Paura panico e fobia. I 4 casi clinici descritti in questo articolo sono tratti dal libro Psicosoluzioni di Giorgio Nardone. In questo libro il prof. Giorgio Nardone mostra come una serie difficoltà psicologiche caratterizzate da paura panico e fobia, possano trovare rapidamente rimedio grazie a terapie basate su interventi strategici mirati.
Riconosciuto come uno dei più creativi e al tempo stesso rigorosi studiosi e terapeuti, Giorgio Nardone è considerato l’esponente di maggior spicco tra i ricercatori della Scuola di Palo Alto in virtù dei suoi numerosi e innovativi lavori.
Il suo contributo più prezioso è stato quello di creare protocolli specifici di trattamento per le più invalidanti patologie psicologiche, dimostrando come attraverso essi si potessero curare velocemente ed efficacemente la maggior parte delle patologie psichiche e comportamentali.
- Nardone, Giorgio (Autore)
Questo ha portato a un nuovo Modello evoluto di Terapia Breve e di Problem Solving Strategico, produzione testimoniata dai molti libri pubblicati e tradotti in più lingue.
Paura panico e fobia. 4 Casi clinici trattati con la Terapia Strategica
Di seguito 4 casi clinici di paura panico e fobia, trattati con successo da Giorgio Nardone con l’Approccio Strategico.
#1. La fobia degli specchi
Il paziente aveva paura di essere attratto dagli specchi facendogli battere il naso. La sua vita ne era pesantemente condizionata: era socialmente isolato, dormiva con il pannolone per non andare in bagno, dove era l’unico specchio della casa, girava accompagnato da persone volenterose incaricate di afferrarlo nel caso fosse sul punto di battere con uno specchio.
Il terapeuta gli prescrive una forma a suo dire efficacissima di protezione del naso: un casco da moto. Il paziente esce di casa per comprare il casco, una volta acquistato il casco, si rende conto di aver incontrato molti specchi che non lo hanno attratto. Inizia ad andare in giro con il casco in mano e sperimenta che può fare una vita normale perché non ha mi avuto bisogno di indossarlo, e ha finito per lasciarlo a casa.
In questo caso si è spostata l’attenzione dal tentativo di controllare la paura all’esecuzione di un compito distraente e suggestivamente prescritto. La persona, senza rendersene conto, ha realizzato qualcosa fino ad allora irrealizzabile, ma inequivocabilmente tale esperienza concreta lo conduce ad avere, anche se solo per poco, una nuova percezione della realtà vissuta sino ad allora come irresistibilmente terrorizzante.
Ciò conduce alla inevitabile rottura della rigidità del sistema percettivo-reattivo-fobico e apre la strada alla costruzione di nuove forme alternative di rappresentazione della realtà e di conseguenti nuove modalità comportamentali e cognitive.
#2. La paura di uscire da soli
La paziente ha paura di uscire da sola, teme gli attacchi di panico, perciò è sempre accompagnata dal marito. Alla terza seduta Giorgio Nardone le prescrive di andare a comprare una mela facendo una piroetta ogni 50 passi e di tornare da lui con la mela. La paziente esegue la prescrizione con successo. Poi il prof. Nardone le prescrive di uscire di casa ogni giorno facendo piroette per andare a comprare un regalino per il terapeuta.
Sono migliaia i pazienti agorafobici che si assoggettano alla prescrizione di uscire, facendo una piroetta ogni pochi metri, andare al negozio di frutta vicino allo studio di Giorgio Nardone, e tornare con una mela.
In tal modo si ottiene la prima “esperienza emozionale correttiva” del paziente. Il modo di comunicare il compito deve essere quello tipico di una induzione ipnotica, una realtà suggestiva all’interno del quale sembra che fare piroette sia un magico “rituale scaccia-paura”.
La prescrizione mette il paziente nella condizione di essere distratto da compiti apparentemente assurdi, come fare piroette e comprare la mela, che, per essere espletati, prevedono anche l’esecuzione di quella cosa fino ad allora impossibile perché troppo spaventosa.
Una volta eseguito il tutto, la persona capisce il trucco ma ha anche dimostrato a se stessa di essere in grado di superare realmente le proprie difficoltà.
#3. Senza di te ho il panico
La condizione relazionale ordinaria di chi soffre di paure panico e fobie è quella connotata dalla massiccia richiesta di aiuto, sotto forma di presenza, supporto e rassicurazioni, che il soggetto fobico richiede alle persone a lui più vicine, spesso un familiare.
Questa dinamica diventa un vero e proprio alimentatore del timore e del senso di inadeguatezza personale di chi soffre di paure, perché accompagnando il paziente lo si rende ancora più incapace di cavarsela da solo.
Contro questa situazione si procede, alla fine della prima seduta, ad una ristrutturazione: il terapeuta chiede al paziente di non desistere dal chiedere aiuto, “poiché lei non è in grado di non chiedere aiuto”, ma solo di pensare che ogni volta che chiede aiuto e lo riceve, riceve contemporaneamente due messaggi: a) “ti voglio bene, ti aiuto e proteggo”; b) “ti aiuto perché da solo non puoi farcela, perché sei malato”.
In questo modo si mette, senza chiedere alcun cambiamento da parte del paziente, la paura contro la paura: la paura di un ulteriore aggravamento contro l’attuale sintomatologia. Nella maggioranza dei casi la persona interrompe il suo repertorio comportamentale della richiesta di aiuto.
Non chiedendo più aiuto il soggetto si trova ad affrontare da solo situazioni che prima avrebbe vissuto sotto protezione, scoprendo di poterle gestire. Il procedere di tale meccanismo di scoperte graduali delle capacità conduce la persona ad azzardare sempre più sino, talvolta, al superamento spontaneo di tutte le precedenti paure.
#4. La paura di perdere il controllo
Una signora è soggetta ad attacchi di ipocondria, panico e agorafobia che lei definisce “severissimi”. È una dottoressa che ha sconfitto innumerevoli terapeuti e ha letto tutte le opere di Giorgio Nardone e lo sfida dicendo che non farà mai cose stupide che prescrive, come le piroette.
Il prof. Nardone le prescrive la resistenza, perché più lo boicotta più aiuta il terapeuta ad aiutarla. Dopo 5 sedute alla signora viene prescritto di prepararsi per un viaggio in treno da sola (idea inconcepibile!) fino allo studio del prof. Nardone, ad Arezzo e di telefonargli prima di uscire.
Giorgio Nardone al telefono le prescrive di scendere in strada con le mani serrate e di pigiare i pollici in modo doloroso ogni volta che sente una fitta di panico, di pagare il taxi con le mani sempre allacciate, di salire sul treno, slacciarle e dedicarsi a infilare dei fagioli in una bottiglia di grappa vuota a collo lungo. Giunta ad Arezzo, riporre la bottiglia, incrociare le mani, chiamare un taxi e farsi portare allo studio del terapeuta.
Con sua stessa sorpresa la donna esegue il rituale e riesce ad arrivare allo studio di Giorgio Nardone, anzi, dichiara che “per il tragitto finale in taxi non ha più bisogno di serrare le dita”. Successivamente il terapeuta le prescrive una serie di viaggi in tutta Italia e nell’arco di pochissimo tempo la paziente diviene in grado di uscire di casa da sola.
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