La neuroscienziata Tali Sharot ha svelato 7 segreti della persuasione, presentando i risultati delle ultime ricerche in neuroscienze, economia comportamentale e psicologia, per darci una nuova e sorprendente comprensione del comportamento umano.
Gli esseri umani non sono fatti per reagire razionalmente alle informazioni, lo dimostrano diversi studi condotti presso il Wellcome Trust Centre for Neuroimaging, University College di Londra.
Numeri e statistiche sono necessari e meravigliosi per scoprire la verità, ma non bastano a cambiare le convinzioni, e sono praticamente inutili se si vuol motivare all’azione.
Questo è sempre vero, sostiene la neuroscienziata, che tu voglia cambiare le idee di una persona o di molte, una sala piena di potenziali investitori oppure tuo marito o tua moglie.
Pensa al cambiamento climatico: montagne di dati indicano che gli esseri umani contribuiscono al riscaldamento del globo, eppure il 50 percento della popolazione non ci crede.
Pensa ad esempio al fenomeno dei “terrapiattisti”: nonostante le innumerevoli immagini satellitari e tutti i dati mai raccolti dalla NASA, c’è un numero crescente di persone che credono veramente che la terra sia piatta.
Lo tsunami di informazioni che ci travolge ogni giorno può renderci addirittura meno sensibili ai dati, perché ci siamo abituati a trovare sostegno a qualunque cosa vogliamo credere, grazie a un semplice ricerca su Google. Sono i nostri desideri che plasmano le nostre convinzioni. A quelle motivazioni e a quei sentimenti dobbiamo attingere se vogliamo produrre un cambiamento, non importa se in noi stessi o in altri.
- Sharot, Tali (Autore)
Perché a volte riusciamo a condizionare gli altri e perché altre volte, invece, veniamo ignorati?
Ogni volta che condividiamo opinioni e conoscenze, lo facciamo con l’intento di influenzare gli altri. Ogni giorno, dalle mura di casa all’aula scolastica, dalla sala riunioni ai social media, tutti cerchiamo di influenzare chi ci circonda.
L’ obiettivo può essere quello di portare l’attenzione su una causa sociale, aumentare le vendite di un prodotto, cambiare la percezione che gli altri hanno di te, aumentare la produttività dei tuoi collaboratori o convincere il tuo partner a prenotare una vacanza ai tropici.
Il problema è che quando affrontiamo questi compiti, lo facciamo dall’interno della nostra testa. Quando tentiamo di conseguire qualcosa, consideriamo innanzitutto e soprattutto noi stessi. Riflettiamo su che cosa è persuasivo per noi, sul nostro stato mentale, i nostri desideri e i nostri scopi.
Se vogliamo influenzare i comportamenti e le convinzioni della persona che sta di fronte a noi: dobbiamo prima capire che cosa succede dentro la sua di testa e adattarci a come funziona il suo di cervello.
Molto di ciò che mettiamo in atto per condizionare gli altri è privo di efficacia, se non controproducente, perché non è compatibile con il modo in cui funziona la nostra mente. Tali Sharot, basandosi sui risultati delle ultime ricerche in neuroscienze ci dà una nuova comprensione del comportamento umano.
7 Segreti della persuasione rivelati dalla neuroscienziata Tali Sharot
Di seguito verranno illustrati 7 segreti della persuasione che ho estratto, con modifiche e adattamenti al post, dal libro della neuroscienziata Tali Sharot. Il post si basa sulle nuove scoperte neuroscientifiche riportate nel libro La scienza della persuasione, per gli approfondimenti si consiglia la lettura integrale del testo.
Segreto n°1: Quando è difficile sradicare una convinzione consolidata, seminarne una nuova può essere la risposta giusta
Che si tratti di una discussione sul controllo delle armi, sul calcio, sulle vaccinazioni o di un diverbio domestico, per far cambiare opinione dobbiamo prima considerare quel che pensa l’altra persona. Quali sono le sue idee preconcette? Quali sono le sue motivazioni?
Se abbiamo una forte motivazione a credere che una certa cosa sia vera, faremo “orecchie da mercante” anche davanti alla prova più solida a sfavore.
Tali Sharot dimostra che quando i nostri cervelli ascoltano nuove informazioni che concordano con le nostre convinzioni, lo accettiamo con entusiasmo. Quando invece sentiamo cose che contraddicono le nostre convinzioni, le nostre menti si trasformano improvvisamente in avvocati della difesa alla ricerca di qualsiasi difetto immaginabile.
Quando si forniscono nuovi dati a una persona, questa accetta facilmente l’evidenza che conferma le sue idee preconcette (le sue convinzioni precedenti), mentre valuta con occhio critico l’evidenza contraria.
Poiché spesso siamo esposti a informazioni e opinioni contraddittorie, questa tendenza genera polarizzazione, che si accentua nel tempo, mano a mano che le persone ricevono ulteriori informazioni.
Presentare a una persona informazioni che contraddicono la sua opinione può addirittura far sì che escogiti nuove contro argomentazioni che rafforzano la sua concezione di partenza: è il cosiddetto “effetto boomerang”.
Quanto più sei intelligente, tanto maggiore è la tua capacità di razionalizzare e interpretare a piacere le informazioni, e anche di distorcere creativamente i dati per adattarli alle tue opinioni.
Recenti studi neuroscientifici dimostrano che le persone usano la loro intelligenza non per ricavare conclusioni più precise, ma per trovare maggiori difetti nei dati che non le soddisfano.
Quindi, come superare questa naturale resistenza? Non iniziare cercando di dimostrare che gli altri hanno torto. Inizia trovando un terreno comune.
Tali Sharot porta ad esempio il famoso tema sui vaccini.
Il numero di genitori che si rifiutano di vaccinare i loro figli è aumentato da quando un famigerato studio del 1998 ha ipotizzato per la prima volta un collegamento fra il vaccino e l’autismo. Lo studio è stato pubblicato dal dottor Andrew Wakefield consulente onorario della Royal Free Hospital School of Medicine di Londra.
L’affermazione fondamentale di Wakefield era che quando i vaccini per l’immunizzazione da morbillo, parotite e rosolia venivano inoculati insieme, aggredivano il sistema immunitario del bambino. Questo avrebbe consentito al virus del morbillo di penetrare nell’intestino e a certe proteine di sfuggire dall’intestino e raggiungere il cervello. Quelle proteine avrebbero potuto danneggiare i neuroni, inducendo l’autismo.
L’articolo è stato pubblicato su una rivista prestigiosa ma in seguito è stato screditato: ricerche condotte negli anni successivi hanno concluso che non è rilevabile alcuna connessione fra il vaccino MPR e l’autismo. La fiamma accesa dalla ricerca di Wakefield, però, non si è spenta. Nonostante l’ evidenza scientifica contraria, molti continuano a temere i presunti effetti collaterali del vaccino MPR e si rifiutano di vaccinare i loro figli.
Ora immagina di essere un medico a cui tocca il difficile compito di convincere il genitore che ti sta di fronte a vaccinare suo figlio. Come devi comportarti?
Informare il genitore dell’evidenza scientifica che il vaccino MPR non causi l’autismo non funziona perché l’informazione viene valutata in rapporto alle convinzioni preconcette. Quanto più lontani sono i nuovi dati rispetto alle convinzioni già maturate, tanto meno è probabile che essi vengano considerati validi.
Per risolvere il problema, un gruppo di psicologi dell’UCLA invece di cercare di cancellare una convinzione radicata, hanno cercato di instillarne una del tutto nuova.
Il loro ragionamento è questo: la decisione di un genitore, se vaccinare o meno il figlio, è determinata da due fattori, gli effetti collaterali negativi del vaccino e i risultati positivi dell’immunizzazione. I genitori che non vogliono vaccinare i figli hanno già convinzioni forti sui possibili effetti collaterali: il presunto aumento del rischio di autismo. Se si cerca di modificare questa percezione, si incontra solo resistenza.
Invece di cercare di persuadere le persone che il vaccino MPR non causa l’autismo, i ricercatori sottolineano il fatto che il vaccino MPR riduce moltissimo la probabilità di malattie potenzialmente letali. Questo è il percorso di minima resistenza: le persone non hanno alcun motivo per dubitare che il vaccino protegga i loro figli da morbillo, parotite e rosolia.
Il metodo di questa equipe si è concentrato sulla ricerca di un terreno comune: sia per i genitori sia per i medici è prioritaria la salute del bambino. Concentrandosi su quello che avevano in comune, anziché su ciò su cui non erano d’accordo, hanno reso possibile il cambiamento. Questa soluzione è risultata efficace.
Evidenziare come il vaccino MPR fosse in grado di proteggere i bambini da malattie devastanti permetteva più facilmente di modificare le intenzioni dei genitori sulle vaccinazioni, rispetto al cercare di dissipare i timori sui loro effetti collaterali.
Il Segreto della neuroscienziata: Quando è difficile sradicare una convinzione consolidata, seminarne una nuova può essere la risposta giusta.
Segreto n°2: Suscitare emozioni può aiutarci a comunicare le nostre idee e a far sì che gli altri condividano il nostro punto di vista
Lauri Nummenmaa
, un neuroscienziato finlandese che studia la sincronizzazione dei cervelli, scrive che uno dei ruoli dell’emozione nella sincronizzazione neurale è promuovere l’interazione e la comprensione sociale e, di conseguenza esaltare la nostra capacità di prevedere le azioni gli uni degli altri.
Ai politici, agli artisti e a chiunque abbia un messaggio da comunicare, spesso si consiglia di usare le emozioni per coinvolgere la platea. Lo si pensa come un modo per generare interesse, una vicenda o un discorso carichi di emozione possono sembrare più stimolanti e catturare meglio l’attenzione.
Sappiamo che film, romanzi e brani musicali che producono emozioni tendono a essere più popolari. La ricerca di Nummenmaa però fa pensare che ci sia altro. L’emozione eguaglia lo stato fisiologico dell’ascoltatore a quello del parlante, e di conseguenza è più probabile che l’ascoltatore elabori le informazioni in arrivo in modo simile a come le vede il parlante.
In parole semplici, se io sono felice e tu sei triste, è improbabile che interpretiamo lo stesso racconto nello stesso modo. Ma se prima io riesco a farti sentire felice come me, magari raccontandoti una storia divertente, è più probabile che tu intenda il mio messaggio come lo intendo io. A proposito di questa tattica, c’è una buona notizia: le emozioni sono estremamente contagiose.
Uno dei modi in cui influiamo maggiormente gli uni sugli altri è attraverso le emozioni. Condividere le idee, in genere, richiede tempo e impegno cognitivo. La condivisione di sentimenti, invece, è facile e istantanea.
Il modo in cui ti senti influenza rapidamente, automaticamente e spesso in forma inconscia il modo in cui si sentono coloro che stanno intorno a te, e il modo in cui essi si sentono influenza le tue emozioni.
Il Segreto della neuroscienziata: Suscitare emozioni può aiutarci a comunicare le nostre idee e a far sì che gli altri condividano il nostro punto di vista. Non importa se stiamo conversando con una persona sola o parlando a migliaia.
- Thaler, Richard H. (Autore)
Segreto n°3: Se vuoi che qualcuno agisca rapidamente, promettere una ricompensa che generi un’aspettativa di piacere può essere più efficace che minacciare una punizione che genera un’aspettativa di dolore
Nel 2008, un gruppo di ricercatori della New York State University ha intrapreso un programma ambizioso. Aveva a disposizione 24 mesi e 50.000 dollari per migliorare significativamente la sterilizzazione delle mani negli ospedali.
Come caso di studio è stato scelto un reparto di cura intensiva negli Stati Uniti nordorientali: il reparto era già dotato di erogatori di gel antibatterico di facile uso, di lavandini in ogni stanza e di cartelli ovunque, che ricordavano al personale di lavarsi le mani. La media delle persone che rispettavano l’igiene delle mani nei centri medici viaggiava intorno al 38%.
I ricercatori hanno collocato una lavagna elettronica in ogni stanza, che dava immediatamente al personale un’indicazione di come se la stava cavando. Ogni volta che un medico, un’infermiera o un qualche altro operatore si lavava le mani, il numero sulla lavagna aumentava. I numeri indicavano come se la cavava il personale del turno: la percentuale di persone che si lavava le mani e il punteggio settimanale.
Che cosa è successo? Il rispetto della norma è balzato quasi al 90 percento!
Se vuoi motivare il tuo team a lavorare di più o tuo figlio a mettere in ordine la camera, creare una aspettativa positiva (magari un riconoscimento settimanale sul sito web aziendale del dipendente più produttivo o la possibilità di trovare un giocattolo amato sotto un mucchio di vestiti) può essere più efficace a motivare l’azione che non la minaccia di una riduzione dello stipendio o di un castigo.
Quando, invece, vuoi che le persone smettano di fare qualcosa: minacciare conseguenze negative si dimostra più potente degli incentivi.
Quando l’obiettivo è far sì che qualcuno non faccia una cosa (che un bambino non mangi un dolce o che un dipendente non divulghi informazioni confidenziali a persone non autorizzate) minacciare conseguenze negative può essere più efficace che promettere una ricompensa. In effetti, una minaccia immediata può paralizzarci completamente.
Il segreto della neuroscienziata: Se vuoi che qualcuno agisca rapidamente, promettere una ricompensa che generi un’aspettativa di piacere può essere più efficace che minacciare una punizione che genera un’aspettativa di dolore.
Segreto n°4: Offrire il controllo, o almeno un controllo percepito, è il modo migliore per spingere le persone ad agire
Il controllo è strettamente legato alla possibilità di influenzare. Quando si modificano le convinzioni o le azioni di qualcuno, in una certa misura si esercita il controllo su di lui. Quando si è influenzati da qualcun altro, si cede a quella persona il controllo su di noi. Alla gente piace sentirsi in controllo.
Per esempio, a parità di ogni altra cosa, i pazienti che soffrono di cancro e hanno una maggiore percezione di controllo sopravvivono più a lungo. Anche un minore rischio di disturbi cardiovascolari è stato associato a una maggiore percezione di controllo. Il senso di controllo riduce la paura, l’ansia e lo stress, tutti fattori che hanno effetti deleteri sul nostro organismo.
La nostra biologia è strutturata in modo che siamo spinti a essere agenti causali; siamo interiormente gratificati da un sentimento di soddisfazione quando abbiamo il controllo, mentre siamo puniti interiormente con l’ansia quando non abbiamo il controllo.
In generale, è un’ottima soluzione tecnica: controllare il nostro ambiente ci aiuta a fiorire e a sopravvivere. Il prezzo che paghiamo per il nostro intenso desiderio di controllo, però, è la difficoltà che incontriamo a rinunciarvi quando invece dovremmo.
Dovremmo essere ben felici che il controllo dell’aereo ce l’abbia il pilota e non noi. Se avessimo noi il controllo dell’aereo, con tutta probabilità ci schianteremmo. È meglio lasciare al medico, che ha alle spalle anni di formazione specifica e di esperienza diretta, l’onere di prendere le decisioni mediche per noi. È saggio tenere il proprio denaro in banca, e non sotto il materasso, ed evitare lo stock picking.
Diversi studi condotti da Tali Sharot dimostrano che non c’è nulla di più terrificante che cedere il controllo a un altro essere umano. È il motivo per cui molti manager sentono il bisogno di gestire nei minimi dettagli i loro team, anche se così facendo ne pregiudicano la produttività e il morale.
Paradossalmente, cedere il controllo è uno strumento potente per esercitare un condizionamento.
Per esempio, se un bimbo è un po’ schizzinoso a tavola, un genitore può chiedergli di prepararsi l’insalata, per aumentare la probabilità che mangi un po’ di verdura. Agli studenti può essere data la possibilità di creare il proprio piano di studi, in modo da suscitare un maggiore interesse. Ai clienti possono essere offerte più scelte, per rafforzare la loro soddisfazione. I dipendenti possono contribuire a creare i regolamenti aziendali, in modo da accrescere la loro motivazione. Favorire la creazione in prima persona è un ottimo modo per aiutare gli altri a essere più felici, più sani e più realizzati.
Il segreto della neuroscienziata: Offrire il controllo, o almeno un controllo percepito, è il modo migliore per spingere le persone ad agire.
- Kahneman, Daniel (Autore)
Segreto n°5: Trasmettere un messaggio in una luce positiva significa aumentare la probabilità che le persone ascoltino e che si facciano influenzare
Le lacune di informazione mettono a disagio
, mentre colmarle dà soddisfazione. Se possiedi informazioni che possono colmare le lacune in ciò che altri conoscono, fai leva su quelle lacune.
Pensa alle “esche attira-clic” come “Le dieci celebrità che non sapevate fossero appassionate di giardinaggio” o “I tre politici che non sapevate avessero fatto una rinoplastica”. Creano nella mente delle persone lacune di conoscenza che prima non c’erano. Non mi è mai interessato sapere quali celebrità amassero le piante o quali politici una volta avessero il naso storto, ma ora che qualcuno ha evidenziato questa mia lacuna sento il bisogno di colmarla. Una volta che ci è stato detto che cosa non sappiamo, vogliamo saperlo. Questo impulso ha origini lontane nella storia dell’evoluzione.
Con un esperimento molto creativo, i neuroscienziati Ethan Bromberg-Martin e Okihide Hikosaka hanno mostrato che anche le scimmie preferiscono sapere. Quello che ha osservato Bromberg-Martin è che il cervello delle scimmie trattava l’informazione come se fosse in sé una ricompensa. Quei neuroni, chiamati “dopaminergici”, si attivavano in risposta all’informazione come avrebbero fatto in risposta ad acqua o cibo.
Questi risultati possono spiegare in parte il modo in cui siamo ossessionati da Google e Twitter: siamo spinti a cercare informazioni dagli stessi principi neurali che ci spingono a cercare acqua, nutrimento e sesso.
Sembra che nel nostro cervello ci siano due tipi di risposte alle informazioni: un tipo di neuroni apprezza la conoscenza in sé, l’altro apprezza la conoscenza che è probabile ci faccia sentire bene.
Non tutte le informazioni sono come il sesso e la torta di prugne; quello che le persone si aspettano di trovare dietro la porta è rilevante. Le persone preferiscono ricevere informazioni che pensano le facciano sentire bene, perciò cercano più le buone che le cattive notizie.
Trasmettere un messaggio in una luce positiva (come alla fine hanno fatto le compagnie aeree con i video sulla sicurezza in chiave musicale) significa aumentare la probabilità che le persone ascoltino e che si facciano influenzare. Quando le persone sospettano che stiano per arrivare brutte notizie, possono evitare il messaggio, anche se l’ignoranza può danneggiarle.
Ad esempio, quando i dottori comunicano ai pazienti che potrebbero avere la malattia di Huntington, pochissimi in realtà seguono il test. Quando si chiede ai potenziali portatori se intendono sottoporvisi, fra il 45 e il 70 percento di loro risponde di sì, ma la maggior parte non fa seguito all’intenzione dichiarata esplicitamente. In effetti, uno studio dice che, quando vengono contattate dai centri per gli esami, solo fra il 10 e il 20 percento delle persone a rischio di malattia di Huntington sceglie di prenotarsi per il test.
Un comportamento simile è stato osservato nelle persone a rischio di contrarre l’HIV: molti evitano di sottoporsi al test del virus, anche se viene offerto loro gratuitamente. Un esempio ancora più sconcertante arriva da uno studio su 396 donne, alle quali era stato prelevato un campione di sangue e alle quali in seguito era stato detto che quei campioni sarebbero stati analizzati per identificare geni che predispongono al tumore al seno. Avrebbero voluto ricevere i risultati del test? Bastava che rispondessero di sì, non avrebbero dovuto fare nulla, eppure 169 hanno scelto di non sapere.
In generale quando le informazioni possono essere percepite come brutte notizie, le persone spesso non vogliono sentirle.
Il segreto della neuroscienziata: Trasmettere un messaggio in una luce positiva significa aumentare la probabilità che le persone ascoltino e che si facciano influenzare.
Segreto n°6: Per far sì che gli altri condividano il nostro punto di vista deve esistere una corrispondenza fra le opinioni che offri e la condizione emotiva dell’individuo di fronte a te
Sotto minaccia, le persone sono molto più inclini ad assorbire informazioni negative, per esempio, ad apprendere che la probabilità di essere derubati è più elevata di quel che pensano, di quando sono rilassate. Più sono stressate, tanto maggiore sarà la tendenza a modificare le proprie idee in risposta a notizie negative inaspettate. Lo stress non modifica invece la capacità delle buone notizie di modificare le nostre convinzioni.
Esaminando oltre un migliaio di incontri di football dal 2002 al 2006 Brian Burke, creatore di Advanced NFL Stats, un sito web sul football e la teoria dei giochi, ha trovato che le squadre sfavorite si mettono in modalità “contenimento rischi”. Burke ipotizzava che gli allenatori cercassero “di stare in partita il più a lungo possibile. Gli allenatori degli sfavoriti minimizzano il rischio per tutta la partita, sperando in un miracolo. Sembra che puntino a ridurre le probabilità di subire una sconfitta”.
Giocare sul sicuro è, spesso, il modo sbagliato per chi è sfavorito. Certo, una strategia prudente significa per quelle squadre minori probabilità di perdere pesantemente, ma anche minori probabilità di vincere. Il loro gioco sarà prevedibile, con strategie prevedibili e anche… punteggi prevedibili. Perciò, se una squadra è sfavorita e si arrocca in difesa, con tutta probabilità perderà.
Nelle partite rischiose, invece, gli esiti sono molto variabili; la gamma dei possibili scenari si amplia e comprende un maggior numero di possibilità, compresa quella che il rischio paghi.
Le squadre sfavorite “hanno poche probabilità di vincere per proprio merito, perciò quel che devono fare è… aumentare le probabilità di un colpo inatteso: assumersi dei rischi e sperare che la sorte giri a loro favore. Magari non succederà. Magari verranno sbaragliate. Ma non prendersi quei rischi è un modo sicuro per accettare le proprie scarse possibilità di vittoria”.
Esaminando le vendite di biglietti della lotteria a New York, Ross Otto e i suoi colleghi della New York University si sono imbattuti in uno schema davvero peculiare. Quando si verificavano eventi positivi inattesi, cresceva il numero di persone che acquistavano biglietti della lotteria.
La squadra locale vinceva inaspettatamente una partita? Le vendite aumentavano. Una giornata di sole fuori dal comune in pieno inverno? Le vendite salivano. Questo è uno studio correlazionale: mostra l’esistenza di una relazione fra le variabili, ma non sappiamo se un fattore causi l’altro.
Una teoria, però, è che gli eventi positivi inattesi, come una bella giornata di sole in una brutta stagione, fanno sentire bene. Quando siamo allegri e rilassati, è più probabile che la nostra mente si concentri su come le cose possano andare per il verso giusto. Possiamo quindi sopravvalutare la nostra buona sorte ed essere più inclini a rischiare.
La condizione emotiva di una persona influirà sulla sua reazione a quello che hai da dirgli. Deve esistere una corrispondenza fra le opinioni che offri e lo stato dell’individuo di fronte a te. La stessa persona ignorerà il tuo consiglio un giorno e lo accoglierà a braccia aperte un altro, semplicemente perché la sua squadra del cuore, ieri sera, ha vinto o perché il sole splende in una giornata invernale.
Il segreto della neuroscienziata: Per far sì che gli altri condividano il nostro punto di vista deve esistere una corrispondenza fra le opinioni che offri e la condizione emotiva dell’individuo di fronte a te.
- Sharot, Tali (Autore)
Segreto n°7: Una prima opinione positiva aumenta la probabilità di influenzare le persone ad altre opinioni positive
Noi tutti siamo convinti di lasciarci influenzare dagli altri meno di quanto accada ad altre persone, il che è statisticamente impossibile. Non possiamo essere tutti meno influenzabili della media. Il motivo per cui ci consideriamo degli “alternativi” o degli “illuminati” è che spesso l’influenzamento opera al di sotto del nostro “rilevamento radar”.
Quello che la maggior parte di noi desidera è proprio essere diverso da gli altri. L’idea che siamo il prodotto delle preferenze altrui ci mette a disagio. La nostra pulsione cosciente per l’individualità, unita alla nostra attitudine inconscia all’apprendimento sociale, ci porta a convergere sulle stesse scelte ma distinte.
Quel che preoccupa nell’apprendimento sociale è che a volte influenziamo gli altri facendo loro prendere decisioni che non sono le migliori per loro. Adeguarsi alle scelte di qualcun altro può essere innocuo, ma può anche mettere a rischio la vita.
Ecco un esempio impressionante: ogni anno, il 10 percento delle donazioni di reni negli Stati Uniti rimane inutilizzato. Si dà il caso che, quando una donazione viene rifiutata da un paziente, per la sua peculiare condizione medica o per motivi religiosi, il paziente successivo sulla lista viene informato che l’organo in precedenza è stato rifiutato, ma non viene precisato perché.
Il paziente allora presuppone che l’organo abbia qualche difetto e rinuncia a un’operazione che potrebbe salvargli la vita, e lo stesso fa il paziente successivo e quello dopo ancora. Sostituite a “rene” “proprietà immobiliare”, “partner”, “azioni finanziarie” o “progetti professionali” e vi sarà evidente come spesso le persone rinuncino a opportunità dalle quali potrebbero trarre benefici, e solo per colpa delle scelte precedenti di altre persone.
Pensa ai siti con le recensioni: molti quantificano e visualizzano l’opinione di altre persone in una maniera facilmente accessibile. È una sorta di pasticceria per il cervello dell’apprendimento sociale: piena di cannoli e bignè, sotto forma di valutazioni e commenti.
Tutti questi siti ci aiutano a decidere dove andare in vacanza, quali fra i nostri amici apprezziamo di più, quale libro leggere e quale medico evitare. Esistono anche siti di appuntamenti in cui gli utenti danno un voto all’uomo/donna con il quale sono usciti la sera prima, a beneficio di altri utenti.
Le valutazioni sono la nuova Bibbia: una guida per vivere. La domanda è: sono una buona guida? Diamo per scontato che le valutazioni online rispecchino l’opinione di molti utenti indipendenti e vi attribuiamo un grande peso, ma c’è qualcosa di cui non teniamo conto.
Quando valuti un ristorante su Yelp, un libro su Amazon o un hotel su TripAdvisor, non hai di fronte una pagina bianca. Quando esprimi la tua valutazione, ti sono già state presentate le valutazioni precedenti di quel ristorante, libro o hotel, e quelle valutazioni influenzeranno la tua.
Sean Taylor, che ha ottenuto il dottorato alla New York University e ora lavora per Facebook, ha studiato come le valutazioni e i commenti preesistenti influenzino le valutazioni successive. Ha trovato che, se si manipolano le valutazioni in modo che la prima recensione sia entusiastica, la probabilità di altre recensioni positive aumenta del 32 percento e la valutazione finale migliora del 25 percento.
Questo significa che la differenza fra un ristorante o un libro con una valutazione mediocre e uno con una valutazione fenomenale a volte può essere attribuita alla persona che casualmente è stata la prima ad accedere e a registrare la propria opinione. È davvero notevole come una persona, una valutazione, possano influenzare così tante altre che le seguono.
Se le tue opinioni e decisioni sono osservate da altri, faranno una differenza. Accettare un’offerta di lavoro, rifiutare un partner, dare una valutazione elevata a un hotel, rinunciare a un organo donato… tutte queste cose possono cambiare le percezioni e le decisioni di altri.
Il segreto della neuroscienziata: Una prima opinione positiva aumenta la probabilità di influenzare le persone ad altre opinioni positive.
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