattern di pensiero positivi e dal non dipendere dagli oggetti per ottenere la gioia. Leggi le 11 Regole per la Meditazione | Henepola Gunaratana.
L’autorealizzazione
Nel 1950 negli Stati Uniti, Abraham Maslow, noto come il padre della psicologia umanistica, tentò di sintetizzare molte di queste idee in una teoria psicologica coerente.
Diversamente da molti suoi contemporanei, Maslow studiò le persone felici e si interessò di come esse raggiungono il proprio pieno potenziale.
Mise in luce che una volta che i bisogni di base venivano soddisfatti (ovvero i bisogni fisiologici, di sicurezza, di amore e di autostima) le persone potevano focalizzarsi sul raggiungimento del proprio pieno potenziale. Maslow denominò questa condizione autorealizzazione.
Le persone realizzate, in genere, accettano se stesse e le circostanze della vita e si preoccupano maggiormente dei problemi sociali che di quelli personali. Attribuiscono valore alla privacy e all’autonomia ma sono aperte all’opinione altrui.
Soprattutto apprezzano la vita e le esperienze che offre. Maslow credeva che meno dell’1% della popolazione funzionava a questo livello in ogni dato momento.
La Peak Experience
Un fenomeno correlato all’autorealizzazione è la peak experience. Questi momenti si caratterizzano per un senso di stimolazione ed euforia combinate a un’intensa sensazione di connessione con il mondo circostante.
Le peak experience condividono molti tratti con il flow, tra cui la perdita della coscienza di sé, sentimenti di inevitabilità, un’immersione totale nel momento presente e una percezione distorta del tempo.
Diversamente dal flow, le peak experience richiedono un dispendio di energia e sono innescate da eventi esterni. Dopo aver avuto un peak experience, le persone hanno maggiori probabilità di vedere se stessi e il mondo in maniera positiva e di cercare attivamente di sperimentare nuovamente quei momenti.
Oltre ad essere momenti in sé estremamente potenti, Maslow credeva che le peak experience fossero l’espressione dell’auto-realizzazione delle persone.
L’idea del flow
Le idee della psicologia umanistica condussero al moderno campo della psicologia positiva a capo del quale troviamo il Dott. Mike. Mentre era professore alla University of Chicago nei primi anni ‘70, il Dott. Mike iniziò a studiare i pattern comportamentali dei bambini mentre giocavano.
Al tempo era comunemente accettato che i bambini giocavano per mimare le attività degli adulti, una forma di modeling che gli avrebbe fornito le necessarie competenze per l’età adulta. Il Dott. Mike scoprì che i bambini giocavano anche per il piacere intrinseco che questa attività dava loro, anche quando non c’era nulla da guadagnare.
L’idea del flow si evolse filosoficamente da questa scoperta poiché il Dott. Mike era alla ricerca di un tratto comune tra quegli adulti che inseguivano attivamente le passioni che li consumavano completamente.
Inizialmente si concentrò sulle persone di successo, ad esempio teenager di talento, musicisti professionisti, scienziati premi Nobel e atleti di elite, anche se gli psicologi che seguivano il suo lavoro indagarono anche le esperienze della gente comune.
Dopo anni di osservazioni, interviste ed esperimenti, il Dott. Mike stabilì che le persone sperimentavano il flow quando si sentivano in grado di affrontare una sfida specifica. Proseguì il proprio lavoro alla Claremont Graduate University nella California del Sud, dove fondò il Quality of Life Research Center.
Il flow e i cambiamenti nell’attività cerebrale
Dal 1970, i ricercatori hanno condotto centinaia di studi con migliaia di soggetti al fine di meglio comprendere il flow. I resoconti delle esperienze individuali hanno contribuito a una miglior comprensione delle somiglianze e della variabilità nelle esperienze di flow.
Alcuni studi piuttosto ambiziosi hanno anche indagato i correlati neurali del flow, utilizzando la risonanza magnetica funzionale (fRMI) per monitorare le aree cerebrali che apparivano attive o inattive durante specifiche attività che inducevano il flow.
La perdita della sensazione del tempo, dell’autocoscienza e della consapevolezza degli altri che molti riferiscono di aver provato durante il flow sembra essere correlata a dei cambiamenti nell’attività cerebrale, ossia una disattivazione della corteccia mediale prefrontale e dell’amigdala.
Queste scoperte si basano sulla ricerca condotta con giocatori di video game e con soggetti impegnati nella risoluzione di problemi matematici a cui veniva proposto un livello crescente di difficoltà che incoraggiava l’induzione del flow.
Nel flow percepisci emozioni positive più intense e un minor numero di emozioni negative (ad esempio la frustrazione) e sei in grado di dimenticarti degli stressor che permeano la tua vita quotidiana.
Sebbene tu sia completamente assorbito dall’esperienza, puoi simultaneamente essere totalmente inconsapevole delle persone che ti circondano. La ricerca, inoltre, suggerisce che sperimentare il flow consente al cervello di risolvere inconsciamente i problemi.
Si tratta di un altro prodotto del flow, in cui lasciare un problema ad incubare nella mente inconscia mentre ci si distrae con altre attività fisiche o mentali apre la strada a nuove soluzioni.
La comprensione del flow
Come tutte le scoperte scientifiche, la comprensione del flow è una scienza imperfetta e in continua evoluzione. Per esempio, gli studi con la risonanza magnetica sono interessanti ma sono limitati perché sono specifici per compiti che non sono fisicamente impegnativi.
Osserva Csikszentmihalyi: sarebbe interessante capire cosa succede nel cervello mentre si sperimenta il flow durante una corsa (es. quali aree sono più attive e quali inattive) e se ci sono differenze con i risultati emersi dagli esperimenti con i giocatori di scacchi o video game.
È improbabile che questo tipo di ricerca si possa realizzare a breve, poiché la risonanza magnetica richiede che il soggetto sia sdraiato all’interno dell’apparecchio durante la rilevazione, cosa che è chiaramente impossibile mentre si corre o si svolge un’altra attività.
RIF. Tratto (con modifiche e adattamenti al post) dal libro: “Running flow. Tecniche mentali per correre più velocemente” di Mihály Csíkszentmihályi
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