Diogene
fu uno dei più grandi filosofi dell’Antica Grecia, è stato un personaggio interessante per le sue azioni e per le sue massime acute, fu soprannominato il Cinico o il Socrate pazzo.
Questa reputazione gli derivava dal modo in cui viveva. Quell’uomo dalla barba lunga aveva scelto la povertà assoluta e aveva rinunciato a qualunque tipo di comodità.
Ciononostante, quando all’inizio della sua carriera Diogene decise di vivere dentro una botte, tutta Atene si scandalizzò.
Chiese in prestito a un suo amico commerciante di vini, Lisistrapo, uno degli enormi fusti di legno che usava, lo ribaltò davanti ai gradini d’ingresso dell’agorà e ne fece la sua dimora.
Orgoglioso di quella trovata, Diogene ci trascorreva la notte e conservava là dentro i suoi pochi oggetti personali. Nei primi giorni trascorsi nella botte, Lucio, un altro dei migliori amici di Diogene e suo compagno di gioventù, gli chiese:
“Ma è proprio necessario che tu viva in questo modo? Non starai esagerando?” “È solo un esperimento, Lucio. In passato ho vissuto come un re. Ora devo dimostrare a me stesso che posso essere felice anche vivendo come uno schiavo”, concluse il filosofo.
Diogene il cane
La cosa che in assoluto gli ateniesi capirono meno fu il motivo per cui Diogene adottò un soprannome così strano. Poco prima di trasferirsi nella sua botte, infatti, il filosofo aveva scelto di chiamarsi “il Cane” e, da quel momento in avanti, i suoi seguaci divennero “i cani”.
Fu lo stesso Diogene a spiegare la scelta di quel soprannome: “Da oggi in poi sarò ‘Diogene il Cane’, perché voglio sviluppare la meravigliosa abilità che hanno i cani: quella di fregarsene dell’opinione altrui.
I cani sono liberi di fare e disfare ogni cosa, e non hanno vergogna di nulla. Per questo da oggi saremo conosciuti come i cynoí, cioè i cani, e la nostra filosofia sarà la cynica”.
Come afferma lo psicologo catalano Rafael Santandreu, per liberarsi della vergogna bisogna davvero diventare un cynos: una creatura consapevole che ognuno di noi possiede dentro di sé gli strumenti per essere felice e che l’autonomia è un bene che va difeso dalle opinioni sbagliate degli altri.
Santandreu spiega come liberarsi dalla vergogna con un concetto spesso ripetuto nei suoi libri: “Toccare il fondo per raggiungere la vetta”.
- Editore: Vallardi A.
- Autore: Rafael Santandreu , Marco Amerighi
- Collana:
- Formato: Libro rilegato
- Anno: 2018
“Toccare il fondo per raggiungere la vetta” Rafael Santandreu
“Toccare il fondo per raggiungere la vetta” è un metodo per mettere in pratica l’umiltà estrema
. Consiste nel provare piacere a toccare il fondo, a spogliarci delle nostre qualità e a sentirci meno importanti, ma sempre a testa alta, proprio perché ci siamo disinteressati alla bellezza, all’intelligenza o all’espansività.
Secondo Santandreu non c’è autostima migliore di quella che nasce dall’umiltà estrema!
“Toccare il fondo per raggiungere la vetta” equivale a dire a tutti coloro che ci disprezzano ritenendoci brutti o scemi: “Fai come vuoi. Io non ho bisogno di essere né bello né furbo. Quelle sono le qualità dei deboli. Se tu nei hai bisogno, vuol dire che hai imboccato la strada sbagliata”. Dopodiché, fregarsene.
“Toccare il fondo per raggiungere la vetta” significa diventare delle persone più mature, che non si curano di cosa pensano gli altri.
Scendere fino a toccare il fondo è un metodo che cancellerà la nostra paura di sentirci ridicoli, perché ormai non ci importerà più nulla di come ci definiranno gli altri.
Santandreu rinforza il concetto: “La nostra autostima deve affondare le radici nella nostra capacità di amare. Chi dà più importanza all’intelligenza o alla bellezza, commette un errore. Perché solo l’autostima basata sulla nostra capacità di amare è inamovibile”.
L’autostima che affonda le radici in qualità fittizie non sarà mai solida: perché, finché verremo riconosciuti intelligenti o belli ci sentiremo soddisfatti ma, non appena questo non accadrà più, ci sentiremo col morale a terra.
Ogni qualvolta ci sentiremo sopraffatti da pensieri o emozioni relazionati alla vergogna, sforziamoci di pensare: “Posso toccare il fondo ed essere felice lo stesso; non ho bisogno di essere bravo in tutto, ma solo di essere capace di amare”.
Se ci capita di sentirci spaventati all’idea di fare una presentazione, ad esempio, sforziamoci di ripeterci: “Potrei essere il peggior conferenziere della terra e non me ne importerebbe assolutamente nulla!”.
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Diogene. Farla addosso ai critici
Si racconta che una volta Diogene venne invitato a partecipare al banchetto di un suo facoltoso ammiratore.
A uno dei vari tavoli era seduto Erastene, un filosofo rivale che era precettore della maggior parte dei figli dei ricchi ateniesi e che godeva di un’ottima reputazione.
Nonostante questo, era un uomo invidioso che non riusciva a digerire che gli altri considerassero lui un semplice precettore e Diogene un saggio e un mito vivente.
A un certo punto, perciò, incoraggiato dall’alcol, sollevò una mano e lanciò un osso a Diogene dicendogli: “Tieni, Cane, ecco la tua cena succulenta!”
Diogene, infuocato dal vino, si alzò e si diresse verso il gruppetto di precettori. Calò il silenzio, perché tutti volevano ascoltare la brillante replica del filosofo che, invece, si alzò la tunica, sollevò la gamba e gli riversò addosso un orgoglioso spruzzo di urina.
Nella sala scoppiarono le risate e Diogene concluse: “In effetti, posso mangiare gli ossi e urinare su presunti saggi, esattamente come farebbe un cane. Vedi di non morire, amico mio. Chissà che un giorno non riesca a farlo anche tu”.
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Bibliografia:
- “Essere felici controvento” di Rafael Santandreu
- “L’arte di non amareggiarsi la vita” di Rafael Santandreu
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