Di fronte alla rivoluzione intellettuale di Sigmund Freud, è particolarmente rischioso individuare come centrale un’unica idea o un unico tema.
Howard Gardner, psicologo americano e docente alla Harvard University, considerato il principale rappresentante della teoria delle intelligenze multiple sostiene la tesi che nella concezione di Sigmund Freud è possibile identificare una figura o un tema focale, attorno a cui si organizzano tutte le altre idee centrali che la costituiscono.
Questa idea focale secondo Gardner è la Repressione (o Meccanismo di difesa), ossia il processo mediante il quale certe conoscenze potenzialmente sconvolgenti vengono eliminate dalla coscienza.
La centralità dell’idea di repressione è stata confermata dallo stesso Freud quando ha affermato che “la dottrina della repressione è la pietra angolare su cui poggia l’intero edificio della psicoanalisi”.
Considerare il tema della repressione vuol dire, secondo Gardner, penetrare nel cuore della visione freudiana del mondo.
“Per comprenderla, occorre ammettere che esiste una molteplicità di idee che urgono per entrare nella coscienza, un meccanismo di censura che qualifica alcune di esse come eccessivamente disturbanti per essere ammesse alla coscienza e perciò le consegna a un’esistenza purgatoriale nella sfera dell’inconscio, e infine un processo di conversione mediante il quale la carica emotiva che accompagna l’idea disturbante può venir convertita in un qualche tipo di sintomo, vuoi innocuo, come un lapsus verbale, vuoi sconvolgente, come una crisi isterica […]
L’idea disturbante può raggiungere la sfera del preconscio e, alla fine, quella della coscienza, solo se può in qualche modo venir modificata. Se la repressione è l’idea centrale della visione freudiana, il sogno rappresenta la via privilegiata alla comprensione dei processi di repressione e a tutta la vita psichica restante. Freud era convinto che la più importante scoperta della sua vita fosse quella del potere dei sogni”.
Man mano che le sue grandi scoperte prendevano forma, Sigmund Freud lavorò in quattro settori blandamente legati tra loro. Ognuno di essi ha dato luogo ad articoli e contributi diversi, ma tutti compaiono insieme, con esiti brillanti e incisivi, ne L’interpretazione dei sogni (1899-1900).
Le nevrosi
Negli anni che seguirono il suo ritorno dalla clinica di Charcot, Freud concentrò i propri sforzi sullo studio delle varie nevrosi (isteria, ossessione, paranoia ) e sul progetto di chiarirne i meccanismi. Convinto assertore dell’utilità di un approccio tassonomico, egli ha individuato una successione di schemi organizzativi.
In un primo tempo ha distinto i meccanismi di trasformazione dell’affetto propri dell’isteria di conversione, quelli di spostamento dell’affetto propri delle ossessioni, e quelli di sostituzione propri della melanconia.
Successivamente ha diviso le nevrosi in due famiglie fondamentali (rimozione e angoscia), in cinque categorie diverse nonché in nevrosi “reali” e “psicologiche”.
Le nevrosi chiamano in causa diversi meccanismi di difesa, ossia diversi meccanismi psichici che hanno la funzione di affrontare contenuti sconvolgenti ed emotivamente carichi. La repressione è il principale meccanismo di difesa; ma ce ne sono anche molti altri che vanno dalla sublimazione alla formazione reattiva, fino a proiezione, spostamento e inibizione.
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È compito dello studioso dei fenomeni clinici osservare il funzionamento di questi vari meccanismi di difesa e poi aiutare il paziente a eliminare le proprie difese, in modo che l’evento scatenante originario possa essere riconosciuto e il meccanismo di difesa dissolto.
Per Freud, portare a termine queste descrizioni cliniche e questi studi individuali, identificando l’eziologia, elaborando delle classificazioni tassonomiche e cercando una terapia voleva dire riprodurre il modello di lavoro messo a punto da Brücke nel suo laboratorio di neuroanatomia e da Charcot nella clinica della Salpêtrière.
Nel campo disciplinare in cui egli lavorava, queste procedure erano relativamente scontate; ed erano anche le più adatte a costituire materia di relazioni da presentare ai convegni o di articoli da pubblicare sulle riviste mediche.
Poiché, però, Sigmund Freud si convinse sempre più dell’eziologia sessuale delle varie nevrosi e incominciò a descriverne i meccanismi in termini di rimozione psichica e di processi inconsci, anche questo lavoro relativamente tradizionale finì per risultare del tutto estraneo agli interessi e alle ricerche dei suoi colleghi.
Psicologia per neurologi (Progetto di una psicologia)
Nel 1895 Sigmund Freud si imbarcò in quella che avrebbe potuto essere la più peculiare avventura scientifica della sua vita: una lunga monografia, rimasta incompleta e inedita, che intitolò Psicologia per neurologi, ma che fu poi ribattezzata Progetto di una psicologia o, più brevemente, Progetto.
In questa monografia Freud tentò di costruire una prospettiva interamente neurologica capace di fungere da fondamento dei meccanismi psichici che veniva scoprendo. Il Progetto diventò l’ossessione di Freud.
L’idea era quella di sostituire ai vari schemi frammentari elaborati fino a quel momento una cornice comprensiva capace di spiegare tutte le nevrosi; sennonché, per farlo, egli si convinse di dover costruire un’intera psicologia che comprendesse fenomeni normali e anormali, consci e inconsci.
L’obiettivo, come afferma in termini meccanicistici, “è di dare una psicologia che sia una scienza naturale, ossia di rappresentare i processi psichici come stati quantitativamente determinati, di particelle materiali identificabili, al fine di renderli chiari e incontestabili”.
La lettura del “Progetto di una psicologia” è un compito decisamente impegnativo. Affrontarla vuol dire cogliere Freud alle prese con il problema di comprendere i fenomeni normali, per esempio attenzione e memoria, non meno che i meccanismi inconsci che aveva scoperto nel corso del suo lavoro clinico.
A volte dà sfogo alla propria disperazione di fronte all’enormità del compito, alla pochezza dei mezzi a disposizione e all’apparente contraddittorietà del progetto di mettere a nudo ciò che i censori psichici hanno sottratto all’introspezione o alla coscienza.
Secondo Gardner serve a ben poco riassumere il Progetto: in definitiva, una parte significativa, forse la parte principale, della componente più ambiziosa del programma, infatti, è stata intenzionalmente abbandonata.
Freud ha messo a punto tutto un dizionario tecnico per la descrizione dell’apparato mentale. La prospettiva che ne emerge è quella di un sistema fisiologico chiuso dotato di una quantità fissa di energia. E tutti i meccanismi psichici vi vengono descritti in termini di legami neurologici e di conversioni di stati di energia.
Tuttavia in essa c’è ben poco che ci consenta di prevedere le procedure che di fatto la psicoanalisi avrebbe elaborato; e altrettanto scarse sono le indicazioni circa i fondamenti sessuali delle nevrosi. Solo i cenni sparsi qua e là ai sogni e alla coscienza sembrano alludere alle scoperte più drammaticamente innovative di Freud in campo clinico.
“Progetto di una psicologia” fu scritto in larga misura per un solo lettore, sostiene Gardner, lo stesso Sigmund Freud.
“A volte, quando le grandi personalità creative sono sul punto di fare una scoperta importante, avvertono il bisogno di mettere alla prova il loro nuovo linguaggio all’interno di un campione di persone di fiducia – magari semplicemente per dimostrare non solo di non essere totalmente pazzi, ma anche di essere giunti a qualcosa di nuovo e di importante. […]
Questo desiderio di comunicare ha componenti sia cognitive che affettive, tant’è che queste personalità chiedono insieme un conforto di competenza disciplinare e di incondizionato sostegno emotivo”.
Se la psicologia fosse stata la fisica, se Sigmund Freud fosse stato Newton (o Einstein), secondo Gardner “Progetto di una psicologia” avrebbe finito per confluire nel più importante trattato di Freud e in tal modo avrebbe dato origine al nuovo campo disciplinare della neurologia psicologica o della psicologia neurologica.
Al contrario, questa monografia finì per diventare un punto di svolta in senso negativo: Freud dimostrò in modo che il problema a cui stava lavorando non poteva venir risolto con il linguaggio e i metodi della neurologia scientifica.
Se voleva continuare a lavorare su questo terreno, doveva procedere con i metodi di uno psicologo che inventa le proprie forme e il proprio linguaggio; un linguaggio meno tecnico, più vicino al senso comune e quasi completamente sganciato da ormeggi neurologici.
Sogni e autoanalisi
Freud maturò l’idea che la via alla comprensione della mente andasse cercata nell’analisi dei sogni. A questa intuizione era giunto nell’estate del 1895, ossia in un periodo di grande fioritura creativa, quando, come disse Breuer a Fliess, “la mente di Sigmund Freud sta volando a grandi altezze. Io guardo a lui come la gallina al falco”.
Nei mesi successivi Freud maturò l’idea che nelle persone normali i sogni riflettono molti dei processi e dei meccanismi che egli (insieme a Breuer) era venuto osservando, come da dietro un vetro opaco, nei pazienti nevrotici e isterici. Anche qui si potevano identificare un meccanismo di censura, vari tipi di travestimenti, divieti che cercavano di esprimersi e molto contenuto sessuale latente.
Nel 1897 Sigmund Freud si era imbarcato risolutamente in quello che sarebbe stato il suo più solitario e importante sforzo esplorativo, la sua autoanalisi. Prendendo come punto di partenza i propri sogni notturni, diede libero corso alle associazioni coscienti e nello stesso tempo si accinse a esaminare nel modo più spassionato possibile le varie idee che ne emersero.
Un linguaggio impenetrabile era stato decifrato in modo soddisfacente. Freud si convinse che tutti i sogni contengono un desiderio o una fantasia. Il sogno è la realizzazione mascherata di un desiderio rimosso: un mezzo psichico per dar corso a un qualche tipo di determinazione, interesse o desiderio precedente.
A volte, come nel caso dei bambini, il desiderio è manifesto e privo di maschere: potrebbe avere per oggetto un dolce o il trionfo su una persona che ci ha fatto un torto; a volte, come per lo più nel caso degli adulti, è decisamente più complesso e ampiamente camuffato.
In genere il sogno è innescato da un pensiero proveniente dalla vita diurna del giorno precedente, spesso da un pensiero che il sognatore non ha avuto l’opportunità di esplorare. Per accedere a esso, è necessario analizzare il “contenuto manifesto” (o la superficie) del sogno e svelarne il “contenuto latente” (o sotterraneo).
Per decifrare il testo del contenuto manifesto, occorre tutto un lessico di simboli – lessico che, però, non può venir applicato in assenza delle informazioni contestuali del caso. Delle difese che hanno plasmato il sogno fanno parte la condensazione, lo spostamento e vari mezzi di rappresentazione – tutte cose che, se si vuole chiarire correttamente i significati del sogno, vanno pazientemente dipanate.
Se i casi studiati da Charcot avevano affascinato Freud, i suoi sogni lo affascinarono ancora di più. Ogni sogno era un rompicapo a sé stante e Freud, non dimentichiamolo, era un uomo che amava i rompicapi.
Dipanare un sogno voleva dire comprenderlo e tale comprensione portava con sé il vantaggio aggiuntivo di rivelare qualcosa non solo sul sognatore, ma anche sulla natura umana nelle sue universali manifestazioni inconsce.
Freud lavorò intensamente per far sì che le varie associazioni giungessero alla coscienza e cercò incessantemente di individuare una coerenza nel guazzabuglio all’apparenza insignificante del sogno.
L’analisi dei sogni ha costretto Sigmund Freud ad affrontare molti tratti poco piacevoli della sua persona (vanità, gelosia e, di quando in quando, crudeltà), i suoi sentimenti ambivalenti (in particolare nei confronti del padre scomparso di recente), e i suoi desideri sessuali (anche se di questi solo raramente parla in modo esplicito ne L’interpretazione dei sogni).
Si potrebbe perfino pensare che Freud desiderasse affrontare i dolori dell’autoanalisi solo perché era profondamente turbato; che volesse anche per sé quella “pulizia interiore” o quella “cura della parola” che altri avevano ottenuto da tempo dalla confessione cattolica e che lui, a sua volta, offriva ai pazienti della psicoanalisi.
Come aveva dichiarato in una lettera a Fliess, “per me il paziente più importante ero io stesso”.
La scoperta su cui si è scritto di più, e forse la più importante, è la centralità del complesso edipico. Freud aveva scoperto in se stesso sentimenti profondi e profondamente ambivalenti nei confronti dei propri genitori, sentimenti che risalivano alla prima infanzia.
“Il maschietto prova attrazione, amore e desiderio per la madre, ed emozioni opposte di gelosia, paura e perfino odio per il padre. Questo amalgama di sentimenti si tradurrebbe nel desiderio inconscio di sposare la madre e uccidere il padre. Anche se si trattava di istanze che Freud in un primo tempo aveva colto solo nella propria psiche, ben presto, facendo leva sulle sue sterminate conoscenze letterarie e sull’analisi minuziosa dei suoi pazienti, aveva concluso che questi sentimenti erano radicati nella sensibilità umana[…]
Propose quindi di fare di questo complesso il fondamento di due grandi vicende letterarie: del mito greco di Edipo e della storia medievale di Amleto. Alla base di molte nevrosi adulte, secondo lui, ci sono sentimenti edipici irrisolti; e temi edipici (o, nelle donne, temi legati al corrispondente complesso di Elettra) ricorrono nella vita mentale inconscia di tutti gli individui”.
L’analisi dei sogni confermava che nell’inconscio di tutti gli individui sono presenti temi sessuali e che i meccanismi di difesa sono stati elaborati principalmente per affrontare temi sessuali sconvolgenti o imbarazzanti.
Dalla metà degli anni novanta in poi egli aveva attribuito i disordini psichici dei suoi pazienti adulti a episodi di abuso o di sfruttamento sessuale risalenti all’infanzia. Ma in una lettera inviata a Fliess nel 1897, Freud ammise di essersi sbagliato. In molti casi, chiaramente non c’era stata nessuna precoce molestia sessuale da parte di genitori o di altri adulti; gli episodi di seduzione erano un prodotto della mente credula del bambino.
Nell’inversione di rotta operata da Freud su questo tema molti commentatori hanno visto una svolta cruciale che poneva rimedio a quello che, con ogni probabilità, era stato un gigantesco abbaglio.
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Bibliografia:
Tratto (con modifiche e integrazioni) dal libro: “Intelligenze creative” di Howard Gardner