Last Updated on 30 Settembre 2020 by Samuele Corona
Jean Piaget
Nacque a Neuchâtel, in Svizzera, nel 1896, e morì a Ginevra, nel 1980. Egli, dopo un giovanile interesse per il pensiero filosofico, si rivolse agli studi d’epistemologia genetica. Piaget, attraverso tali ricerche, si avvicinò alla psicologia generale e dell’età evolutiva.
Era un convinto razionalista e come tale contestò l’associazionismo psicologico ed il comportamentismo. Sosteneva, infatti, che l’attività cognitiva era una struttura complessa e non poteva, pertanto, essere ridotta ad elementari leggi fisiche e biologiche.
Insegnò nelle Università svizzere di Neuchâtel, di Losanna e di Ginevra. Passò, in seguito, alla Sorbona di Parigi. È stato anche direttore del Bureau international d’éducation e membro dell’Unesco.
Il pensiero di Piaget ha raggiunto il suo punto più alto con la teoria dell’epistemologia genetica, la quale “si occupa della formazione e del significato della conoscenza e dei mezzi attraverso i quali la mente umana passa da un livello di conoscenza inferiore ad uno giudicato superiore”.
Sviluppo psichico e crescita organica di Jean Piaget
Riporto un estratto dal libro “Lo sviluppo mentale del bambino” di Jean Piaget
- Piaget, Jean(Autore)
Lo sviluppo psichico, che comincia con la nascita e termina con l’età adulta, è paragonabile alla crescita organica: come questa ultima, consiste essenzialmente in un cammino verso l’equilibrio. Infatti, così come il corpo è in evoluzione sino ad un livello relativamente stabile, caratterizzato dal compimento della crescita e la maturità degli organi, analogamente possiamo concepire la vita mentale come evolventesi in direzione di una forma d’equilibrio finale rappresentata dalla mente adulta.
Lo sviluppo è quindi, in un certo senso, un progressivo equilibrarsi, un passaggio continuo da uno stato di minor equilibrio ad uno d’equilibrio superiore: per quanto riguarda l’intelligenza, è facile contrapporre l’instabilità e l’incoerenza relative delle idee infantili alla sistematizzazione della ragione adulta; nella sfera della vita affettiva, si è spesso notato come l’equilibrio dei sentimenti si accresca con l’età; i rapporti sociali infine obbediscono alla stessa legge di stabilizzazione graduale.
Dobbiamo tuttavia sottolineare sin dall’inizio una differenza essenziale fra la vita del corpo e quella della psiche, se vogliamo rispettare il dinamismo inerente alla realtà psichica: la forma finale d’equilibrio raggiunta dalla crescita organica è più statica di quella verso cui tende lo sviluppo mentale, e soprattutto più instabile, tanto che, non appena si compie l’evoluzione ascendente, ha automaticamente inizio un’evoluzione regressiva che porta alla vecchiaia.
Esistono alcune funzioni psichiche, strettamente dipendenti dallo stato degli organi, che seguono una curva analoga: l’acutezza visiva, ad esempio, raggiunge un punto massimo verso la fine dell’infanzia, per diminuire in seguito, e molte relazioni percettive sono rette dalla stessa legge.
Le funzioni superiori dell’intelligenza e dell’affettività tendono al contrario verso un “equilibrio mobile”, tanto più stabile, quanto più è mobile, di modo che, per le menti sane, la fine della crescita non segna affatto l’inizio della decadenza, bensì apre la via ad un progresso spirituale che nulla ha di contraddittorio con l’equilibrio interno.
È in termini d’equilibrio, quindi, che cercheremo di descrivere l’evoluzione del bambino e dell’adolescente. Da questo punto di vista lo sviluppo mentale è una costruzione continua, paragonabile a quella di un vasto edificio che ad ogni aggiunta divenga più solido, o piuttosto alla messa a punto di un delicato meccanismo, le cui fasi graduali di montaggio portino ad un’elasticità e mobilità degli elementi tanto maggiore, quanto più stabile divenga il loro equilibrio.
A questo punto, dobbiamo però introdurre un’importante distinzione fra due aspetti complementari di questo processo di costituzione dell’equilibrio: è opportuno scindere sin dall’inizio le strutture variabili, che definiscono le forme o stati successivi dell’equilibrio, ed un certo funzionamento costante, che permette il passaggio da uno stato qualsiasi al livello successivo.
Effettivamente, quando si paragona il fanciullo all’adulto si è talvolta colpiti dall’identità delle reazioni, si parla allora di “piccola personalità”, per dire che il bambino sa bene quello che desidera ed agisce, come noi, in funzione d’interessi precisi; talvolta si scopre invece una quantità di differenze, nel gioco, per esempio, o nel modo di ragionare, e si dice allora che “il bambino non è un piccolo adulto”.
Volta a volta, le due impressioni sono esatte: da un punto di vista funzionale, cioè considerando i moventi della condotta e del pensiero, esistono funzionamenti costanti, comuni a tutte le età: ad ogni livello l’azione suppone sempre un interesse che la provochi, si tratti di un bisogno fisiologico, affettivo o intellettuale (in quest’ultimo caso il bisogno si presenta sotto forma di un interrogativo o problema); ad ogni livello, l’intelligenza cerca di comprendere o di spiegare e così via.
Ma se le funzioni dell’interesse della spiegazione e così via sono dunque comuni a tutti gli stadi, cioè “invarianti” in quan to funzioni, è altrettanto vero che gli “interessi” (contrapposti all’“interesse”) variano considerevolmente da un livello mentale all’altro, e le spiegazioni particolari (contrapposte alla funzioni dello spiegare) sono forme molto diverse a seconda del grado di sviluppo intellettuale.
Accanto alle funzioni costanti si devono quindi distinguere le strutture variabili: ed è precisamente l’analisi di queste strutture progressive, o forme successive, d’equilibrio, che permette di determinare le differenze od opposizioni da un livello all’altro della condotta, dai comportamenti elementari del neonato sino all’adolescenza.
Le strutture variabili saranno dunque le forme d’organizzazione dell’attività mentale, considerata nel suo duplice aspetto motorio e intellettuale da un lato, e affettivo dall’altro, e nelle sue dimensioni individuale e sociale (interindividuale).
Per maggiore chiarezza distingueremo sei stadi o periodi di sviluppo che indicano l’apparizione di queste strutture costruite in successione:
#1.
Lo stadio dei riflessi o meccanismi ereditari, delle prime tendenze istintive (alimentari) e delle prime emozioni.
#2. Lo stadio delle prime abitudini motorie e delle prime percezioni organizzate, così come dei primi sentimenti differenziati.
#3. Lo stadio dell’intelligenza senso-motoria o pratica (anteriore al linguaggio), delle organizzazioni affettive elementari e delle prime fissazioni esterne dell’affettività.
Questi tre primi stadi costituiscono insieme il periodo della prima infanzia (sino a circa un anno e mezzo-due anni, cioè prima degli sviluppi del linguaggio e del pensiero propriamente detto).
#4. Lo stadio dell’intelligenza intuitiva, dei sentimenti interindividuali spontanei, e dei rapporti sociali di subordinazione all’adulto (dai due ai sette anni), o seconda fase dell’infanzia propriamente detta).
#5. Lo stadio delle operazioni intellettuali concrete (inizio della logica) e dei sentimenti morali e sociali di cooperazione (dai sette agli undici-dodici anni).
#6. Lo stadio delle operazioni intellettuali astratte, della formazione della personalità e dell’inserimento affettivo ed intellettuale nel mondo degli adulti (adolescenti).
Ognuno di questi stadi è caratterizzato dunque dall’apparizione di strutture originali, la cui costruzione lo distingue dagli stadi anteriori. I caratteri essenziali di queste successive costruzioni persistono nel corso degli stadi anteriori, come sottostrutture sulle quali vengono edificandosi i nuovi caratteri: ne consegue che nell’adulto ogni stadio precedente corrisponde ad un livello più o meno elementare o elevato della gerarchia delle condotte.
Ma ad ogni stadio corrispondono anche caratteri contingenti e secondari, che vengono modificati dallo sviluppo ulteriore in funzione dei bisogni di una migliore organizzazione. Ogni stadio costituisce dunque, attraverso le strutture che lo definiscono, una forma specifica d’equilibrio, e l’evoluzione mentale si realizza nella direzione di un equilibrarsi sempre più avanzato.Possiamo allora definire quali sono i meccanismi funzionali comuni ad ogni stadio.
In modo del tutto generale possiamo dire (non solo confrontando ogni stadio al successivo, ma ogni condotta all’interno di un qualsiasi stadio alla condotta successiva) che ogni azione, cioè ogni movimento, ogni pensiero od ogni sentimento, risponde ad un bisogno.
RIF. Tratto dal libro: “Lo sviluppo mentale del bambino” di Jean Piaget
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