Le pietre angolari che definiscono la negatività nella nostra vita, secondo Philip Zimbardo, sono lo stress, l’ansia e la depressione.
Durante la nostra esistenza sperimentiamo vari gradi di stress, di ansia e perfino alcune condizioni depressive. Sono queste le pietre angolari che definiscono la negatività nella nostra vita, sostiene Philip Zimbardo celebre psicologo ed emerito professore alla Stanford University.
Fin dalla più tenera età, accade qualcosa che determina la nostra originaria esperienza stressante. Per esempio, le “prime volte”: il primo giorno di scuola materna, la prima visita dal dentista, la prima vaccinazione. E che dire del primo discorso in pubblico, del primo appuntamento, della prima esperienza sessuale?
- Zimbardo, Philip (Autore)
Se poi ci spostiamo ancora più indietro nel tempo, forse la nostra originaria condizione stressante era un bambino che piangeva per ricevere cibo o coccole. Impariamo dai genitori, dagli amici e da noi stessi come affrontare le situazioni stressanti, con modalità a volte sane altre volte meno.
Con il tempo, se siamo fortunati, diventiamo tolleranti allo stress ma, se non lo siamo, possiamo sviluppare un’ansia cronica oppure la depressione.
Le pietre angolari della negatività. Stress, ansia e depressione
Per capire meglio noi stessi, in quanto esseri umani, diamo un’“occhiata” a Vivere e amare il libro scritto da Philip Zimbardo e Rosemary Sword che illustra come lo stress, l’ansia e la depressione si siano diffusi, aumentando, nel corso dei millenni.
Stress. Il padre dei nostri disturbi
Nell’antichità i nostri antenati vivevano, dal giorno della loro nascita fino a quello della loro morte, in un profondo stato di tensione causato dalla paura.
In ogni momento potevano finire sbranati da una tigre dai denti a sciabola, calpestati da un mammut lanoso, essere infilzati dalla lancia di un altro membro della tribù, oppure congelati in una tempesta di ghiaccio.
La vita era caratterizzata da un continuo stato di attacco o fuga, che a sua volta generava una perenne agitazione, alimentata da secrezioni di adrenalina.
Allo stesso tempo, imparare ad adattarsi allo stress associato agli ambienti pericolosi ha spinto i nostri antenati a innovare ogni aspetto della loro vita.
L’uso di pelli di animali e di fibre vegetali per ripararsi e vestirsi. L’invenzione dell’allevamento, gli strumenti e le tecniche di pesca, la costruzione di armi per procurarsi il cibo, proteggersi dai predatori, difendersi dai membri delle altre tribù. La coltivazione di vegetali per produrre cibo nei terreni più vicini.
Sono questi i progressi evolutivi che, in seguito, hanno portato allo sviluppo della civiltà. Sfortunatamente, afferma Zimbardo, di pari passo con l’evoluzione umana, anche lo stress si è adattato e si è “riprodotto”.
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Mano a mano che gli uomini e le culture si evolvevano, la popolazione aumenta, diffondendosi attraverso i continenti, e il nostro modo di vivere diveniva sempre più complesso.
Le regole tribali condivise si trasformarono in leggi. La nostra auto-consapevolezza si sviluppò fino al punto di chiederci cosa accade all’anima dopo la morte. La spiritualità, la morale e l’etica generarono quelle riflessioni speculative che poi si tramutarono in credenze, dando così origine ai vari culti religiosi.
Nell’approfondire ulteriormente la conoscenza dell’ambiente circostante e delle pratiche già adottate dagli uomini, le differenti mansioni divennero sempre più specialistiche e alcuni individui assursero al ruolo di esperti in ambiti specifici.
- Servan-Schreiber, David (Autore)
Furono ideati muri di pietra e recinti di legno per suddividere la terra, nonché tracciati confini invisibili per separare popolazioni limitrofe. Il nostro desiderio per ciò che gli altri possedevano (terre migliori, animali più grassi, o più veloci per favorire gli spostamenti) e il nostro bisogno di proteggere e difendere ciò di cui disponevamo richiedevano una “dimostrazione di forza”.
Alcuni lottatori si trasformarono in legioni di guerrieri, organizzate poi in eserciti, a loro volta controllati da una catena di comando che faceva capo ai governanti, coloro che si occupavano di controllare e sorvegliare i possedimenti terrieri e che, tra l’altro, diventavano sempre più ricchi e potenti.
Questa incredibile crescita ed espansione ha creato condizioni di vita e problemi molto complessi, i quali hanno determinato nuove e diverse forme di stress di livello superiore.
Gli insegnamenti di Ippocrate
Per 2500 anni, i medici occidentali seguirono gli insegnamenti di Ippocrate di Cos, il padre della medicina occidentale, colui che è considerato uno dei più grandi pensatori di tutti i tempi.
Ippocrate fondò una sua scuola di medicina e viene ricordato non solo per aver concepito l’arte medica come una professione, ma anche per aver formulato quel giuramento che porta il suo nome e che viene recitato dai medici che devono promettere solennemente il loro agire nel rispetto dell’etica e dell’onestà.
Ippocrate riteneva che la tristezza (depressione) e la paura (ansia) fossero caratteristiche della “melanconia”, una condizione che si distingue per un turbamento profondo e la presenza di sentimenti cupi.
L’ansia, per dirla in parole povere, è un’intensa paura o preoccupazione che qualcosa di negativo accadrà nel futuro; questa connotazione temporale può essere molto estesa. Può riferirsi ai prossimi secondi o minuti, oppure dispiegarsi in maniera più ampia lungo il percorso esistenziale di un essere umano.
La paura si differenzia dall’ansia per una caratteristica fondamentale. Noi abbiamo paura di qualcosa che può realisticamente provocarci dolore, danno o, addirittura, la morte; come è accaduto, per esempio, agli abitanti di New York dopo l’attacco terroristico dell’11 settembre 2001.
Tuttavia, se le stesse manifestazioni psicologiche e fisiologiche fossero esperite da qualcuno che vive molto lontano da New York, magari nella remota isola hawaiana di Maui, andrebbero definite ansia: ovvero, una paura irrealistica.
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Depressione. La Figliastra dello stress
Fino a non molto tempo fa, gli esseri umani dovevano “incolpare” una forza esterna per quasi tutto ciò che percepivano come negatività, compresi gli stati emotivi o le condizioni mentali oppure le malattie. Fin dal 1600, si pensava che i “diavoli blu” fossero in grado di sopraffare le persone che, poi, manifestavano la melanconia.
Nel corso degli anni, il termine “blues” è entrato a far parte del comune modo di esprimersi (cultura anglosassone) anche dei membri della comunità medica, una sorta di sinonimo popolare per riferirsi a condizioni caratterizzate da tono dell’umore basso, ovvero alla depressione.
Ma quando i ricercatori hanno osservato con attenzione la depressione, hanno scoperto una moltitudine di forme, che però condividono una caratteristica: ti fanno sentire come se quel diavolo blu fosse seduto sulla tua spalla, per rimproverarti.
In altre parole, ti fanno percepire tutto “basso”: energia, tono dell’umore, desiderio sessuale, tolleranza (quel che prima era tollerabile, non lo è più).
- Zimbardo, Philip (Autore)
Quando ti senti depresso, è molto probabile che sia accaduto qualcosa di brutto, un evento successo in qualsiasi momento della tua vita e a cui stai pensando ora.
Forse ti sei separato recentemente dal tuo amore, o hai perso qualcuno a cui ti sentivi vicino magari perché è morto; oppure hai fatto qualcosa di cui vi sei pentito, o hai subito un torto; o, di nuovo, una persona cara ti ha ferito profondamente. Non puoi smettere di pensare a quel qualcosa che ti è accaduto.
Quindi, per far fronte allo stress e alla depressione, alcuni bevono troppi alcolici o assumono troppi farmaci; altri spendono troppo denaro; mangiano “come se non ci fosse un domani”; oppure smettono quasi completamente di alimentarsi; ci si isola; si evitano persone e situazioni.
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