Last Updated on 24 Maggio 2020 by Samuele Corona
In tempi di quarantena Covid in tanti, probabilmente, ci siamo chiesti se ci si può fidare della cosiddetta “saggezza della folla”. Ecco, io non mi fido per niente di tale presunta saggezza, anche se la teoria “sociologica” ha una storia piuttosto curiosa.
Siamo nel 1907 a Plymouth in Inghilterra. In una tipica giornata di pioggia, da tutto il Paese una grande folla si era data appuntamento all’annuale Fat Stock and Poultry Exhibition, durante la quale si teneva una gara a chi fosse riuscito a indovinare il peso di un bue ben pasciuto.
Parteciparono 800 persone, che avevano trascritto ciascuna la propria stima su un foglietto di carta. Poi il bue fu ucciso e pesato.
Quando furono esaminate le previsioni, la media era di 1207 libbre, distante solo l’1 percento dal peso effettivo. Lo scienziato Francis Galton pubblicò quei risultati sulla prestigiosa rivista scientifica “Nature”, concludendone che la saggezza popolare era maggiore di quanto si pensasse.
L’articolo di Galton ha cambiato il modo in cui prendiamo le decisioni. Un secolo più tardi, l’idea condivisa da molti è che, non importa se si debba scegliere una strategia di business o il menu di una cena, quanti più cervelli contribuiscono alla decisione, tanto meglio è.
La saggezza della folla di James Surowiecki
L’idea che la folla sia saggia è stata diffusa in anni recenti (2007) da un famoso libro di James Surowiecki, che si intitola appunto “La saggezza della folla”.
- Surowiecki, James(Autore)
Se leggi attentamente il libro, però, noterai che, sotto la superficie del titolo, Surowiecki avverte i suoi lettori che il gruppo è più saggio dell’individuo solo in condizioni molto specifiche.
La risposta della folla non è attendibile, ad esempio, quando le persone si influenzano a vicenda e iniziano a pensare in maniera simile invece che sviluppare le proprie opinioni indipendentemente, o quando ci sono soggetti che hanno un accesso privilegiato alle informazioni e non condividono tali informazioni.
Tuttavia i lettori di Surowiecki, i media e la maggior parte del mondo, sono rimasti della convinzione che, in linea di principio, due cervelli sono meglio di uno e mille cervelli sono ancora meglio. La verità, però, non è così semplice. Il gruppo può essere saggio, ma può anche comportarsi stupidamente.
La saggezza della folla nello stimare il peso del bue
Perché la folla di Plymouth nel suo insieme è stata in grado di stimare il peso del bue meglio di un tipico individuo da solo? La risposta ha ben poco a che vedere con la “saggezza”.
Se si fa la media delle misure, gli errori possono compensarsi a vicenda, dando un valore migliore. Immagina la folla di Plymouth. Ogni persona calcola un valore del peso del bue, e ciascuna commette un determinato errore, che dipende dal suo punto di vista, dalla sua esperienza, dalla bontà della sua vista e così via.
Le stime del peso del bue date dalle persone sono imprecise. La cosa fondamentale, però, è che finiscono per distribuirsi naturalmente intorno al peso reale dell’animale: “racchiudono” la verità.
Quando succede, gli errori in eccesso e in difetto si annullano a vicenda, perciò l’ipotesi media di un gruppo finisce per essere vicina al valore vero. Non si tratta di magia, né di saggezza, ma di matematica.
Quando la folla non è attendibile
Il principio di saggezza della folla vale solo quando vengono rispettati 4 criteri:
- 1. La diversità di opinione (ogni persona deve avere un’opinione differente)
- 2. L’indipendenza (le opinioni delle persone non devono venire influenzate da quelle altrui)
- 3. La decentralizzazione (nessuno deve essere in grado di pilotarla dall’alto)
- 4. L’aggregazione (le opinioni devono poter essere aggregate in modo da ottenere un risultato finale).
Quando vengono rispettati i 4 criteri?
Attualmente, con tutte le connessioni digitali in cui siamo incastrati, credo sia quasi impossibile soddisfare tutti i criteri, ma è solo una mia opinione personale 🙂
La risposta della folla non è attendibile quando le persone si influenzano a vicenda e iniziano a pensare in maniera simile anziché sviluppare le proprie opinioni indipendentemente, o quando ci sono soggetti che hanno un accesso privilegiato alle informazioni e non condividono tali informazioni.
Inoltre dobbiamo tenere in considerazione degli “errori” nei processi decisionali che determinano “persone non sagge in folle non attendibili”.
- Sharot, Tali(Autore)
DA La scienza della persuasione:
#1. Il primo fenomeno è la tendenza del nostro cervello a produrre inconsapevoli distorsioni. Dai pregiudizi cognitivi agli errori nei processi decisionali e nelle previsioni, nel corso dell’evoluzione il cervello umano è diventato sempre più grande, ma ha conservato un’infinità di distorsioni.
Ho parlato delle principali distorsioni del nostro cervello nell’articolo: 7 Bias cognitivi su cui fa leva il Neuromarketing
#2. Il secondo fenomeno è l’inclinazione umana all’apprendimento sociale. Se per natura cerchiamo negli altri informazioni e indizi su ciò che è vero e, come tutti gli esseri umani, gli individui che consultiamo sono portatori di distorsioni ereditarie, è inevitabile che le falsità a volte crescano quando gli individui si uniscono, creando bolle che si espandono e alla fine scoppiano.
Queste distorsioni che si amplificano a valanga anche nei mercati finanziari o le reti online. False convinzioni possono svilupparsi ed espandersi anche fra amici e familiari (falsi ricordi condivisi per anni da fratelli), partner commerciali (aspettative ottimistiche che arrivano alle stelle quando si incontrano due entusiasti) e gruppi culturali (l’idea che il nostro gruppo sia intrinsecamente superiore).
Euristica dell’eguaglianza
I nostri limiti cognitivi si prestano naturalmente a manipolazioni. Possono essere sfruttati per condizionare i nostri comportamenti, orientando per esempio le nostre scelte politiche o di consumatori.
Anziché dare lo stesso peso all’opinione di tutti, prendi in considerazione le informazioni che possono aiutarti a stabilire chi è l’esperto.
Tutto questo può sembrare molto antipatico, in particolare pensando alla frequenza con la quale siamo esposti alle opinioni delle persone online, persone della maggior parte delle quali non sappiamo nulla, così che non siamo in grado di identificare e separare gli esperti da tutti gli altri.
La neuroscienziata Tali Sharot, dell’University College di Londra, ha effettuato diversi studi dove dimostra che visceralmente siamo portati a seguire la maggioranza. Seguiamo una euristica, un modo semplice di prendere decisioni, che non ci costa fatica: una scorciatoia mentale.
Accade così di giudicare e di prendere decisioni a braccio, secondo intuito, credendo però di avere operato un calcolo, di aver compiuto un autentico ragionamento. Ne ho parlato nell’articolo: Euristica dell’eguaglianza. Perché siamo portati a seguire la maggioranza
Come trovare risposte in una folla non saggia
Ecco alcuni esempi di persone che hanno trovato riposte in una folla non saggia.
George Martin (The Beatles)
Brian Epstein (il primo manager dei Beatles) incontrò grosse difficoltà nei suoi tentativi di trovare un contratto discografico per i Beatles. Tutte le etichette che contattò rifiutarono il gruppo, senza neppure offrirgli la possibilità di una audizione. La Decca offrì un’audizione ma poi preferì un’altra band.
Fu solo per un caso che George Martin, dal 1955 manager della Parlophone (una società minore sotto la guida della EMI, riservata prevalentemente all’incisione di dischi umoristici) mise i Beatles sotto contratto.
George Martin sapeva che tutti i produttori delle altre sotto-etichette della Emi non avevano preso in considerazione i Beatles e per dirla tutta, nemmeno lui era proprio entusiasta della musica della band.
Quando chiese alla band se c’era qualcosa che non li convinceva, George Harrison rispose: “La tua cravatta, per esempio”. Dopo quella battuta, la leggenda vuole che Martin si convinse a firmare il contratto. Martin fu conquistato dall’ironia dei ragazzi di Liverpool.
Barry Cunningham (Harry Potter)
Harry Potter e la pietra filosofale è stato rifiutato da 12 editori di altrettante case editrici, fino a che, un anno dopo essere stato inviato per la prima volta, Barry Cunningham alla Bloomsbury Publishing ha offerto a J.K. Rowling un anticipo di 1500 sterline per il suo manoscritto.
La differenza, nel caso di Cunningham, è stata che, nel prendere la sua decisione, ha ricevuto un consiglio prezioso da una lettrice appassionata, Alice Netwon, la figlia del presidente della Bloomsbury, Nigel Netwon, la quale allora aveva 8 anni.
Newton ha dato alla figlia Alice il primo capitolo del manoscritto di Harry Potter da leggere e lei è stata subito conquistata dalla storia, ha divorato le pagine e ne ha richieste altre. Newton ricorda che un’ora più tardi era scesa dalla sua stanza dicendo: “Papà, questo è molto meglio di tutti gli altri”.
Con quel giudizio, Alice ha suggellato il destino di J.K Rowling, trasformandola da una madre single in difficoltà a una miliardaria che ha condiviso le sue storie con milioni di ragazzi in tutto il pianeta.
Quando ha deciso di pubblicare Harry Potter, Cunningham sapeva che molti editori avevano già rifiutato il manoscritto, ma ha dato più peso all’opinione di una bambina che a quella di decine di editori competenti. Come poi si è visto, ha preso la decisione giusta. Gli altri editori hanno dovuto mangiarsi le mani.
In definitiva la folla non possiede la saggezza e non è raro che la saggezza sia posseduta da una minoranza. Contare molti punti di vista e farne la media può portare a soluzioni sbagliate.
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