Last Updated on 5 Luglio 2023 by Samuele Corona
La nascita del comportamentismo fu annunciata nel 1913 da J.B. Watson, che espose il “manifesto” della scuola nell’articolo La psicologia come la vede il comportamentista.
Questo movimento è fondato sullo studio scientifico del comportamento, cioè degli aspetti esteriori, praticamente osservabili, dell’attività mentale.
Riprendendo il termine inglese behavior (comportamento) è conosciuto anche come behaviorismo. Si può dire che con la nascita del movimento comportamentista il concetto stesso di psicologia che si era diffuso negli ultimi anni subì un radicale mutamento.
Watson, infatti, riteneva che l’oggetto di studio privilegiato dei primi psicologi, la “mente”, fosse in realtà un qualcosa di troppo vago, mal definito e soprattutto estremamente soggettivo, al punto da non poter essere assunto in alcun modo come oggetto di studio di una disciplina che voleva proporsi come sperimentale e scientifica.
La Conoscenza oggettiva del comportamento
I comportamentisti ridisegnarono la psicologia e i suoi campi di studio, focalizzandosi sullo studio del comportamento manifesto e dell’apprendimento. proponendosi di far diventare la psicologia una disciplina con uno statuto analogo a quello delle scienze naturali tradizionali, così da poter pervenire a conoscenze oggettive che permettano di prevedere e controllare il comportamento e di dar luogo ad applicazioni pratiche.
Proposero quindi di escludere dal campo della psicologia la coscienza e i processi mentali, fenomeni su cui, secondo i comportamentisti, non è possibile stabilire un accordo tra gli studiosi e non è possibile indagare applicando procedure di indagine rigorose.
L’oggetto della psicologia deve invece essere il complesso delle manifestazioni esteriori, direttamente osservabili, di un individuo, di cui la psicologia dovrebbe anche scoprire le leggi che ne stanno alla base.
Più precisamente il comportamentismo è interessato a stabilire rapporti tra gli stimoli recepiti dal soggetto e le sue risposte, senza prendere in considerazione ciò che intercorre tra questi due elementi, sia che si tratti di processi mentali, sia che si tratti di processi fisiologici.
La mente e il cervello vengono pertanto definiti come una “scatola nera” (black box), ossia un dispositivo le cui operazioni interne non possono essere indagate e di cui sono rilevabili solo gli input (stimoli in entrata) e gli output (risposte in uscita).
4 Principali esponenti del comportamentismo
Il comportamentismo è una scuola di pensiero nell’ambito della psicologia che si concentra sull’osservazione e lo studio dei comportamenti osservabili, evitando di fare riferimento a processi mentali interni.
Molti importanti esponenti hanno contribuito allo sviluppo e alla diffusione del comportamentismo come approccio scientifico nello studio del comportamento umano.
Di seguito una breve descrizione i 4 esponenti principali del comportamentismo, che li inquadra dal punto di vista biografico e storico.
Il lavoro di questi studiosi ha gettato le basi per l’approccio scientifico nello studio del comportamento umano e ha influenzato in modo significativo il campo della psicologia.
#1. Ivan Pavlov (1849-1936)
Le teorie del comportamentismo trovano uno dei loro primi fondamenti negli studi condotti agli inizi del Novecento dal fisiologo di origini russe Ivan P. Pavlov. Sebbene non sia considerato un comportamentista nel senso stretto del termine, Pavlov ha avuto un impatto significativo nello sviluppo del comportamentismo.
Pavlov studiò i riflessi condizionati negli animali. Iniziò le sue ricerche partendo dai processi digestivi nei cani, specialmente l’interazione tra salivazione e azione dello stomaco.
Egli si accorse che i due fenomeni erano strettamente interconnessi dai riflessi del sistema nervoso “autonomo”. In assenza di salivazione, lo stomaco non avvertiva lo stimolo a cominciare la digestione.
Pavlov voleva capire se stimoli esterni potessero interferire con questo processo, così cominciò a suonare un campanello (stimolo condizionante) ogni qualvolta offriva del cibo (stimolo incondizionato) ai cani sottoposti ad esperimento.
Dopo un poco, i cani, che prima salivavano esclusivamente alla vista del cibo e quando lo consumavano (risposta incondizionata, innata non appresa) cominciavano a salivare allo squillo del campanello anche in assenza di cibo (risposta condizionata allo stimolo condizionante).
Il condizionamento classico
Nel 1903 Pavlov pubblicò i risultati del suo lavoro, introducendo il termine di “riflesso condizionato” per designare questo fenomeno, diverso da una risposta istintiva, (come il ritrarre una mano da una fiamma) nel senso che doveva essere appreso.
Pavlov chiamò questo processo di apprendimento (in cui, ad esempio, il sistema nervoso “autonomo” associa lo squillo del campanello con il cibo) “condizionamento”. Egli si accorse anche che il riflesso condizionato si indeboliva se lo stimolo si rivelava troppo spesso falso.
Se il campanello veniva fatto squillare più volte senza che poi venisse somministrato del cibo i cani smettevano di salivare quando udivano il suono del campanello.
Il condizionamento pavloviano prende anche il nome di condizionamento “classico” per distinguerlo da quello “operante” studiato da Thorndike e Skinner.
Gli esperimenti dei comportamentisti identificano il condizionamento come un processo di apprendimento universale. Ci sono due differenti tipi di condizionamento, ognuno dei quali conduce ad uno specifico schema comportamentale:
Condizionamento classico ha luogo quando un riflesso innato fa seguito ad uno stimolo. L’esempio più noto è appunto quello delle osservazioni di Pavlov sulla salivazione dei cani alla vista del cibo. Sostanzialmente, animali e persone sono biologicamente “costruiti” perché un certo stimolo produca una certa risposta.
Condizionamento operante si verifica quando viene rinforzata una risposta ad uno stimolo. Fondamentalmente il condizionamento operativo si configura come un semplice sistema con feedback: se una ricompensa o un rinforzo segue la risposta ad uno stimolo allora la risposta avrà maggiore probabilità di verificarsi.
Ad esempio, Skinner usava tecniche di rinforzo per insegnare ai piccioni a danzare ed a spingere una pallina su una piccola rotaia.
#2. Edward L. Thorndike (1874-1949)
Contemporaneo di Pavlov, ma operante nel contesto nordamericano, Edward L. Thorndike, psicologo dell’educazione, volle approfondire l’effetto che le ricompense potevano avere sul processo di apprendimento. Considerato tra i primi 10 Psicologi più influenti del XX secolo.
Cominciò pertanto ad occuparsi delle situazioni rinforzanti già a partire dal 1898, giungendo alla conclusione che la forma caratteristica dell’apprendimento è quella per “prove ed errori”.
La teoria dell’apprendimento di E.L. Thorndike rappresenta l’originale schema “Stimolo-Risposta” S-R della psicologia comportamentista. L’apprendimento sarebbe il risultato delle associazioni che si vengono a formare tra lo stimolo e la risposta.
Tali associazioni o “abitudini” vengono rafforzate o indebolite dalla natura e dalla frequenza dell’accoppiamento S-R. Il paradigma per questa teoria “S-R” era molto semplice e gli errori nell’apprendimento erano interpretati come dovute alle ricompense.
La base dell’apprendimento ipotizzata da Thorndike è l’associazione tra le impressioni sensoriali e gli impulsi all’azione, associazione che divenne nota come “connessione”. Poiché sono queste connessioni che si rafforzano o si indeboliscono nella formazione o nell’estinzione di abitudini, il sistema di Thorndike viene definito connessionismo.
Il nostro cervello capisce come rispondere a nuove situazioni attraverso un processo di prove ed errori. Edward Thorndike lo ha dimostrato con un esperimento in cui i gatti sono stati collocati in una scatola nera.
Non sorprende affatto che ogni gatto abbia cercato immediatamente di scappare dalla scatola, annusando gli angoli e graffiando le pareti. Alla fine, il gatto trovò una leva che, se premuta, apriva una porta, consentendo la fuga.
Thorndike quindi prese i gatti che erano fuggiti con successo e ripeté l’esperimento. Le sue scoperte? Bene, dopo essere stati messi nella scatola un paio di volte, ogni gatto ha imparato il trucco. Invece di arrampicarsi per un minuto o più, i gatti andarono dritti verso la leva.
Dopo 20 o 30 tentativi, il gatto medio poteva scappare in meno di sei secondi. In altre parole, il processo di uscire dalla scatola era diventato un’ abitudine.
Thorndike aveva scoperto che i comportamenti che danno conseguenze soddisfacenti, in questo caso guadagnando la libertà, tendono a essere ripetuti finché non diventano automatici.
Thorndike ne deduce che l’apprendimento si verifica gradualmente, attraverso una serie di “tentativi ed errori”, che porta al consolidamento delle reazioni dell’organismo che sono state ricompensate (legge dell’effetto).
Le tre leggi fondamentali della teoria di Thorndike
- Legge dell’effetto
Risposte a situazioni che siano seguite da ricompense saranno rinforzate e diverranno l’abituale comportamento di risposta a quella situazione. - Legge della prontezza
Una serie di risposte possono essere connesse l’una all’altra per raggiungere un prefissato obiettivo. - Legge dell’esercizio
La correlazione stimolo – risposta viene rafforzata dall’esercizio e si indebolisce quando l’addestramento è discontinuo.
Gli esperimenti di Thorndike sul comportamento di cani e gatti in una gabbia da esperimenti (come, ad esempio, un labirinto “puzzle box”) lo condussero alla conclusione che l’apprendimento migliora quando conduce a risultati gratificanti.
Gli studi di Thorndike, così come quelli di Skinner, si differenziano ulteriormente da quelli di Pavlov poiché, mentre nel condizionamento classico la risposta prodotta dall’animale è un’azione che l’organismo compie automaticamente in seguito ad uno stimolo, nel tipo di condizionamento studiato da Thorndike la risposta è un’operazione che l’organismo compie sull’ambiente in vista di uno scopo.
Tale condizionamento fu definito da Thorndike strumentale, mentre Skinner gli diede il nome di condizionamento operante.
#3. John B. Watson (1878-1958)
John B Watson
è riconosciuto come il fondatore della scuola del comportamentismo che dominò la psicologia americana tra gli anni venti e sessanta.
Nel 1913 pubblicò un famoso articolo “La psicologia come la vede il comportamentista” che segnò la data di nascita del comportamentismo, di cui Watson fu uno dei maggiori esponenti.
In realtà, già prima di questo lavoro di Watson, le concezioni behavioristiche avevano cominciato a fare la loro comparsa nella psicologia americana, particolarmente attraverso l’opera di alcuni studiosi di psicologia animale comparata come E. L. Thorndike e R. M. Yerkes.
Quest’ultimo, inoltre, facendo conoscere agli Americani nel 1909 il lavoro di Pavlov sui riflessi condizionati, aveva contribuito in modo determinante al volgersi del pensiero americano in tale prospettiva.
Spetta però a Watson il merito di aver sintetizzato e reso esplicito quello che era l’orientamento di molti, studiando il comportamento umano, osservabile e misurabile.
Il condizionamento
Secondo Watson, il meccanismo fondamentale che sta alla base dell’apprendimento umano è il condizionamento.
In sintesi, esistono stimoli che sono naturalmente associati a certe risposte dell’organismo e che possiamo definire stimoli incondizionati (per esempio, la vista del cibo che provoca una risposta di avvicinamento per raggiungere uno stato di soddisfazione).
A tali stimoli possiamo aggiungerne altri (accompagnando, per esempio, la vista del cibo con il suono di un campanello o con l’accendersi di una luce), che in un primo momento si presentano del tutto neutri. Però, dopo un certo numero di prove, l’associazione fra i due stimoli farà sì che il soggetto produca la stessa risposta anche solo al presentarsi dello stimolo neutro. In quest’ultimo caso parliamo di stimolo condizionato.
Nel condizionamento assumono importanza anche altri fattori, come il tempo e la frequenza delle associazioni fra i due tipi di stimolo, la frequenza e gli intervalli nella distribuzione del rinforzo (cioè della soddisfazione offerta dall’ambiente ai bisogni del soggetto in seguito al suo comportamento di risposta) e così via.
Secondo Watson questo schema di condizionamento è applicabile non solo a situazioni semplici (come quella di un ratto che impara come raggiungere il suo cibo) ma anche a comportamenti umani complessi, caratterizzati dalla presenza di elementi sia cognitivi che emozionali.
Secondo Watson, infatti, emozioni come la paura, la rabbia e l’amore sono comportamenti appresi, e come tali possono essere sottoposti a condizionamento.
Watson dimostrò la presenza del condizionamento classico con un famoso esperimento sugli stati di ansia e fobia indotti passato alla storia come il più perverso esperimento della psicologia comportamentista. Ne ho parlato nel post: L’esperimento del piccolo Albert.
La posizione radicale di Watson non era più accettabile e, dopo una prima fase di comportamentismo cosiddetto “ingenuo”, negli anni Venti e Trenta le concezioni behavioristiche ricevettero una nuova sistemazione a opera di altri autori.
#4. Burrhus F. Skinner (1904 –1990)
Skinner
è considerato il più eminente psicologo del XX secolo. Leggi il post: 10 Psicologi più influenti del XX secolo.
Ha inventato ” la scatola di Skinner”, dotata di meccanismi per rilevare le risposte (leve, dischi, pulsanti) e dispositivi per fornire rinforzo (acqua e cibo), grazie alla quale il comportamento animale cominciò ad essere accuratamente registrato e reso disponibile all’analisi statistica.
La teoria di Skinner è fondata sul condizionamento operante.
L’organismo esprime le sue modalità comportamentali nell’ambiente. Durante questo processo incontra un tipo di stimolo speciale, detto “rinforzo” o “stimolo rinforzante”. Questo stimolo ha l’effetto di intensificare il processo operativo, cioè il comportamento che era già attivo prima del rinforzo.
Il condizionamento operante
Il condizionamento operante può, in sintesi, essere così descritto: “il comportamento è seguito da conseguenze e la natura delle conseguenze modifica la tendenza dell’organismo a ripetere il comportamento in futuro”.
Skinner modifica lo schema classico del condizionamento (di Pavlov e Watson) rendendolo più complesso e attivo, nel quale il soggetto acquista un ruolo attivo, non limitandosi a emettere delle risposte in seguito a uno stimolo.
Nel suo esperimento più noto, il soggetto in questione è un piccione chiuso in una gabbia contenente una leva che può dare accesso al cibo. Dapprima il piccione, compiendo semplicemente una serie di movimenti casuali, esegue anche quello che aziona la leva facendo arrivare il cibo.
In seguito al ripetersi di questo rinforzo, il comportamento così premiato tenderà a ripetersi con sempre maggiore stabilità, sarà cioè appreso. Allo stesso modo, un comportamento che non viene rinforzato con ogni probabilità non si ripresenterà, mentre un comportamento già appreso, ma che da un certo punto in poi non viene più rinforzato, si estinguerà.
L’opera di Skinner è dominata da una fiducia assoluta nelle possibilità dell’insegnamento e dell’apprendimento. Egli è infatti convinto che utilizzando tecniche e strumenti psicologici adeguati sia possibile indurre le persone a realizzare comportamenti desiderabili e a eliminare invece i comportamenti socialmente indesiderabili. È questo l’aspetto utopistico del comportamentismo.
Nel suo romanzo, Walden Two, Skinner descrive una comunità utopica retta da norme e principi scientifici e dal controllo sociale attuato mediante le procedure del condizionamento operante. Ne ho parlato nel post “Walden Two” Il romanzo utopico del padre del condizionamento operante.
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Bibliografia
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- “Tutto psicologia e pedagogia” di Barbara Colombo
- “Psicologia. Finalmente ho capito” di Marina Visentin
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