Last Updated on 19 Luglio 2020 by Samuele Corona
Heinz Kohut
(1913 – 1981) è stato uno psicoanalista austriaco naturalizzato statunitense. È considerato il caposcuola della “Psicologia del Sé”, una delle più recenti scuole psicoanalitiche, sviluppatasi negli anni ’70.
La Psicologia del Sé nasce in seguito agli studi di Kohut su pazienti non ospedalizzati i quali presentavano “sintomi nuovi” rispetto ai pazienti nevrotici che abitualmente ricorrevano alla psicoanalisi.
Questi pazienti lamentavano soprattutto una senso di vuoto, sentimenti di insoddisfazione nei rapporti interpersonali e un senso di depressione. Avevano una stima di Sé a volte molto bassa, a volte irrealisticamente alta, erano estremamente sensibili alle critiche, avevano tendenze perverse e mancanza di iniziativa.
Kohut definì questo quadro come caratteristico di un Disturbo Narcisistico.
In certi casi questo disturbo si manifestava con maggiore nitidezza e con una sintomatologia complessa che comprendeva fantasie perverse o disinteresse totale per il sesso, l’incapacità di mantenere relazioni stabili e significative, la mancanza di empatia, l’abitudine patologica alla menzogna e frequenti attacchi di rabbia.
Kohut rilevò l’inadeguatezza del modello strutturale della psicologia dell’Io per spiegare le dinamiche che erano all’origine dei problemi di questi pazienti, in quanto quei problemi sembravano determinati più da un difetto di strutturazione della personalità che da conflitti edipici e di carattere pulsionale.
Due tipi di Transfert: speculare e idealizzante
In psicoanalisi il transfert è un processo di trasposizione inconsapevole per il quale l’individuo tende a spostare schemi di sentimenti, emozioni e pensieri da una relazione significante passata a una persona coinvolta in una relazione interpersonale attuale.
In generale tale meccanismo naturale viene utilizzato da colui che è posto nella relazione nel ruolo dell’analista o psicoterapeuta, a fini terapeutici ovvero per portare avanti e infine a compimento il processo psicoanalitico.
Heinz Kohut osservò che pazienti narcisisti tendevano ad instaurare con il terapeuta due tipi di transfert: o cercavano dal terapeuta risposte di approvazione e di conferma, assumendo a volte atteggiamenti esibizionistici e grandiosi per ottenere quelle risposte.
Oppure tendevano ad idealizzare la figura del terapeuta, a considerarlo come una potente fonte di consolazione attribuendogli miracolosi poteri di guarigione, oppure a esagerarne ed esaltarne le qualità personali positive.
Kohut chiamò transfert speculare la prima modalità, transfert idealizzante la seconda.
Suppose allora che queste due modalità di transfert dipendessero da antiche e precise carenze di risposte dei genitori idealizzati alle esigenze del bambino di conferme per la sua stima di sé.
In particolare, fece risalire queste problematiche alla mancata risposta empatica dei genitori rispetto alle esigenze narcisistiche del bambino, cioè al suo bisogno di approvazione e di conferma.
I limiti della teorizzazione psicoanalitica sul narcisismo
Kohut dovette così riconoscere i limiti della teorizzazione psicoanalitica sul narcisismo e la tendenza moralistica che aveva il pensiero psicoanalitico a considerarlo come una fase dello sviluppo da superare per raggiungere la piena maturità dell’investimento oggettuale, ottenibile proprio grazie a un disinvestimento degli oggetti narcisistici.
Kohut condivide la definizione del narcisismo primario come fase in cui si vive una dimensione di beatitudine che per tutta la vita continueremo a vagheggiare, pur non ricordandola.
Ma individua poi nel narcisismo una caratteristica della personalità dell’individuo, che ha una sua propria linea di crescita, parallela a quella della libido oggettuale, ma potenzialmente mai completabile nel corso della vita.
- Editore: TEA
- Autore: Les Carter , Dario Leccacorvi
- Collana: Tea pratica
- Formato: Libro in brossura
- Anno: 2010
In altre parole, il bisogno narcisistico di ricevere conferme dagli altri caratterizza l’individuo per tutta la sua esistenza; tuttavia questo bisogno assume a volte una forma assoluta, smisurata e insaziabile, “arcaica”.
Il soggetto narcisista, che si percepisce vuoto così come percepisce privo di interesse il mondo, può sostenersi, avere consistenza e vita solo grazie all’attenzione degli altri per lui.
L’incontrare un rifiuto o il subire una umiliazione, provoca in queste persone una sorta di catastrofe interiore, il senso di una frammentazione del proprio Sé.
Dunque se accanto a un narcisismo patologico negli adulti, ne esiste anche uno sano che fa parte della normalità dei nostri vissuti relazionali in cui chiediamo agli altri conferme su di noi, per mantenere la stima di noi stessi, e tendiamo ad idealizzare qualcuno.
Occorre allora rivedere l’idea della psicoanalisi che il narcisismo in età adulta sia il risultato di una fissazione o di una regressione ad una fase evolutiva che deve essere superata.
E inoltre, se esiste un narcisismo patologico, ciò fa supporre che qualcosa non abbia funzionato nello sviluppo narcisistico normale del bambino.
Lo sviluppo autonomo del narcisismo nella teorizzazione di Heinz Kohut
Kohut si impegna nel teorizzare uno sviluppo autonomo del narcisismo, parallelo a quello dell’amore oggettuale (ipotesi del doppio binario), sottolineando il fatto che, fin dalle sue espressioni più arcaiche, il narcisismo implica comunque una relazione.
Non critica quindi né respinge la teoria delle pulsioni, bensì tenta di mantenerla accanto alla sua psicologia del Sé che studia lo sviluppo del narcisismo sano e patologico nell’individuo in una particolare prospettiva collegabile alle teorie delle relazioni oggettuali.
DA Manuale di Psicologia Dinamica:
Innanzitutto lo sviluppo narcisistico, secondo Kohut è collegato a quello di una dimensione fondamentale del soggetto: il suo Sé che si forma quando l’ambiente circostante reagisce al bambino anche molto piccolo come a un individuo dotato di un proprio Sé.
Inoltre il Sé deve essere considerato come centro di esperienza, iniziativa e motivazione dell’individuo, come percezione della propria unità mente-corpo, come istanza mentale a cui il soggetto si riferisce in modo autoriflessivo, come contenitore delle proprie ambizioni e dei propri ideali.
Di questo Sé, che non possiamo conoscere direttamente, possiamo invece riconoscere le manifestazioni attraverso l’introspezione.
La possibilità di sviluppo del Sé e quindi dell’autostima e del senso di essere qualcuno, può avvenire solo grazie all’empatia del genitore rispetto ai bisogni narcisistici del bambino, il quale li esprime in due forme, o nella forma del Sé grandioso, o nella forma dell’Imago parentale idealizzata.
Ambedue sono attitudini che già il lattante manifesta nella ricerca della perfezione del primitivo legame madre-bambino.
#1. Il sé grandioso
Il Sé grandioso è il bisogno che ha il bambino di una madre empatica che mostri approvazione per ciò che egli è e fa. Laddove questa empatia materna è carente, il bambino può ricorrere ad atteggiamenti esibizionistici pur di riscuotere l’approvazione e l’apprezzamento della madre, così come avviene negli adulti nel transfert speculare.
Se la madre corrisponde empaticamente a questi nuovi tentativi del bambino, con la sua approvazione, si avrà l’inizio di un sano sviluppo narcisistico che culminerà nell’acquisizione di ambizioni, di una sana stima di sé, dello sviluppo di una capacità empatica.
Heinz Kohut definisce l’empatia come la capacità di pensare e sentire se stessi nella vita interiore di un’altra persona ovvero come la capacità di provare ciò che un’altra persona prova ma in maniera attenuata.
DA Manuale di Psicologia Dinamica:
Nell’ empatizzare con le manifestazioni del Sé grandioso del bambino, la madre mantiene un certo scarto, non diviene la sua adoratrice. Anzi inizierà a praticare, dopo che il Sé grandioso del bambino ha avuto una conferma incondizionata, dei lievi fallimenti empatici, ovvero delle frustrazioni ottimali.
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Così la madre sarà più selettiva empatizzando con quelle manifestazioni del Sé grandioso che sono più adeguate ad un progressivo adattamento del bambino ad un’autostima realistica ed alla percezione dei propri limiti.
La madre ha costituito per il bambino, e continua a costituire, quello che Kohut chiama l’oggetto-Sé, cioè l’oggetto materno dal quale il bambino non si sente del tutto distinto perché è un oggetto destinato ad essere assimilato al suo Sé, come un materiale da costruzione che serve per edificare il Sé del piccolo.
I piccoli fallimenti empatici avvengono quando il bambino ha interiorizzato aspetti fondamentali dell’empatia materna alle espressioni del suo Sé grandioso, per cui egli è in grado adesso di percepire da dentro la stima e il rispecchiamento incondizionato che la madre gli ha fornito da fuori.
Questo processo è chiamato da Kohut interiorizzazione trasmutante. Questi aspetti dunque fanno parte del suo Sé, così come vengono a farne parte le frustrazioni ottimali, il senso del limite e la stima realistica di sé. Tutte queste qualità sono state per così dire scorporate dalla madre e trasmutate in caratteristiche del Sé del bambino.
#2. Imago parentale idealizzata
Anche questo è un oggetto-Sé (corrispondente al transfert idealizzante): un genitore viene idealizzato dal bambino che gli attribuisce tutte le qualità positive e si sente impotente quando è separato da lui.
È ovvio che il genitore idealizzato deve rivolgersi al figlio dedicandogli tutta l’attenzione e l’ammirazione possibili in modo che le qualità idealizzate tornino al bambino stesso che si sente gratificato dall’attenzione rivoltagli dal genitore idealizzato.
Anche qui, piccole delusioni sul genitore idealizzato, cioè frustrazioni ottimali, permettono l’interiorizzazione trasmutante di aspetti tolti all’oggetto-Sé e trasformati in funzioni endo psichiche del bambino. L’imago parentale idealizzata e interiorizzata è così all’origine degli ideali del bambino e poi dell’adulto.
La sintomatologia dei pazienti narcisisti
Manifestazioni di Sé grandioso e di idealizzazione negli adulti sono il segno di un percorso di sviluppo in cui è mancato il supporto adeguato degli oggetti- Sé, generalmente per problematiche narcisistiche, depressive o psicotiche dei genitori. Le espressioni di rabbia, così frequenti nei pazienti narcisisti, sono dovute ai fallimenti da parte degli oggetti-Sé.
DA Manuale di Psicologia Dinamica:
Occorre considerare che il Sé grandioso e l’imago parentale idealizzata sono organizzatori primari e fondamentali che garantiscono la strutturazione del Sé a partire da uno stato di originaria frammentazione.
Se il soggetto non ha ricevuto da bambino risposte empatiche ai suoi bisogni narcisistici, rimarrà, da adulto, alla ricerca di oggetti-Sé arcaici che soddisfino quei bisogni e il suo Sé sarà esposto al rischio di frammentazione in ogni insuccesso incontrato in quella ricerca.
Egli vivrà quindi un desiderio insaziabile di conferme ma il suo Sé sarà sempre sull’orlo della frammentazione.
- Gabbard, Glen O.(Autore)
Lo stato di fragilità del Sé appare occultato dal ricorso a fantasie grandiose e megalomaniche arcaiche per cui, in molti soggetti, è osservabile quella che Kohut chiama scissione verticale: cioè convivono nella stessa persona, senza apparente interscambio, sia un’atteggiamento di grandiosità che una totale insicurezza e un senso di estrema vulnerabilità.
La sintomatologia dei pazienti narcisisti può così essere riassunta: senso di vuoto e percezione del rischio di frammentazione, megalomania e grandiosità, fantasie perverse o mancanza di interesse per il sesso, difficoltà nel lavoro, incapacità di stabilire e mantenere rapporti, mancanza di empatia, attacchi di collera, ipocondria, abitudine alla menzogna, estrema vulnerabilità ai giudizi degli altri
Con questi pazienti sono inapplicabili i principi freudiani della frustrazione sistematica dei bisogni narcisistici del paziente la cui espressione viene considerata come una difesa.
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Bibliografia. “Manuale di psicologia dinamica” di Giorgio Concato e Federigo Innocenti