Lev Semyonovich Vygotskij
nacque a Gomel, in Russia, nel 1896, e morì a Mosca, nel 1934. Si laureò all’Università di Mosca e s’interessò di psicologia e di psicopatologia dell’educazione e dello sviluppo. È stato il fondatore della scuola storico culturale sovietica.
Il pensiero di Vygotskij, giacché divergeva dall’impostazione di Pavlov, venne ostacolato dal comunismo staliniano e fu ripreso soltanto, dopo la morte di Stalin, negli anni Cinquanta del Novecento. Ha studiato soprattutto i processi cognitivi e l’origine del linguaggio.
Per quanto concerne i processi cognitivi, Vygotskij ha, al contrario di Piaget, sostenuto che nel bambino la funzione interpsichica si sviluppa prima di quella intrapsichica.
Il linguaggio, anche se è strutturato su potenzialità innate, ha, perciò, origine, per Vygotskij, dall’interazione individuo-ambiente. Esso si trasforma, poi, in linguaggio “interno” e contribuisce, in tal modo, alla strutturazione del pensiero.
Il linguaggio è, dunque, da un lato, strumento di comunicazione e, dall’altro, regolatore di comportamenti.
Le sue opere principali sono:
La Teoria dei processi cognitivi e l’origine del linguaggio di Lev S. Vygotskij
Di seguito alcuni estratti più rappresentativi della sua teoria
#1. Dal pensiero alla parola
Il pensiero non coincide in maniera immediata con la sua espressione verbale. Il pensiero non consiste di singole parole come il linguaggio.
Se io desidero esprimere il pensiero che oggi ho visto un ragazzo con una camicia blu che correva scalzo per la strada, io non vedo prima il ragazzo, poi la camicia, poi il suo colore blu, poi i piedi scalzi e poi l’azione del correre; io vedo tutte queste cose insieme, collegate in un unico atto del pensiero, ma le esprimo mediante il linguaggio differenziandole in singole parole.
Il pensiero rappresenta una totalità notevolmente maggiore e per estensione e per comprensione di una singola parola.
Spesso un oratore impiega diversi minuti per sviluppare un unico pensiero appunto perché questo è contenuto nella sua mente come un tutto globale e unitario e non si costituisce un po’ per volta per singole unità, come si costituisce invece il linguaggio.
Quello che nel pensiero è contenuto simultaneamente, sul piano del linguaggio si esplica in ordine di successione.
Il pensiero potrebbe essere paragonato ad una nuvola che rovescia giù un acquazzone di parole.
Il passaggio dal pensiero al linguaggio è un processo molto complesso che presuppone un frazionamento del pensiero e una reintegrazione ed espressione in più parole.
Proprio a causa di questa divergenza del pensiero del pensiero sia rispetto alle parole sia rispetto ai significati delle parole nelle quali esso esprime, il percorso dalla parola al pensiero passa attraverso il significato.
Dietro le nostre parole c’è sempre un pensiero latente, una sorta di sottofondo.
Tratto da Lev S. Vygotskij “Pensiero e linguaggio”
#2. Segni e significati
Il pensiero è mediato, non soltanto esteriormente, dai segni, ma anche interiormente, dai significati. In effetti, una comunicazione immediata delle coscienze è impossibile sia fisicamente che psicologicamente.
La mediazione del pensiero avviene dapprima interiormente attraverso i significati, poi attraverso le parole. È per questo che il pensiero non è mai l’immediato equivalente del significato della parola; il significato è l’elemento che media il pensiero nel suo cammino verso l’espressione verbale: il percorso dal pensiero alla parola è dunque indiretto e mediato dall’interno.
Tratto da Lev S. Vygotskij “Pensiero e linguaggio”
#3. Concetti spontanei e concetti scientifici
Quantunque i concetti spontanei e quelli scientifici si sviluppino in direzioni inverse, i due processi sono strettamente collegati.
Lo sviluppo di un concetto spontaneo deve aver raggiunto un certo livello perché il bambino sia in grado di assorbire un concetto scientifico ad esso corrispondente.
Per esempio, i concetti storici incominciano a svilupparsi solo quando il concetto quotidiano che il bambino si fa del passato, è sufficientemente differenziato, quando la sua propria vita e la vita di quelli che lo circondano possono venire adattate allo schema generalizzante “passato e presente”, di carattere elementare; i suoi concetti geografici e sociologici devono svilupparsi partendo dal semplice schema “qui e altrove”.
Nell’aprirsi la sua lenta strada verso l’alto, il concetto quotidiano prepara la via al concetto scientifico ed allo sviluppo di questo ultimo verso il basso. Esso crea una serie di strutture necessarie a quell’evoluzione degli aspetti più primitivi e più elementari di un concetto, che dà al concetto corpo e vitalità.
I concetti scientifici provvedono a loro volta le strutture per lo sviluppo dei concetti spontanei del bambino verso la consapevolezza e l’uso deliberato. I concetti scientifici si sviluppano verso il basso grazie ai concetti spontanei; i concetti spontanei si sviluppano verso l’alto grazie ai concetti scientifici.
Tratto da Lev S. Vygotskij “Pensiero e linguaggio”
#4. L’attività creativa dell’uomo
Non è difficile rilevare nel comportamento dell’uomo, oltre un’attività riproduttiva, anche un secondo tipo di attività, quella combinatrice o creativa.
Il cervello non è soltanto un organo che conserva e riproduce la nostra antecedente esperienza: è anche un organo che combina, che rielabora creativamente e, dagli elementi dell’esperienza antecedente, forma delle nuove situazioni e un nuovo comportamento.
Se l’attività umana si limitasse a riprodurre ciò che è vecchio, l’uomo sarebbe un essere rivolto unicamente al passato, capace di adattarsi al futuro, solo se questo fosse una riproduzione del passato.
L’attività creativa è, quindi, quella che rende l’uomo un essere rivolto al futuro, capace di dar forma a quest’ultimo e di mutare il proprio presente.
A quest’attività creativa, fondata sulle facoltà combinatorie del nostro cervello, la psicologia dà il nome d’immaginazione o fantasia. Solitamente, quando si parla d’immaginazione o di fantasia, si pensa a quel che s’intende scientificamente con questi termini. Si chiama così, volgarmente, tutto ciò che è irreale, che non s’accorda con la realtà delle cose e che, perciò, non può avere alcun serio valore pratico.
La verità che l’immaginazione, in quanto fondamento d’ogni attività creativa, si manifesta in tutti, senza eccezione, gli aspetti della vita culturale, rendendo possibile la creatività artistica, scientifica e tecnica.
In questo senso, tutto ciò che ci circonda e che è stato creato dall’uomo, tutto il mondo della cultura, è per intero, rispetto a quello della natura, un prodotto dell’immaginazione umana e della creatività che su questa si fonda.
Tratto da Lev S. Vygotskij “Immaginazione e creatività nell’età infantile”
#5. Generalizzazione e comunicazione
La funzione primaria del linguaggio è la comunicazione, il rapporto sociale. Quando il linguaggio venne studiato attraverso l’analisi degli elementi, anche questa funzione fu superata dalla funzione intellettuale del linguaggio.
Entrambe vennero studiate come se fossero funzioni separate, anche se parallele, senza prestare attenzione al loro rapporto strutturale e di sviluppo.
Solo in questo modo è possibile la comunicazione, perché l’esperienza individuale risiede nella propria coscienza ed è, a rigor di termini, non comunicabile.
Per diventare comunicabile deve essere inclusa in una certa categoria che, per tacita convenzione, la società umana considera come una unità. Così, una vera comunicazione umana presuppone un atteggiamento generalizzante che costituisce uno stadio avanzato nello sviluppo dei significati della parola.
Le forme più elevate dei rapporti umani sono possibili solo perché il pensiero dell’uomo riflette realtà concettualizzate. Questa è la ragione per cui certi pensieri non possono essere comunicati ai bambini, anche se essi hanno familiarità con le parole necessarie.
Può ancora mancare il concetto sufficientemente generalizzato che solo assicura una completa comprensione.
La concezione del significato della parola come unità sia del pensiero generalizzante che dei rapporti sociali, ha un valore incalcolabile per lo studio del pensiero e del linguaggio. Essa permette vere analisi genetico-causali, studi sistematici dei rapporti tra lo sviluppo della capacità di pensare del bambino ed il suo sviluppo sociale.
L’interrelazione di generalizzazione e comunicazione può considerarsi come un punto focale secondario del nostro studio.
Tratto da Lev S. Vygotskij “Pensiero e linguaggio”
#6. Intelletto e affettività
Consideriamo il rapporto tra intelletto ed affettività.
La loro separazione come materia di studio è la maggiore debolezza della psicologia tradizionale, poiché essa fa apparire il processo del pensiero come un flusso autonomo di “pensieri pensanti se stessi”, separati dalla pienezza della vita, dagli interessi e dai bisogni personali, dalle inclinazioni e dagli impulsi di colui che pensa. Tale pensiero separato deve essere considerato o come un epifenomeno insignificante,incapace di cambiare alcuna cosa nella vita o nella condotta di una persona, o come una specie di forza primordiale che esercita un’influenza sulla vita personale in modo inspiegabile e misterioso.
Non esiste soluzione al problema della causa e dell’origine dei nostri pensieri, poiché l’analisi deterministica richiederebbe una chiarificazione delle forze motrici che dirigono il pensiero in questo o in quel canale. Nello stesso modo, la vecchia maniera di accostarsi al problema preclude ogni studio fecondo del processo opposto, l’influenza del pensiero sulla vita affettiva e sulla volizione.
L’analisi per unità indica il modo di risolvere questi problemi d’importanza vitale. Dimostra l’esistenza di un sistema dinamico del significato nel quale si uniscono l’affettivo e l’intellettuale.
Dimostra che ogni idea comporta un mutamento nell’atteggiamento affettivo verso la parte di realtà cui si riferisce. Ci permette, inoltre, di tracciare il percorso che va dai bisogni e dagli impulsi di una persona fino alla direzione specifica presa dai suoi pensieri, ed il percorso inverso, dai pensieri al suo comportamento ed alla sua attività.
Tratto da Lev S. Vygotskij “Pensiero e linguaggio”
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