”Se soddisfazione e piacere fossero permanenti, ci sarebbero pochi incentivi a continuare a cercare ulteriori benefici o progressi”, lo dice uno studio pubblicato sulla Review of General Psychology.
In altre parole, sentirsi appagati non fa bene alla specie. I nostri antenati hanno lavorato duramente e hanno cercato di progredire perché sono evoluti in modo da essere perpetuamente turbati, e così siamo anche noi oggi.
Purtroppo, come fa notare Nir Eyal autore di Come catturare i clienti best seller del Wall Street Journal, gli stessi tratti evolutivi che hanno contribuito alla sopravvivenza dei nostri antenati, spingendoli a fare continuamente qualcosa di più, possono cospirare contro di noi oggi.
4 Fattori psicologici che rendono SOLO temporanea la soddisfazione
Senza la perpetua inquietudine della nostra specie forse saremmo estinti. È la nostra insoddisfazione che ci spinge a fare tutto quello che facciamo. L’insoddisfazione è responsabile dei progressi della nostra specie e dei suoi errori.
Vediamo ora i 4 fattori psicologici che rendono solo temporanea la soddisfazione, DA Come diventare indistraibili di Nir Eyal
#1. Noia
Cominciamo con il primo fattore: la noia. Fino a che punto si può arrivare per evitare la noia è scioccante, a volte letteralmente. Uno studio del 2014 pubblicato su Science chiedeva ai partecipanti di rimanere seduti in una stanza e di pensare per quindici minuti.
La stanza era completamente vuota, tranne per un dispositivo che consentiva ai partecipanti di darsi una scossa elettrica, moderata ma dolorosa. Perché mai qualcuno vorrebbe fare una cosa del genere?
A una domanda posta in precedenza, tutti i partecipanti allo studio dicevano che avrebbero pagato per evitare di prendere una scossa ma, quando venivano lasciati da soli nella stanza con quell’apparecchio e nient’altro da fare, il 67% degli uomini e il 25% delle donne si sono dati la scossa, e molti lo hanno fatto più volte.
Gli autori dello studio concludevano il loro articolo con queste parole: “Le persone preferiscono il fare al pensare, anche se quello che fanno è così sgradevole che normalmente pagherebbero per evitarlo. La mente non addestrata non ama rimanere sola con sé stessa”.
Non sorprende, quindi, che la maggior parte dei venticinque siti web principali in America venda una fuga dalla monotonia quotidiana attraverso lo shopping, il gossip sulle celebrità o dosi minuscole di interazione sociale. I
#2. Bias della Negatività
Il secondo fattore psicologico che ci spinge alla distrazione è il bias della negatività, “un fenomeno per cui gli eventi negativi sono più salienti e richiedono maggiore attenzione rispetto agli eventi neutri o positivi”.
Come concludeva l’autore di uno studio, “Risulta essere un fatto basilare e onnipresente della psicologia che il male è più forte del bene”.
Questo pessimismo inizia molto presto. I bambini piccoli cominciano a mostrare segni di bias della negatività a partire dai sette mesi d’età, il che fa pensare che la tendenza sia innata. Come prova ulteriore, i ricercatori sono convinti che tendiamo a richiamare più facilmente i brutti ricordi che non quelli belli.
Alcuni studi hanno scoperto che è più probabile che le persone ricordino momenti infelici dell’infanzia, anche se descriverebbero quel periodo come generalmente felice.
Il bias della negatività quasi certamente ci ha dato un vantaggio nell’evoluzione. Le cose buone sono piacevoli, ma quelle cattive possono uccidere, ed è questo il motivo per cui prestiamo attenzione alle cose negative e le ricordiamo per prime.
#3. Ruminazione
Il terzo fattore è la ruminazione, la tendenza a continuare a pensare alle brutte esperienze. Se ti è mai capitato di ripensare continuamente a qualcosa che hai fatto, o che qualcuno ha fatto a te, o a qualcosa che non hai ma vorresti, e continui a farlo, apparentemente incapace di smettere di pensarci, hai sperimentato quella che gli psicologi chiamano “ruminazione”.
Questo “confronto passivo della situazione corrente con qualche standard non raggiunto” può manifestarsi in pensieri autocritici del tipo “Perché non posso gestire meglio le cose?”. Come nota uno studio, “Riflettendo su quello che è andato storto e su come correggerlo, le persone possono essere in grado di scoprire fonti di errore o strategie alternative, il che può portare alla fine a non ripetere gli stessi sbagli e magari a fare meglio in futuro”.
Un altro tratto potenzialmente utile, ma che ci può rendere decisamente infelici. Noia, bias della negatività e ruminazione possono tutti portarci alla distrazione, ma un quarto fattore è forse il più crudele di tutti.
#4. Adattamento edonico
L’adattamento edonico, la tendenza a tornare a un livello base di soddisfazione, indipendentemente da quello che ci succede, è l’amo che ci tende madre Natura. Tutti i tipi di eventi che pensiamo ci possano rendere più felici in realtà non lo fanno, o perlomeno non a lungo.
Per esempio, persone che hanno avuto un estremo colpo di fortuna, come vincere alla lotteria, hanno raccontato che le cose che in precedenza avevano dato loro gioia avevano perso fascino, riportandoli in effetti ai loro precedenti livelli di soddisfazione.
Come scrive David Myers in The Pursuit of Happiness, “Ogni esperienza desiderabile – amore appassionato, un momento di grande soddisfazione spirituale, il piacere del possesso di un nuovo oggetto, l’euforia del successo – è transitoria”.
Ovviamente, come per gli altri tre fattori, l’adattamento edonico ha dei vantaggi per l’evoluzione. L’autore di uno studio spiega che quando “nuovi obiettivi catturano continuamente l’attenzione di una persona, questa tenta costantemente di essere felice senza rendersi conto che sul lungo periodo quegli sforzi sono futili”.
Possiamo abbassare questa musica funebre? Siamo destinati alla futilità? Assolutamente no. L’insoddisfazione è una potenza innata che può essere incanalata in modo da aiutarci a migliorare le cose esattamente come è stata utile ai nostri antenati preistorici.
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RIF. Tratto dal libro: “Come diventare indistraibili” di Nir Eyal
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