Nel campo della persuasione, l’idea che particolari parole persuasive, usate con una comunicazione non verbale appropriata, possano indurre stati alterati di coscienza è stata ampiamente diffusa e applicata nei secoli.
Ancora oggi nella nostra quotidianità siamo spesso influenzati da queste parole persuasive senza che neppure ce ne rendiamo conto.
Alla radice dell’efficacia di questi strumenti linguistici vi sarebbero alcune strutture cognitive che da sempre sono funzionali alla socializzazione e alla sincronizzazione del gruppo.
Vediamo quali sono le 6 parole persuasive più potenti.
Persuasione. Le 6 parole persuasive più potenti
Perché
Tra le parole particolarmente potenti, la prima che bisogna conoscere è “perché”. Questa parola esercita un forte influsso emotivo su di noi. Pensa alla tua infanzia…
“Mamma, posso avere dei biscotti?”
“No caro, non adesso”.
“Ma mamma, voglio i biscotti.”
“Ti ho detto No, non adesso.”
“Ma mamma, perché? ”
“Perché ho detto così.”
È una vera ragione? No! È solo una ripetizione di ciò che il bambino sa già. Ma arrivati a questo punto, la maggior parte dei bambini accetta che è il momento di rinunciare. E questo “programma” presente in noi sin da bambini (almeno la maggior parte di noi) rende la parola “perché” così potente anche in età adulta
Da bambini, significava che non dovevamo chiedere oltre, che i limiti erano già stati superati, l’autorità genitoriale si era espressa in modo categorico e un’ulteriore discussione avrebbe portato a una punizione. E ora, quando sentiamo la parola “perché”, essa esercita ancora un forte effetto su di noi.
Nella pratica, se esprimi una richiesta e includi la parola “perché” nella frase, la tua richiesta ha maggiori probabilità di essere soddisfatta per il potere di quell’unica parola. Ti sorprenderà venire a conoscenza che molti non ascolteranno nemmeno la spiegazione che segue il tuo “perché”, a prescindere da quanto sia insensata.
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Robert Cialdini, autore di uno tra i migliori libri di psicologia contemporanea, nel best seller “Le armi della persuasione“, scrive:
Un noto principio del comportamento umano dice che, quando chiediamo a qualcuno di farci un favore, avremo maggiore successo se forniremo una motivazione. Semplicemente, alle persone piace avere delle motivazioni per quello che fanno.”
Cialdini cita l’esempio di Ellen Langer, docente di psicologia all’Università di Harvard, che ha condotto una ricerca accanto alla macchina fotocopiatrice della biblioteca.
La Langer si faceva avanti e chiedeva di poter saltare la coda: “Scusate, posso fare prima io?”. Come previsto, la maggior parte delle persone diceva di no. Doveva aspettare il suo turno come tutti gli altri.
Quando la stessa Langer chiedeva di saltare la coda fornendo anche una motivazione ragionevole, “perché ho solo una pagina da fotocopiare” o “perché sono in ritardo per un appuntamento”, molte persone la lasciavano passare.
Quando la motivazione addotta era completamente irrazionale (“perché devo fare delle fotocopie” , “perché piove” oppure “perché ho fame”), le persone che acconsentivano erano più numerose di quelle che la lasciavano passare quando non usava la parola “perché” e non veniva fornita alcuna motivazione. Ho parlato di questo esperimento nel post: “La parola più convincente del mondo: Perché”
Questa parola crea un senso di logicità, oppure ci fa regredire ai ricordi d’infanzia e ci induce a lasciarci persuadere. Hai presente tutte quelle pubblicità che usano l’espressione “Perché te lo meriti” o simili? Non possiamo dissentire.
Subito
Anche la parola “subito” ci riporta alla nostra infanzia, al momento in cui le richieste dei nostri genitori diventavano incalzanti e capivamo che era il momento di obbedire, “smettila SUBITO”.
La parola “subito” suggerisce un senso di urgenza e accende nell’ascoltatore un segnale che indica non solo che ti aspetti che quella richiesta sia recepita e soddisfatta, ma anche che venga soddisfatta immediatamente.
Pensa alle telepromozioni in cui hai sentito usare espressioni come “chiama subito” oppure “prendi subito il telefono”. Sono richiami diretti all’azione e generalmente funzionano.
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Per favore, Grazie
Le parole persuasive “per favore” e “grazie”, ci riportano anche loro alla nostra infanzia. Se non ricordi in quale occasione, la prossima volta che ti capiterà di interagire con un bambino piccolo, osserva bene il comportamento dei suoi genitori che prontamente lo imboccheranno: “Come si dice?”.
Al bambino il compito di dover colmare lo spazio vuoto con la risposta esatta: “Per favore” o “Grazie”.
A livello psicologico, “per favore” addolcisce i comandi e, nella persona a cui è stato chiesto di fare qualcosa, genera l’impressione di avere un margine di controllo. Quando diciamo a qualcuno “per favore”, quella persona si sente bene; in cambio noi le risultiamo più graditi e sarà più propensa a fare qualcosa per noi.
Anche quando diciamo “grazie”, induciamo l’altra persona a nutrire sentimenti positivi nei nostri confronti, perciò sarà più propensa ad aiutarci ancora, perché nota che le sue azioni vengono apprezzate.
Nell’ambito della psicologia sociale, la parola “grazie” ci inserisce in quella che Cialdini definisce legge di reciprocità. In sintesi quando qualcuno ti compra un regalo o ti invita a cena, ti senti indotto a ricambiare con un regalo o un invito a cena. È un fattore del nostro comportamento sociale. Agisce nei singoli individui, nei gruppi e persino nei governi.
Per approfondire la legge della reciprocità puoi leggere il post: “La regola del contraccambio o reciprocità (debito)”.
Per sfruttare questa regola a tuo vantaggio, la prossima volta che farai un favore a qualcuno, pensa con attenzione a cosa dire quando ti ringrazierà per il tuo aiuto. Non dire “figurati, per così poco” o “è stato un piacere”. Piuttosto invoca la legge di reciprocità. Prova a dire: “So che faresti lo stesso per me.”
Così facendo avrai impiantato segretamente nel suo cervello il messaggio di un debito nei tuoi confronti; e preparati a incassare il credito alla banca dei favori la prossima volta che dovrai persuaderlo a fare qualcosa per te.
Immagina
L’aspetto geniale della parola “immagina” sta nel fatto che inviti l’interlocutore che stai tentando di persuadere a visualizzare mentalmente la tua proposta. In questo modo essa diventa più reale per lui. Si trasforma da semplice richiesta a qualcosa che ha pensato lui stesso.
Col tempo, il suo subconscio può addirittura pensare che sia stato lui a partorire quel pensiero. Così, non solo l’avrai persuaso a prendere in considerazione la tua richiesta, ma sarai anche riuscito a far sembrare che tu non l’abbia nemmeno mai avanzata.
I pubblicitari usano continuamente il potere della parola “immagina”. “Immaginati al volante di una BMW”.
Prima ancora di accorgertene, ti sei già dimenticato di come o quando la parola e l’immagine sono state impiantate nella tua mente. Saprai solo di avere un irreprimibile desiderio di comprare una certa automobile di lusso. Saranno diventati tuoi intimi desideri.
SI
Il più delle volte, quando comunichi con qualcuno, cerchi di indurlo a rispondere con la parola magica: “Sì”. La parola “Sì” ha un bel suono e a tutti noi piace sentirla in riferimento ai nostri sogni e ai nostri obiettivi esistenziali.
Poi esiste la temutissima parola “NO” che non vogliamo assolutamente sentire come risposta alle nostre richieste… Che cosa si può fare per scongiurare i NO?
Esiste la tecnica della scala dei sì di cui parla Neil Strauss nel best seller The Game: la bibbia dell’artista del rimorchio.
- Strauss, Neil (Autore)
Come funziona la scala dei sì per rimorchiare? Prima poni una serie di domande che sollecitino una risposta affermativa. Poi poni la domanda per la quale desideri veramente una risposta affermativa e vedrai che spesso la ottieni, perché è già stato istituito uno schema.
Questa tecnica è chiaramente riconducibile allo YES SET, tecnica che Milton Erickson, psicoterapeuta americano, padre dell’ipnosi indiretta usava per entrare in rapporto con i propri pazienti e costruire con loro, in tempi molto brevi, una relazione in cui loro fossero disposti a seguirlo nelle sue induzioni terapeutiche.
Immagina di entrare nello studio di Milton Erickson, come risponderesti alle sue domande:
“Buongiorno, per favore potrebbe chiudere la porta?”
“Mi farebbe anche la cortesia di spostare la poltrona e avvicinarsi un poco?”
“Le spiace servire del the per entrambi? Grazie mille”.
“Sta comoda, giusto?”
“E ora che è seduta comoda, Lei è pronta a iniziare ad ascoltarmi e… mentre siamo seduti qui oggi, e io so che lei conosce la ragione per cui siamo qui…”
Probabilmente risponderesti SI a tutte le sue domande.
Il “trucco”che sta dietro questa tecnica è che dopo un certo numero di “Sì” (almeno 4) ogni interlocutore è più propenso a dire di “Sì” anche alla proposta finale per effetto del cosiddetto “Campo Affermativo“. Se le domande hanno un nesso fra di loro: dire NO dopo tanti SI ci farebbe sentire incoerenti e quindi a disagio.
Questa tecnica la usano i rimorchiatori come Strauss, i venditori di Facebook, gli influencer, i marketer e tutti quelli che vogliono abbattere le tue resistenze. Alcuni ci riescono, altri no… in ogni caso:
La tecnica andrebbe usata con onestà, ovvero “soltanto” per guidare il cliente verso una soluzione che sia in grado di soddisfare i suoi bisogni e che sia in linea con i suoi obiettivi.
ARTICOLI CONSIGLIATI:
Bibliografia:
- “Le armi della persuasione” di Robert Cialdini
- “Mind Reader. Impara a leggere la mente” di Lior Suchard
- “I modelli della tecnica ipnotica di Milton Erickson” di Bandler e Grinder
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Ciao e complimenti per l’articolo.
Una piccola curiosità sulla parola si: Chriss Voss, ex negoziatore dell’fbi, consiglia di iniziare ottenendo un no dalla controparte. Il motivo, secondo Voss, è che la tecnica del si negli anni è stata abusata (specie dai call center), quindi quando ci accorgiamo che stiamo dicendo troppi si tendiamo a metterci sulla difensiva. Se si parte ottenendo un no (es: “la disturbo?” “no”), invece, la controparte si sente libera e non si mette sulla difensiva.
Ciao Luca, grazie per il commento. Il libro di Voss lo ho in coda sul Kindle, non lo ho ancora letto 🙂 Grazie per la segnalazione, vi presterò attenzione.
Riguardo allo Yes Set dipende da come lo crei. Sicuramente il format abusato dai call center fa mettere la persona sulla difensiva perchè è uno script imparato a memoria che l’operatore ti spara velocissimo noncurante di tutta una serie di aspetti paraverbali.
Se invece parti dalla costruzione del campo affermativo con dei “truismi” (affermazioni per forza vere) creati sul momento e cioè prendendo in considerazione il contesto in cui ti trovi (Ambiente, Comportamento + Sensazione e Suggestione) in una forma colloquiale rilassata, creando un buon Rapport con l’interlocutore, direi che il 90% delle persone anziché stare sulla difensiva si fida e ti segue 🙂