Last Updated on 29 Ottobre 2024 by Samuele Corona
Mindhunters, la celebre serie TV, è ispirata alla vita e al lavoro di John Douglas, uno dei pionieri nel campo del profiling criminale e co-fondatore dell’Unità di Scienze Comportamentali dell’FBI.
Ma dietro la narrazione televisiva si cela una storia vera, un viaggio attraverso la mente dei più pericolosi criminali mai esistiti, che ha permesso di ridefinire il modo in cui comprendiamo i serial killer.
John Douglas ha portato alla luce la psicologia oscura dei più famigerati criminali della storia americana. Le sue interviste e i suoi profili non solo hanno dato un volto alla scienza del criminal profiling, ma hanno anche contribuito a mettere in sicurezza le strade.
- Douglas, John(Autore)
*Ho incluso il libro Mindhunter nella lista lettura: 10 Migliori libri sui Serial Killer da leggere
Con il suo lavoro pionieristico, John Douglas ha permesso alle forze dell’ordine di combattere efficacemente uno dei fenomeni criminali più complessi e terrificanti: il serial killer. Grazie a Douglas, oggi siamo in grado di comprendere meglio queste menti deviate e prevenire ulteriori tragedie.
Lavorando all’interno della Behavioral Science Unit (BSU) dell’FBI, negli anni ’70 e ’80, Douglas ha sviluppato e affinato un metodo investigativo unico basato su interviste, analisi comportamentale e una comprensione psicologica profonda dei serial killer.
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ToggleContesto Storico: La Criminologia Prima di John Douglas
Prima dell’avvento di Douglas e dei suoi colleghi, la criminologia era dominata da un approccio tradizionale e spesso rigido, basato principalmente su prove forensi, confessioni dirette e alibi.
La psicologia criminale non era vista come una scienza applicata agli omicidi, e l’idea di profilare un assassino era quasi sconosciuta. Le forze dell’ordine si concentravano principalmente sulla raccolta di prove fisiche e sulla ricostruzione di movimenti e motivazioni visibili e tangibili.
- Douglas, John(Autore)
Nei casi di serial killer, tuttavia, questo approccio si rivelava spesso inefficace. Gli omicidi seriali, con la loro natura ripetitiva, ciclica e apparentemente priva di movente razionale, confondevano le autorità.
Ogni omicidio sembrava un atto isolato, privo di collegamenti con i precedenti, e i killer riuscivano spesso a sfuggire alla giustizia per anni, a volte decenni. Gli investigatori non avevano strumenti per decifrare i segnali psicologici lasciati sulla scena del crimine o per prevedere il comportamento futuro dell’assassino.
La Rivoluzione di John Douglas e il Profiling Criminale
John Douglas, insieme ad altri agenti dell’FBI come Robert Ressler, capì che per catturare questi criminali era necessario pensare in modo diverso.
Il loro approccio si fondava su una premessa radicale: comprendere il criminale attraverso i suoi comportamenti, le sue motivazioni e i suoi tratti psicologici, utilizzando la scena del crimine come una sorta di “finestra” sulla sua mente. Questa visione trasformativa ha gettato le basi per quello che oggi chiamiamo criminal profiling.
- Picozzi, Massimo(Autore)
Douglas iniziò a sviluppare il concetto che i serial killer agiscono secondo schemi prevedibili basati su traumi, fantasie violente, e una profonda frattura emotiva o psicologica. Credeva che studiando queste dinamiche fosse possibile non solo capire il motivo di un omicidio, ma anche prevedere come il criminale avrebbe agito in futuro, e chi sarebbe stato il suo prossimo bersaglio.
L’elemento più innovativo del lavoro di Douglas fu il suo desiderio di entrare nella mente dei serial killer. Nel corso della sua carriera, intervistò personalmente decine di serial killer e assassini condannati, raccogliendo dati su come pensavano, perché uccidevano e come si relazionavano con le loro vittime. Queste interviste si trasformarono in una sorta di manuale operativo per gli investigatori.
Il Ruolo della Behavioral Science Unit
La Behavioral Science Unit (BSU) dell’FBI fu fondata nel 1972. Inizialmente, il suo compito era quello di formare agenti e poliziotti locali su come gestire i crimini violenti.
Sotto la guida di Douglas, la BSU iniziò a concentrarsi sulla comprensione dei crimini da una prospettiva psicologica e comportamentale. Douglas era convinto che i crimini seriali non fossero semplici atti di violenza casuale, ma piuttosto l’espressione di profonde disfunzioni psicologiche che potevano essere studiate e comprese.
Il suo lavoro nella BSU portò alla creazione di un database comportamentale, dove venivano catalogati e analizzati gli omicidi in base a vari fattori psicologici e criminali. Questo database, una novità assoluta per l’epoca, fu uno strumento essenziale per identificare schemi nei crimini e per collegare omicidi che altrimenti sarebbero stati considerati isolati.
I Principi Fondamentali del Criminal Profiling di John Douglas
Il lavoro di John Douglas si basa su alcuni principi fondamentali:
- Douglas, John E.(Autore)
- La Scena del Crimine come Proiezione della Mente del Killer: Douglas insegnava che ogni scena del crimine riflette qualcosa del suo autore. Il modo in cui il killer interagisce con la scena e con la vittima può fornire indizi su chi sia, sul suo background, e sulle sue motivazioni. Un crimine ben organizzato può indicare un assassino metodico e intelligente, mentre una scena disordinata può suggerire impulsività o disturbi mentali.
- La Psicologia delle Vittime: La scelta delle vittime non è mai casuale. I serial killer scelgono le loro vittime in base a un profilo che soddisfa un bisogno psicologico. Analizzare il tipo di vittima può fornire indizi sul tipo di persona che il killer cerca di controllare o punire.
- Modus Operandi e Firma del Killer: Mentre il modus operandi (MO) si riferisce ai metodi pratici che un criminale utilizza per commettere un crimine, la firma è qualcosa di più personale e psicologico. La firma di un killer, come le mutilazioni o il posizionamento rituale del corpo, riflette le sue fantasie e bisogni emotivi, ed è spesso invariabile nel corso dei crimini.
- Fattore Scatenante: Douglas identificò spesso un evento particolare, come una perdita personale o una crisi emotiva, che fa scattare il comportamento violento in un potenziale serial killer. Comprendere questo fattore può aiutare gli investigatori a prevedere il momento in cui un criminale potrebbe iniziare la sua attività omicida.
Incontri con i Serial Killer Famosi
John Douglas ha avuto numerosi incontri faccia a faccia con alcuni dei più famosi e brutali serial killer della storia americana, che hanno segnato profondamente sia la sua carriera che la criminologia moderna.
Questi incontri non erano solo interviste, ma veri e propri scontri psicologici in cui Douglas cercava di entrare nella mente dei killer per comprendere le loro motivazioni, i loro pensieri e, in alcuni casi, per predire il loro comportamento futuro.
Di seguito un approfondimento sugli incontri più famosi di John Douglas con alcuni dei serial killer più noti e su come questi abbiano influenzato il suo lavoro di profilazione criminale.
#1. Edmund Kemper – Il “Gigante Buono” e L’Orrore degli Omicidi Familiari
Edmund Kemper, noto come “il Co-Ed Killer”, fu uno dei primi serial killer con cui Douglas si confrontò, e la sua intervista si rivelò una delle più significative. Kemper aveva ucciso dieci persone, inclusa la propria madre, e commesso atti di necrofilia e mutilazioni post-mortem.
L’Incontro con Douglas:
Douglas descrisse Kemper come un uomo straordinariamente intelligente e di grande statura fisica (circa 2 metri di altezza), che si presentava in modo affabile e collaborativo. Questo lo rendeva un soggetto ideale per l’intervista, poiché era disposto a parlare apertamente dei suoi crimini e delle sue motivazioni.
- Fresi, Ilenia(Autore)
Durante l’intervista, Kemper si rivelò incredibilmente riflessivo e autocritico, discutendo apertamente dei suoi impulsi e dei dettagli dei suoi omicidi. Quello che colpì Douglas fu la fredda logica di Kemper e la sua capacità di razionalizzare i crimini orrendi che aveva commesso. Douglas utilizzò questa intervista per capire come un uomo potesse vivere una doppia vita così perfettamente separata: uno studente modello e “figlio ideale” per il mondo esterno, e allo stesso tempo un mostro violento e pericoloso.
Impatto sull’Indagine: L’incontro con Kemper insegnò a Douglas quanto fosse importante non giudicare un serial killer dalle apparenze. Molti killer, come Kemper, sembravano persone normali o addirittura simpatiche, ma nascondevano fantasie oscure e impulsi violenti. Questa capacità di “mimetizzarsi” nella società divenne un aspetto chiave nella costruzione dei profili criminali.
#2. Ted Bundy – Il Fascino di un Killer
Ted Bundy, uno dei serial killer più famosi della storia americana, era conosciuto per il suo fascino, il suo aspetto attraente e la sua capacità di manipolare chiunque incontrasse. Uccise almeno 30 giovani donne negli anni ’70, usando il suo aspetto affascinante e la sua intelligenza per attirarle e poi ucciderle.
L’Incontro con Douglas:
Ted Bundy rappresentava uno dei casi più intriganti per Douglas perché non rientrava nello stereotipo del “mostro”. Bundy era ben istruito, carismatico, e durante le sue interviste si presentava come un uomo calmo e razionale. Tuttavia, dietro quella facciata si celava una mente perversa e sadica.
Douglas si rese conto che Bundy godeva del controllo e della potenza che esercitava sulle sue vittime, sia durante che dopo gli omicidi. Bundy parlava di come si avvicinava alle sue vittime con calma, spesso fingendo di avere bisogno di aiuto, e come sfruttasse la sua attrattiva per farle sentire al sicuro.
Impatto sull’Indagine: Bundy fornì a Douglas una comprensione più profonda del “killer organizzato”. L’intervista dimostrò che molti serial killer, soprattutto quelli più intelligenti e manipolativi, pianificavano meticolosamente i loro crimini, godendo della caccia e del potere psicologico che esercitavano sulle loro vittime. Il profilo di un killer come Bundy richiedeva un’attenzione particolare a questi tratti di narcisismo e controllo.
#3. David Berkowitz – Il “Figlio di Sam” e la Follia Pseudoreligiosa
David Berkowitz, meglio conosciuto come il “Son of Sam”, terrorizzò New York City alla fine degli anni ’70. Confessò di aver ucciso sei persone e ferito altre sette in una serie di sparatorie apparentemente casuali. Berkowitz sostenne di essere stato “spinto” a uccidere da un demone che comunicava con lui attraverso un cane.
L’Incontro con Douglas:
L’intervista con Berkowitz rivelò un individuo disturbato e isolato, afflitto da allucinazioni e da un profondo senso di insicurezza e inadeguatezza. Berkowitz inizialmente dichiarò di essere stato spinto a uccidere da un demone, ma più tardi ammise che queste affermazioni erano state esagerate per confondere le autorità.
- Lucarelli, Carlo(Autore)
Douglas studiò attentamente il comportamento e le motivazioni di Berkowitz, capendo che i suoi crimini erano alimentati da un senso di rabbia e risentimento verso la società, in particolare verso le donne. Era un uomo che si sentiva impotente e che usava la violenza per affermare un controllo che altrimenti non possedeva nella sua vita quotidiana.
Impatto sull’Indagine: Berkowitz insegnò a Douglas che la motivazione di un killer poteva essere radicata in fantasie personali complesse e in una profonda alienazione. La sua storia dimostrò anche che i serial killer spesso creano narrazioni mitologiche intorno ai loro crimini per razionalizzare o giustificare le loro azioni. Questo aiutò Douglas a identificare e comprendere meglio i casi in cui i killer adottavano una “maschera” simbolica o religiosa per spiegare i loro crimini.
#4. Dennis Rader – Il “BTK Killer” e il Controllo Totale
Dennis Rader, conosciuto come il BTK Killer (“Bind, Torture, Kill”), uccise dieci persone nel corso di diversi decenni, mantenendo una vita familiare e professionale apparentemente normale. Rader inviava lettere alla polizia e ai media in cui si vantava dei suoi crimini, firmandosi con l’acronimo “BTK”.
L’Incontro con Douglas:
Rader si rivelò un esempio perfetto di “killer organizzato”. Era meticoloso nella pianificazione dei suoi crimini e cercava il controllo totale sulle sue vittime, torturandole psicologicamente e fisicamente prima di ucciderle. Durante le interviste, Douglas scoprì che Rader provava un profondo piacere nel manipolare non solo le sue vittime, ma anche le forze dell’ordine e i media, facendoli “ballare” al suo ritmo attraverso le lettere provocatorie.
- Ramsland, Katherine, Ph.D.(Autore)
Rader viveva una doppia vita, lavorando come impiegato comunale e conducendo attività nella sua chiesa, mentre nascondeva le sue fantasie sadiche e i suoi crimini terribili. Questo confermò a Douglas l’idea che i serial killer più pericolosi potevano spesso nascondersi in bella vista, apparendo come membri insospettabili della comunità.
Impatto sull’Indagine: L’incontro con Rader rafforzò il concetto di “firma” nel profiling di Douglas. Il modo in cui Rader legava, torturava e uccideva le sue vittime era un’espressione del suo desiderio di controllo totale, un bisogno che andava al di là del semplice atto di uccidere. Questo fornì a Douglas nuovi strumenti per identificare i pattern nei crimini di altri serial killer e per comprendere come il bisogno psicologico del killer potesse riflettersi in dettagli apparentemente insignificanti della scena del crimine.
#5. John Wayne Gacy – Il Pagliaccio Assassino
John Wayne Gacy, noto come il “Killer Clown”, fu condannato per l’omicidio di 33 giovani ragazzi e adolescenti tra il 1972 e il 1978. Gacy conduceva una vita apparentemente rispettabile come imprenditore e membro attivo della comunità, ma dietro la facciata si nascondeva un uomo che stuprava e uccideva giovani uomini nel suo seminterrato.
L’Incontro con Douglas:
Gacy era un uomo estremamente manipolativo e arrogante, che usava il suo status sociale per mascherare i suoi crimini. Durante l’intervista con Douglas, Gacy negò ripetutamente la sua responsabilità per gli omicidi, nonostante le prove schiaccianti. Quello che colpì Douglas fu la completa mancanza di rimorso e l’abilità di Gacy nel giustificare le sue azioni come se fossero il risultato di circostanze fuori dal suo controllo.
- Dentro la mente di John Wayne Gacy: Il clown assassino della vita reale
- Tipo di prodotto: Abis Book
- Marca: Ad Lib Publishers
- Hunter, Brad(Autore)
Gacy, con la sua vita pubblica rispettabile, insegnò a Douglas che non esiste un “tipo” fisico o comportamentale per un serial killer. La capacità di vivere una doppia vita e di ingannare gli altri era una caratteristica comune tra i killer più prolifici.
Impatto sull’Indagine: Il caso di Gacy sottolineò per Douglas l’importanza di considerare la psicopatia e il narcisismo nel profiling criminale. Gacy si considerava invincibile, convinto di poter sfuggire alla giustizia grazie alla sua capacità di manipolare le persone intorno a lui. Questo rafforzò la convinzione di Douglas che molti serial killer sono, a livello psicologico, profondamente narcisisti e cercano il controllo totale non solo sulle loro vittime, ma anche sulla percezione che gli altri hanno di loro.
L’Impatto di John Douglas sulla Criminologia
John Douglas ha cambiato radicalmente il modo in cui gli investigatori affrontano i crimini seriali. Prima del suo lavoro, i serial killer erano visti come “mostri” senza possibilità di comprensione razionale.
Douglas ha mostrato che dietro ogni serial killer c’è un insieme specifico di fattori psicologici, sociali e comportamentali che possono essere studiati e compresi. Questo ha reso possibile sviluppare profili che aiutano a catturare i criminali e prevenire futuri crimini.
Il suo libro Mindhunter: La storia vera del primo cacciatore di serial killer americano (scritto insieme a Mark Olshaker), pubblicato nel 1995, ha fornito al pubblico una visione senza precedenti del lavoro all’interno dell’FBI e delle tecniche utilizzate per catturare i più noti assassini.
- Douglas, John(Autore)
Questo lavoro è diventato la base per la serie TV Mindhunters, che ha portato la figura di Douglas (rappresentata dal personaggio di Holden Ford) e il suo metodo investigativo sotto i riflettori internazionali.
John Douglas e le tecniche innovative nel campo del criminal profiling
#1. Intervista Psicologica Diretta ai Serial Killer
Douglas e il suo team hanno sviluppato una tecnica di intervista che mirava a far aprire i serial killer e ottenere informazioni preziose. Invece di accusare o interrogare i sospettati in modo tradizionale, cercavano di costruire un rapporto con loro. Durante le interviste, usavano domande aperte e non giudicanti, lasciando i killer raccontare le loro esperienze con dettagli che permettevano di comprendere le loro motivazioni e modus operandi.
- Esempio: Nell’intervista con Ed Kemper, Douglas utilizzò un tono empatico e non accusatorio, il che permise a Kemper di fornire dettagli sinceri sui suoi crimini. Questo approccio si rivelò essenziale per capire come i serial killer spesso razionalizzano i loro atti violenti e come possono apparire “normali” all’esterno.
#2. Analisi del Comportamento Post-Crimine
Un elemento chiave nella tecnica di profilazione di Douglas è l’analisi del comportamento di un criminale dopo aver commesso il crimine. Si focalizzava su ciò che il killer faceva dopo il delitto: tornava sulla scena del crimine, faceva telefonate alla polizia o alle famiglie delle vittime, o inviava lettere provocatorie ai media? Questo comportamento post-crimine rivelava molto sulla personalità e la psicologia del criminale.
- Esempio: Dennis Rader, il killer BTK, inviava lettere alla polizia e ai media per vantarsi dei suoi crimini, dimostrando un forte bisogno di attenzione e controllo. Douglas utilizzò questi indizi per sviluppare un profilo che indicava un uomo che cercava riconoscimento pubblico e viveva una doppia vita insospettabile.
#3. Organizzazione vs. Disorganizzazione del Crimine
Douglas introdusse il concetto di classificare i serial killer in “organizzati” e “disorganizzati” in base alla pianificazione e all’esecuzione del crimine. Questa classificazione aiuta a comprendere la personalità del criminale e offre indizi per la sua cattura.
1. Killer Organizzato: Un assassino organizzato pianifica i suoi crimini meticolosamente, sceglie con cura le sue vittime, e si assicura di non lasciare tracce evidenti. Questi criminali tendono a essere intelligenti, socialmente funzionali, e a condurre una vita “normale” per ingannare la polizia.
- Esempio: Ted Bundy era un killer organizzato. Era affascinante, intelligente, e pianificava attentamente i suoi rapimenti e omicidi, riuscendo a ingannare le autorità per molto tempo.
2. Killer Disorganizzato: Un assassino disorganizzato agisce in modo impulsivo, spesso lasciando indizi o agendo in preda a un impulso irrazionale. Non si preoccupa di nascondere le prove o di coprire i suoi crimini, il che può riflettere una personalità più caotica o con problemi mentali.
- Esempio: Richard Chase, noto come il “Vampiro di Sacramento”, era un killer disorganizzato. Le sue scene del crimine erano estremamente caotiche, e i suoi attacchi erano motivati da un disturbo mentale grave.
#4. Costruzione del Profilo Psicologico
Douglas costruiva un profilo psicologico basato su una combinazione di fattori legati alla scena del crimine, al comportamento del killer e alle sue interazioni con le vittime. Questo profilo includeva dettagli come l’età, il sesso, l’etnia, il livello di intelligenza, e il background sociale del killer. Era uno strumento prezioso per restringere il campo dei sospettati e comprendere la motivazione del crimine.
- Esempio: Nel caso del “Green River Killer”, Douglas sviluppò un profilo che suggeriva che il killer fosse un uomo bianco tra i 20 e i 30 anni, con un lavoro umile, probabilmente residente nella zona, e con problemi personali legati alle relazioni con le donne. Questo profilo si rivelò accurato quando Gary Ridgway fu arrestato.
#5. Trovare il “Fattore Scatenante”
Douglas insegnava agli investigatori a cercare un “fattore scatenante” che potesse aver innescato il comportamento violento del killer. Questo fattore può essere legato a un evento traumatico o a una serie di circostanze che spingono il criminale a commettere il primo omicidio. Individuare questo elemento aiuta a capire l’origine della serie di crimini.
- Esempio: In molti casi, Douglas identificava la perdita di un lavoro, la fine di una relazione o un grave evento personale come il fattore scatenante che portava un killer a iniziare la sua serie di omicidi.
#6. Valutazione del Tipo di Vittima
Il tipo di vittima scelta dal killer rivela molto sul profilo psicologico del criminale. Douglas sviluppava il profilo del serial killer analizzando le caratteristiche comuni delle vittime: età, sesso, razza, e circostanze dell’incontro. Questo permetteva di capire se il killer sceglieva le vittime in base a un legame personale o se le vedeva come rappresentanti di qualcuno nella sua vita (ad esempio, una madre autoritaria o una figura femminile respingente).
- Esempio: John Wayne Gacy, che uccideva adolescenti maschi, sceglieva vittime che corrispondevano al suo profilo di preferenza sessuale. Douglas utilizzò queste informazioni per dedurre che il killer fosse un uomo adulto con tendenze omosessuali represse, che viveva in un quartiere residenziale con accesso a giovani ragazzi.
#7. Geoprofiling
Douglas integrò anche la geografia nel profiling criminale. Analizzando le località degli omicidi e i luoghi in cui venivano trovati i corpi, poteva ipotizzare dove viveva o lavorava il criminale. Questo approccio si basa sull’idea che i serial killer tendono a commettere crimini vicino a luoghi familiari per minimizzare il rischio di essere catturati.
- Esempio: Nel caso del “Night Stalker” (Richard Ramirez), Douglas e il suo team utilizzarono il geoprofiling per mappare le aree dei suoi attacchi. Questo li aiutò a prevedere dove avrebbe potuto colpire successivamente e a organizzare pattuglie mirate.
#8. Studio delle “Firme”
Un altro concetto chiave è la firma del killer, che rappresenta gli elementi particolari e unici che un criminale lascia dietro di sé in ogni crimine, e che spesso non sono necessari per l’omicidio stesso. La firma può includere mutilazioni specifiche, il posizionamento del corpo o altre azioni ripetute che riflettono il desiderio psicologico del killer.
- Esempio: Il BTK Killer legava le sue vittime in modi complessi e usava specifici tipi di nodi, dimostrando un bisogno di controllo e sadismo. Questa firma distintiva aiutò a collegare diversi omicidi allo stesso killer.
L’eredità di John Douglas
Le tecniche sviluppate da John Douglas e dal suo team non solo hanno contribuito a risolvere numerosi casi, ma hanno anche influenzato profondamente la cultura popolare.
La sua vita e il suo lavoro sono stati la base per il celebre libro Mindhunter, e in seguito per la serie TV omonima, che ha reso il grande pubblico consapevole dell’importanza del profiling criminale.
Douglas ha dimostrato che, anche nelle menti più deviate e nei crimini più orribili, esistono modelli psicologici e comportamentali che possono essere compresi e analizzati. Questo approccio ha rivoluzionato l’investigazione dei crimini violenti, rendendola non solo una scienza forense ma anche una scienza psicologica.
La figura di John Douglas continua a essere una fonte di ispirazione per criminologi, psicologi forensi, e forze dell’ordine di tutto il mondo, che ancora oggi utilizzano le sue tecniche per risolvere crimini complessi e per prevenire tragedie future.
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Un articolo interessante che mette in luce quanto sia complesso e oscuro il mondo della psicologia criminale. Scoprire i dettagli di queste storie fa riflettere su come l’interesse pubblico sia sempre stato attirato dal lato più oscuro dell’umanità. Complimenti per il lavoro di ricerca!
Leonardo, grazie mille per il tuo bel commento 🙂