Daniel Kahneman
è uno psicologo israeliano che ha conseguito il dottorato in psicologia presso l’University of California a Berkeley. Dal 1961 al 1978 ha insegnato psicologia all’Università ebraica di Gerusalemme, con frequenti periodi di ricerca presso le università statunitensi.
I suoi primi lavori furono dedicati a problemi della psicologia cognitiva poi iniziò la collaborazione con Amos Tversky, anche lui docente di psicologia. La “teoria del prospetto” fu presentata da Kahneman e Tversky in un articolo pubblicato nel 1979 su Econometrica, autorevole rivista di economia.
Successivamente Kahneman collaborò con l’economista Richard H. Thaler gettando le basi per il settore di ricerca e applicazione poi divenuto noto come “economia comportamentale” (behavioral economics).
Per queste ricerche fondate sull’integrazione tra psicologia ed economia, il premio Nobel per l’economia fu assegnato a Kahneman nel 2002 e a Thaler nel 2017.
- Kahneman, Daniel (Autore)
Una sintesi divulgativa delle sue ricerche è stata data da Kahneman in Pensieri lenti e veloci, un libro di grande successo, tradotto in numerose lingue, nel quale si mette in evidenza come la mente umana sia caratterizzata da due sistemi di pensiero, il Sistema 1 (istintivo, rapido) e il Sistema 2 (razionale, lento).
Siamo tutti attori razionali?
Quando le facoltà di economia come Harvard iniziarono a insegnare la negoziazione negli anni Ottanta, il processo veniva presentato sotto forma di una pura e semplice analisi economica.
Era un periodo in cui i migliori economisti del mondo dichiaravano che siamo tutti “attori razionali” e tale presupposto fu adottato anche durante i corsi di negoziazione: si presupponeva che la controparte stesse agendo razionalmente ed egoisticamente, nel tentativo di massimizzare le sue posizioni, mentre l’obiettivo era immaginare come rispondere nei diversi scenari così da massimizzare il proprio vantaggio.
Quasi dall’altra parte degli Stati Uniti, due professori dell’Università di Chicago stavano affrontando diversi ambiti, dall’economia alla negoziazione, sulla base di un punto di vista assai diverso.
Si trattava di Amos Tversky e Daniel Kahneman che dimostrarono che l’uomo è un animale decisamente irrazionale e scoprirono che emozioni e sensazioni sono forme di pensiero.
Dopo decenni di ricerca insieme a Tversky, Daniel Kahneman ha dimostrato che tutti gli esseri umani sono sottoposti a una sorta di distorsione cognitiva, ovvero che ci sono processi cerebrali che, inconsciamente e in modo irrazionale, distorcono il modo in cui vediamo il mondo. Kahneman e Tversky individuarono oltre 150 di questi processi cerebrali.
La teoria dei due Sistemi di Pensiero di Daniel Kahneman
Daniel Kahneman ha documentato l’inconsistenza del presupposto secondo cui l’uomo imposta il suo comportamento e le sue scelte in base a criteri razionali.
Spesso la razionalità, cioè la spiegazione logica a un comportamento, subentra in un momento successivo, quando la scelta è stata compiuta, per giustificarla. Durante la fase di elaborazione dei dati e di decisione, l’uomo è influenzato dalle euristiche e dalle emozioni.
Kahneman sostiene che il pensiero funziona secondo due principali modalità: il Sistema 1 e il Sistema 2. Il sistema 1 è quello primitivo ed emozionale, tipico dei “pensieri veloci”, dei giudizi espressi con impulsività, basandosi su pochi dati, analizzati superficialmente.
I pensieri del Sistema 1 tendono a utilizzare le euristiche, cioè “scorciatoie” cognitive per trarre la conclusione da una premessa, con efficienza e rapidità, ma in modo inaffidabile.
- Motterlini, Matteo (Autore)
Il sistema 2 è quello evoluto e razionale, tipico dei pensieri lenti, dei giudizi espressi con cautela, basati su molti dati, analizzati accuratamente. I pensieri del Sistema 2 sono assimilabili ad algoritmi, cioè a procedure rigorose. Gli algoritmi sono un modello ideale di ragionamento, che però viene attuato più dalle macchine che dall’uomo.
Il sistema 1 è di gran lunga quello più potente e, di fatto, dirige e governa i nostri pensieri razionali. Le rudimentali credenze, sensazioni ed espressioni del sistema 1 sono all’origine delle credenze e scelte deliberate del sistema 2.
Reagiamo emotivamente (sistema 1) a una proposta o domanda. Poi la reazione del sistema 1 istruisce e crea la risposta del sistema 2. Per attivare il complesso meccanismo del Sistema 2, deve esserci un valido motivo ed energie a disposizione. Quando la persona è stanca e stressata, ad esempio, non ha risorse da investire nel Sistema 2. Il Sistema 1 funziona anche sotto stress, a differenza del Sistema 2.
Le principali euristiche del sistema 1
Kahneman ha approfondito le euristiche, tipiche del sistema 1. Ne esistono diverse. Una euristica è un modo semplice di prendere decisioni, che non ci costa fatica: una scorciatoia mentale.
Accade così di giudicare e di prendere decisioni a braccio, secondo intuito, credendo però di avere operato un calcolo, di aver compiuto un autentico ragionamento.
Ed ecco che la via euristica, cioè quella delle scorciatoie mentali con cui semplifichiamo pragmaticamente i problemi ed economizziamo le risorse utilizzate per risolverli, è foriera di distorsioni cognitive: cioè vere e proprie trappole mentali nelle quali tendiamo diabolicamente a cadere. Le principali euristiche del Sistema 1:
#1. Euristica della disponibilità
Consiste nel formulare un giudizio basandosi sull’impatto emotivo. Ad esempio, si tende a credere che sia più probabile fare un incidente con l’aereo che con la macchina. Le statistiche dimostrano che è più probabile avere un incidente con la macchina, ma l’immagine dell’incidente aereo ha un impatto emotivo maggiore rispetto all’incidente automobilistico. Ciò porta a sovrastimarne la probabilità.
#2. Euristica dell’ancoraggio
Le persone tendono a crearsi una prima impressione in base a pochi elementi, dunque non si sforzano di approfondire la prima impressione, piuttosto tendono a confermarla, anche quando gli elementi di partenza sono errati.
Questo fenomeno lascia sospettare che siamo programmati per ripetere le decisioni il cui esito troviamo soddisfacente. Ecco perché le abitudini creano dipendenza.
#3. Euristica della simulazione
Riguarda i “ragionamenti controfattuali”, che iniziano con il “se”, ad esempio “se quella persona non fosse passata in quella strada a quell’ora, non sarebbe rimasta coinvolta nell’incidente stradale”. Quando si possono formulare scenari alternativi a un evento accaduto, questa possibilità aumenta l’intensità della reazione emotiva negativa e modifica la stima della probabilità di un evento.
#4. Euristica della rappresentatività
È un modo di stimare la probabilità di un evento in base alla somiglianza con il prototipo. Ad esempio, descrivendo un uomo elegante, in giacca e cravatta, con una ventiquattrore, è più probabile pensare che sia un uomo d’affari, piuttosto che un contadino.
Una conseguenza dell’euristica della rappresentatività è la “fallacia del giocatore d’azzardo”, secondo cui si sovrastima la probabilità di un evento in base alla sua prototipicità.
Ad esempio, se si chiede di lanciare una moneta chiedendo se uscirà “testa o croce”, le probabilità che esca una faccia o l’altra sono sempre del 50%. Se dopo 5 lanci, è sempre uscito “testa”, si tenderà a pensare che al 6° lancio sia più probabile che esca “croce”, come se in questo modo si potesse ristabilire un equilibrio, ma in realtà le probabilità restano lo stesso del 50%.
#5. Euristica della aspettativa
Ciò che ci aspettiamo influenza il nostro comportamento. Questa euristica è conseguenza diretta del dominio del cervello primitivo su quello razionale. È noto che ciò che vogliamo emerge nelle aree subcorticali primitive del cervello.
Ciò che vogliamo determina ciò che ci aspettiamo, e ciò che ci aspettiamo ha il sopravvento su ciò di cui, logicamente e razionalmente, riferiamo di aver bisogno.
Un problema ricorrente tra i manager
Nel 2011, Kanheman, insieme ad altri professori universitari esperti di dinamiche organizzative, ha analizzato un problema ricorrente tra i manager. I manager devono prendere decisioni su questioni importanti, ma spesso il gruppo che dirigono ha più tempo di loro di analizzare vantaggi e svantaggi di una decisione, quindi il manager delega questa analisi.
I membri del gruppo non compiono la valutazione in modo razionale. Anzi, spesso succede che prima il gruppo si innamori di una decisione e poi, valutando vantaggi e svantaggi, i membri attivino bias che distorcono l’analisi degli elementi.
I membri del gruppo sono portati a dare maggior risalto ad aspetti che confermano la bontà di quella decisione e a minimizzare le evidenze che contrastano con essa. Per questo, il manager non deve soltanto venire a conoscenza dei risultati del processo di analisi, ma del modo in cui è stato svolto.
Analizzando questa esigenza, Kanheman, con i suoi colleghi, ha predisposto una check-list per i manager, pubblicata sulla rivista scientifica Harward Business Review. Si tratta di una lista di punti che ricostruiscono le fasi del processo di selezione, analisi dei dati e decisione, controllando che il gruppo abbia esplorato tutte le alternative, vagliato tutte le informazioni, utilizzato un grande numero di dati a supporto delle valutazioni.
La check-list include anche la valutazione del possibile tornaconto personale che potrebbe aver spinto i membri a dare più valore a un’opzione piuttosto che a un’altra, dell’eccesso di familiarità che impedisce di cogliere alcuni aspetti e dell’attaccamento a decisioni passate.
- Thaler, Richard H. (Autore)
Attraverso questa check-list, i manager possono ridurre i bias che affliggono le valutazioni e migliorare la qualità delle loro decisioni, senza rinunciare alla delega, necessaria per la gestione delle attività.
L’uomo è un animale decisamente irrazionale
Siamo stati abituati a ritenere che all’uomo, in quanto essere dotato di razionalità, sia sufficiente tenere a freno l’istinto e l’emotività per essere in grado di valutare in modo obiettivo le situazioni che deve affrontare e di scegliere, tra varie alternative, quella per sé più vantaggiosa.
Gli studi sul processo decisionale condotti ormai da molti anni dal premio Nobel Daniel Kahneman hanno mostrato quanto illusoria sia questa convinzione e come, in realtà, siamo sempre esposti a condizionamenti che possono insidiare la capacità di giudicare e di agire lucidamente.
Kahneman ci spiega come essa sia caratterizzata da due sistemi di pensiero ben distinti: uno veloce e intuitivo (sistema 1), e uno più lento ma anche più logico e riflessivo (sistema 2).
Se il primo presiede all’attività cognitiva automatica e involontaria, il secondo entra in azione quando dobbiamo svolgere compiti che richiedono concentrazione e autocontrollo. Efficiente e produttiva, questa organizzazione del pensiero ci consente di sviluppare raffinate competenze e abilità e di eseguire con relativa facilità operazioni complesse.
Ma può anche essere fonte di errori sistematici (bias), quando l’intuizione si lascia suggestionare dagli stereotipi e la riflessione è troppo pigra per correggerla.
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Bibliografia:
- “La scienza della persuasione” di Tali Sharot
- “Volere troppo e ottenerlo: Le nuove regole della negoziazione” di Chris Voss
- “Esame di Stato Psicologia” di Stella Di Giorgio
- “Storia della psicologia” di Luciano Mecacci
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