Last Updated on 23 Giugno 2021 by Samuele Corona
Jung credeva che alchimia e sciamanesimo, se osservati attraverso una lente simbolico-psicologica, potessero essere compresi tra i precursori della moderna psicologia dell’inconscio.
Quando Jung scriveva di alchimia e sciamanesimo, lo faceva per illustrare qualche altro punto della sua teoria. In sostanza, per ampliare ciò che stava spiegando riguardo ad altri fenomeni simbolici, mitici o archetipici, tracciava dei paralleli con l’alchimia e lo sciamanesimo.
Lo faceva tanto spesso che esistono tante e varie interpretazioni dei fenomeni alchemici e sciamanici da poter presentare una sinossi moderatamente organizzata delle sue riflessioni sull’argomento.
Anche se queste riflessioni sono sparse nella ventina di volumi della raccolta dei suoi scritti, la maggior parte si trova nei volumi delle Opere intitolati Psicologia e Alchimia e Studi sull’alchimia.
Jung, alchimia e sciamanesimo
Jung traccia più paralleli tra sciamanesimo e simbolismo e metodi dell’alchimia rispetto a ogni altra forma religiosa o mitologica. Gran parte delle sue interpretazioni del metodo e del simbolismo sciamanico si trova dunque sotto forma di approfondimento dei metodi e del simbolismo dell’alchimia.
Jung considerava l’alchimia una proiezione dei processi simbolici che sorgevano dall’inconscio; secondo lui le immagini da essa prodotte, come quelle sciamaniche, abbondano nei temi della trasformazione rituale.
Tuttavia, egli riteneva che i processi di trasformazione rituale dell’alchimia fossero rivestiti da immagini basate sulla chimica, su uno schema organizzato per opposizioni.
Operando in modo magico-alchemico su questi elementi (divisio, solutio, coagulatio etc.) l’alchimista cercava di trasformare i metalli di base in oro.
Quest’obiettivo, tuttavia, era più un’arte mistica che scienza, e conduceva inevitabilmente alla proiezione di contenuti inconsci sugli elementi, sull’opus e sullo scopo.
Jung interpretava l’oro, così come le pietre sacre quali i cristalli e il lapislazzuli, come un simbolo del Sé, e i processi trasformativi di tipo chimico come una trasformazione rituale simile a quella coinvolta nel processo di individuazione.
L’alchimista, come lo sciamano, praticava un’arte segreta, sacra, esoterica
L’opera (opus) richiedeva molte preparazioni e i confini rituali (il vas alchemico) erano organizzati attentamente in modo che nulla di essenziale potesse sfuggire o essere contaminato.
L’alchimista aveva spesso un’assistente donna, analoga alla sposa celeste dello sciamano; anche l’alchimista, come lo sciamano, praticava la sua arte segreta ai margini della società.
Jung credeva che l’alchimia medievale e rinascimentale, come la moderna psicologia del profondo, fosse un tentativo di compensare l’unilateralità del cristianesimo.
Attingendo a temi pagani e a un ricco immaginario archetipico, essa contrastava le espressioni eccessivamente dogmatiche e asessuate del cristianesimo, e la sua svalutazione di tutto ciò che è terreno e femminile.
Jung era inoltre convinto che l’alchimia affrontasse meglio il problema degli opposti (cercando una conjunctio piuttosto che la repressione o la dissociazione) e che incorporasse, piuttosto che reprimere, il lato oscuro della realtà, il lato ombra.
Come lo sciamanesimo, anche l’alchimia dava priorità all’esperienza personale e non temeva l’opinione eretica.
La convergenza dei temi alchemici e le analogie all’interno del simbolismo alchemico erano dovute alle scoperte individuali degli alchimisti riguardanti il simbolismo archetipico e i processi trasformativi, e forse a una comparazione tra le scoperte degli alchimisti, più che alla disseminazione tramite il dogma.
In tal senso, l’alchimia è vicina allo sciamanesimo, il quale si è sviluppato allo stesso modo, tramite l’esperienza individuale dei processi archetipici trasformativi basilari e una condivisione delle scoperte (disseminazione) tra diversi sciamani.
Spiegando alcuni simboli alchemici, Jung fece diverse affermazioni importanti sullo sciamanesimo.
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