L’elenco delle 10 distorsioni cognitive che sono all’origine di ogni forma di depressione è opera di David Burns. Burns è professore presso il Dipartimento di Psichiatria e Scienze comportamentali della Stanford University e ha sviluppato un nuovo approccio alla psicoterapia chiamato TEAM Therapy.
Le definizioni delle distorsioni cognitive sono simili agli “errori di pensiero” di Aaron Beck, il padre della Terapia Cognitiva, di cui ho parlato al post: 10 Errori di pensiero della Terapia Cognitiva.
David Burns ha attinto a piene mani dal lavoro di Beck rendendolo popolare al grande pubblico con il libro Feeling Good, un long seller internazionale recentemente tradotto in italiano con il titolo Sentirsi Bene.
Team Therapy di David Burns si fonda sulla Terapia Cognitiva di Beck e si basa sulla nozione che la motivazione influenza i nostri pensieri, sentimenti e azioni tanto quanto i nostri pensieri (o cognizioni).
Feelig Good. Sentirsi bene, il libro che ha aiutato milioni di persone a superare la depressione
Diversi studi confermano che la lettura del libro Sentirsi Bene (Feeling Good), scritto dallo psichiatra David Burns, è in grado di ridurre sintomi ansiosi e depressivi. La prima edizione di questo libro è del 1980 e l’argomento principale è la psicoterapia cognitivo comportamentale.
Il libro che insegna ad affrontare e curare la depressione senza farmaci ha venduto oltre 4 milioni di copie nel mondo e, inspiegabilmente, è apparso per la prima volta nella sua edizione italiana solo il mese scorso, con 40 anni di ritardo!!!
Ho inserito il libro di Burns nella lista: 5 libri self help da leggere assolutamente
Alla base della concezione teorica di Burns vi è la convinzione che l’effetto e il comportamento della persona sono largamente determinati dal modo in cui la stessa persona struttura la propria visione del mondo e di sé. Le cognizioni sono basate su assunti di base sviluppati attraverso precedenti esperienze che si organizzano gerarchicamente in costrutti relativamente stabili e funzionali.
Nella depressione la sofferenza si mantiene stabile nel tempo e si radica in un contesto di condotta coerente che sembra organizzarsi in modo da perpetuarla, l’autore parla di “distorsione cognitiva”.
Una delle cose più importanti di questo libro è che l’autore prende in esame 10 distorsioni cognitive all’origine di ogni forma di depressione fornendo potenti tecniche di coping per ciascuna.
Il libro diventato un punto di riferimento per la cura della depressione grazie al passaparola dei lettori
L’ansia, il senso di colpa, il pessimismo, la procrastinazione, la bassa autostima e altri “buchi neri” della depressione possono essere curati senza ricorrere ai farmaci.
Le 10 Distorsioni cognitive all’origine di ogni forma di depressione
#1. Pensiero tutto-o-niente
È la tendenza a valutare le proprie qualità in base a categorie estremizzate, a vedere tutto bianco o tutto nero. Il pensiero tutto-o-niente è alla radice del perfezionismo.
Ti porta a temere qualunque errore o imperfezione, perché in quel caso ti vedrai come un inetto, ti sentirai del tutto inadeguato e privo di valore/ inutile. Questo modo di valutare le cose è irrealistico proprio perché è raro che la vita vera funzioni così. Per intenderci, nessuno sarà mai eccezionale in tutto o scarso sotto ogni punto di vista.
A questo mondo gli assoluti non esistono. Se tenti di far entrare a forza le tue esperienze in categorie assolute, non potrai che sentirti perennemente depresso perché le tue percezioni non corrisponderanno mai alla realtà.
Ti metterai nella condizione di screditare incessantemente te stesso perché qualunque cosa tu faccia non potrà mai essere all’altezza delle tue aspettative esagerate. Il termine tecnico per questo tipo di errore percettivo è pensiero dicotomico. Tu vedi o tutto bianco o tutto nero: non esistono sfumature intermedie.
#2. Ipergeneralizzazione
Cedendo all’ipergeneralizzazione giungi immancabilmente qualcosa di spiacevole, ti sentirai turbato. David Burns per spiegare meglio il concetto descrive alcuni casi.
Un rappresentante soggetto a episodi depressivi si accorse che un piccione gli aveva sporcato il finestrino dell’auto. Il suo primo pensiero fu: “La mia solita fortuna! I piccioni non fanno che scagazzare sulla mia macchina!”. Quando Burns gli chiese di parlargli di questa esperienza, lui ammise che in vent’anni di lavoro non gli veniva in mente una sola altra volta in cui avesse dovuto ripulire il vetro per colpa di un piccione.
Il dolore del rifiuto è quasi sempre riconducibile alla ipergeneralizzazione. Senza questa distorsione cognitiva, un affronto personale potrà temporaneamente disturbarci, ma non in misura grave.
Burns descrive il caso di un ragazzo molto timido che aveva fatto appello a tutto il suo coraggio per invitare a uscire una ragazza. Quando lei declinò cortesemente l’invito a causa di un altro impegno, lui si disse: “Nessuna donna vorrà mai uscire con me. Resterò per sempre solo come un cane”.
A causa delle sue cognizioni distorte, giunse alla conclusione che, visto che quella ragazza aveva declinato il suo invito una volta l’avrebbe fatto sempre, e dato che tutte le donne hanno gli stessi identici gusti, lui era destinato a essere perennemente rifiutato da ogni donna papabile sulla faccia della Terra.
#3. Filtro mentale
Consiste nel concentrarsi su un dettaglio negativo di una situazione e rimuginare esclusivamente su quello, e di conseguenza percepire negativamente la situazione nel suo complesso. Per spiegare il concetto David Burns parla di una studentessa depressa che un giorno sentì che degli altri studenti prendevano un po’ in giro la sua migliore amica.
Lei si indignò da morire perché il suo pensiero fu questo: “Ecco la vera natura dell’essere umano: crudele e senza cuore!”. Non teneva conto del fatto che nei mesi precedenti ben poche persone, o nessuna, si erano dimostrate crudeli o senza cuore nei suoi confronti! In un’altra occasione, dopo l’esame di metà trimestre, era sicura di aver sbagliato circa diciassette domande su cento. Riusciva a pensare soltanto a quelle diciassette domande, ed era convinta che l’avrebbero sbattuta fuori dal college.
Quando le restituirono il compito, c’era un appunto del docente: “Hai risposto correttamente a 83 domande su 100. Questo è stato di gran lunga il miglior risultato ottenuto tra gli studenti di quest’anno. A +”.
Quando sei depresso è come se indossassi degli occhiali dalle lenti speciali che ti impediscono di vedere le cose positive e fanno arrivare alla tua mente conscia soltanto quelle negative. Dato che non sei consapevole di questo “filtro”, giungi alla conclusione che tutto sia negativo.
Il termine tecnico di questo processo è “astrazione selettiva”, una pessima abitudine che può provocarti un’intensa e ingiustificata angoscia.
- Servan-Schreiber, David (Autore)
#4. Sminuire o squalificare il positivo
Un’illusione mentale ancora più eclatante è la costante tendenza di alcuni soggetti depressi a trasformare esperienze neutre o persino positive in qualcosa di negativo. Non soltanto non consideri le esperienze positive ma, con un tocco da maestro, le trasformi nel loro angoscioso contraltare. È quella che Burns definisce alchimia inversa.
Gli alchimisti medievali sognavano di trovare il modo per tramutare i metalli vili in oro. Se sei stato depresso, probabilmente sei diventato bravissimo a fare l’esatto contrario: sai tramutare all’istante l’oro della gioia in piombo emotivo. Ma non lo fai intenzionalmente, forse non ti rendi nemmeno conto di ciò che stai facendo a te stesso.
Un esempio illuminante di questo atteggiamento potrebbe essere il modo in cui quasi tutti tendiamo a reagire ai complimenti. Quando qualcuno fa un apprezzamento sul tuo aspetto o il tuo lavoro, potresti automaticamente pensare: “Lo dice solo per essere gentile”. Con un unico e rapido gesto, dentro di te sminuisci quell’elogio. E di fatto lo sminuirai anche agli occhi dell’altro rispondendo: “Oh, ma non è niente di speciale”.
Se non fai che gettare acqua gelata sulle cose belle che ti capitano, poi non stupirti se la vita ti sembra un luogo così umido e freddo! Sminuire o non considerare minimamente le cose positive è una delle forme di distorsione più controproducenti in assoluto.
#5. Saltare alle conclusioni (inferenza arbitraria)
Questa distorsione cognitiva porta a trarre una conclusione negativa che non è giustificata dalla realtà della situazione. Due manifestazioni di questo approccio sono la lettura del pensiero e l’errore dell’indovino.
#5.1. Lettura del pensiero
Parti dal presupposto che gli altri ti snobbino o addirittura ti disprezzino, e ne sei talmente convinto da non prenderti nemmeno la briga di verificare.
DA Sentirsi Bene:
Supponiamo che tu stia tenendo una conferenza impeccabile, ma ti accorgi che un tizio in prima fila si sta appisolando. È reduce da una notte di bagordi e non ha praticamente chiuso occhio, ma tu ovviamente non lo puoi sapere e forse penserai: “Questa gente mi trova di una noia mortale”.
Una sera, magari, il tuo compagno o la tua compagna ti sembra più freddo del solito perché gli hanno fatto qualche osservazione sul lavoro, ed è troppo arrabbiato per parlarne. Quel suo silenzio ti spezza il cuore perché pensi: “Ce l’ha con me. Che cosa ho fatto di sbagliato?”.
Di fronte a questa ostilità, che di fatto è solo nella tua mente, potresti reagire o chiudendoti in te stesso oppure partendo al contrattacco. Questo schema di comportamento controproducente potrebbe agire come una profezia autoavverante e innescare un’interazione negativa che non avrebbe avuto ragione d’essere.
#5.2.L’errore dell’indovino
È come se tu avessi una sfera di cristallo che predice solo infelicità. Immagini che stia per accadere qualcosa di brutto e prendi questa previsione come un dato oggettivo, sebbene non abbia alcun fondamento reale.
DA Sentirsi Bene:
Una donna che lavorava come bibliotecaria in un liceo durante i suoi attacchi d’ansia non faceva che ripetersi: “Oddio, sto per svenire o per impazzire”. Si trattava di previsioni infondate, visto che in vita sua non era mai svenuta una sola volta (né tantomeno era impazzita!), e non presentava nemmeno qualche grave sintomo che potesse far pensare a un incipiente disturbo neurologico.
Durante una seduta, un medico che stava attraversando una fase di depressione acuta mi spiegò per quale motivo aveva deciso di abbandonare definitivamente la professione: “Mi sono reso conto che resterò depresso per sempre. La mia infelicità non avrà mai fine, e so per certo che questo o qualunque altro trattamento è destinato a fallire”. Questa previsione negativa sulle sue possibilità di guarigione non gli lasciava alcun margine di speranza.
Immaginiamo che telefoni a un amico che però, dopo un certo lasso di tempo, non ti richiama. A quel punto ti senti avvilito perché dai per certo che abbia ascoltato il messaggio ma non fosse abbastanza interessato per richiamarti. In quale distorsione cognitiva sei incappato? Nella lettura del pensiero.
Offeso, decidi di non provare nemmeno a richiamarlo per verificare, perché dici a te stesso: “Se lo chiamo un’altra volta, penserà che sono assillante. Farei una figura penosa”. A causa di queste previsioni negative (l’errore dell’indovino), eviterai quell’amico e ti sentirai triste e umiliato.
Tre settimane dopo vieni a sapere che in realtà non ha mai ricevuto il tuo messaggio. Tutto quel rimuginare, dunque, è stato soltanto un assurdo tormento che ti sei autoimposto. Un altro frutto amaro della tua magia mentale!
#6. Ingigantimento e minimizzazione
Un’altra trappola mentale in cui potresti cadere è quella che viene definita ingigantimento e minimizzazione, ma Burns preferisce chiamarla l’inganno del binocolo, perché ti porta a ingrandire o rimpicciolire le cose oltre misura.
Di solito tendi a ingigantire quando ci sono in ballo i tuoi errori, le tue paure o le tue imperfezioni, e a esagerarne l’importanza: “Oddio, ho commesso un errore! Che disastro! Che cosa terribile! Tra un po’ lo sapranno tutti… La mia reputazione è rovinata!”. Di fatto, stai guardando un tuo eventuale passo falso attraverso la lente del binocolo che lo fa apparire enorme, grottesco.
Questo tipo di distorsione cognitiva viene anche definita catastrofizzazione poiché induce a trasformare normali eventi negativi in mostri terrificanti. Quando invece si tratta di osservare i tuoi punti di forza, potresti fare l’opposto: osservi tenendo il binocolo dal verso sbagliato, perciò le cose positive ti appariranno piccole, irrilevanti.
Ingigantendo le tue imperfezioni e minimizzando i tuoi aspetti positivi, avrai la garanzia di sentirti sempre inferiore. Il problema, però, non sei tu, ma le lenti assurde che stai usando!
#7. Ragionamento emotivo
Scambi le tue emozioni per prove di verità. Il tuo ragionamento è: “Mi sento un inetto, dunque sono un inetto”. È un approccio fuorviante poiché le sensazioni che provi sono il riflesso dei tuoi pensieri e delle tue convinzioni. Se, come spesso accade, questi saranno distorti, le tue emozioni saranno irrealistiche.
Ecco qualche esempio di ragionamento emotivo: “Mi sento in colpa, quindi devo aver fatto qualcosa di brutto”; “Mi sento sopraffatto e senza speranza, quindi i miei problemi sono assolutamente irrisolvibili”; “Mi sento inadeguato, quindi sono di sicuro una persona inutile”; “Non mi sento di fare niente, quindi tanto vale restare a letto”.
Il ragionamento emotivo entra in gioco praticamente in ogni caso di depressione. Poiché percepisci le cose in modo così negativo, dai per scontato che siano davvero negative. Non provi nemmeno a mettere in dubbio la validità delle percezioni all’origine dei tuoi sentimenti.
Uno degli effetti collaterali più frequenti del ragionamento emotivo è la tendenza a procrastinare. Non metti in ordine la tua scrivania perché pensi: “Sto male solo all’idea di affrontare tutto quel casino. Non ce la farò mai”.
Dopo sei mesi, finalmente fai un piccolo sforzo e ti accingi all’impresa. Scopri che non è poi così difficile e, anzi, ti dà molta soddisfazione. Per tutto quel tempo sei rimasto fermo in una convinzione sbagliata perché hai lasciato che fossero i sentimenti negativi a guidare le tue azioni.
- Greenberger, Dennis (Autore)
#8. Pensare al condizionale
Questo errore di pensiero è estremamente rigido e ossessivo, pieno di “dovrei”, “potrei”, “sarebbe meglio se” etc.
I pensieri basati sul condizionale rivelano convinzioni di fondo tipiche di chi si sente inutile e antipatico. Essi sono punitivi, distruttivi e a volte molto difficili da combattere (ma non impossibili) per entrare in un’ottica più positiva. Spesso le affermazioni al condizionale comportano processi mentali rigidi e negativi.
L’origine di questi condizionali è da ricercare nei sensi di colpa o addirittura nella rabbia, ma agire sulla base di queste emozioni non è costruttivo.
#9. Mettere tutto sul piano personale
È molto facile mettere tutto sul piano personale in senso negativo, ma questo errore di pensiero può alimentare la convinzione che tutto quello che ci succede dipende da noi, ma in maniera distruttiva.
Questi tipi di pensieri sono tutti concentrati sull’io, ogni situazione ha un risvolto personale.
#10. Incolpare ed etichettare
Incolpare gli altri è l’espediente classico per evitare di assumersi le proprie responsabilità, ma è un atteggiamento negativo e distruttivo che imprigiona letteralmente negli schemi e nelle abitudini che governano e rovinano la vita.
Dare sempre la colpa agli altri significa impedire a sé stessi di crescere. Non si matura se non ci si assume le proprie responsabilità. Questo errore di pensiero è difensivo all’estremo e può allontanare le persone.
“Etichettare” significa vedere le cose in termini semplicistici, un po’ come pensare in bianco e nero: le persone sono “buone” o “cattive”, “svogliate” o “capaci”. Una volta attribuita l’etichetta diventa difficile cambiare idea. Se ti auto-etichetti come inutile o odioso, corri il rischio di restare imprigionato in quella definizione e di non riuscire a vedere oltre.
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RIF. Tratto (con modifiche e adattamenti al post) dal libro:“Sentirsi Bene” di David Burns
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