Last Updated on 26 Settembre 2022 by Samuele Corona
10 Casi più affascinanti e sorprendenti della psicologia, sebbene rappresentino situazioni “uniche”, raccontano qualcosa di universale sulla condizione umana e forniscono un importante contributo alla comprensione delle neuroscienze.
Hai mai sentito parlare dell’uomo che visse con un buco nella testa? O del ragazzo cresciuto dai suoi genitori come se fosse una ragazza? Della donna dalle molteplici personalità o del vero Rain man?
I casi descritti sono “unici” perché il loro comportamento talvolta “anormale” e bizzarro può essere in piccola parte osservabile anche nel comportamento “normale”, proprio perché stiamo parlando di esseri umani e non di alieni, che potrebbero essere affascinanti, ma in definitiva, così diversi da noi.
10 Casi più affascinanti e sorprendenti della Psicologia
Se desideri approfondire la conoscenza su questi 10 casi più affascinanti della psicologia e altri casi ancora, o apprendere qualcosa di nuovo sul comportamento umano, ti raccomando la lettura del testo “Casi Classici della psicologia”. scritto dal professore di psicologia Geoff Rolls.
- Rolls, Geoff(Autore)
Il volume di Rolls oltre a descrivere nei minimi dettagli numerosi casi sorprendenti della psicologia, delinea l’impatto che i casi descritti hanno avuto nella evoluzione della scienza psicologica. Il testo è corredato da un glossario di termini psicologici in modo da rendere i contenuti accessibili a tutti.
10 Casi più affascinanti e sorprendenti della psicologia sono uno strumento importante per chiunque voglia conoscere e approfondire il percorso di evoluzione scientifica delle neuroscienze.
Più simili a racconti che a resoconti scientifici, lo studio dei casi singoli si focalizza sui dettagli che rendono gli esseri umani così affascinanti e così complessi. Raccontano una “storia” che non è solo intrinsecamente interessante, enigmatica e talvolta sorprendente, ma che è anche istruttiva per tutti noi.
#1. Solomon Shereshevsky. L’uomo che non poteva dimenticare
Un giorno del 1905, un reporter moscovita diciannovenne, Solomon Shereshevsky, arrivò come suo solito al lavoro e come sempre aspettò l’incontro quotidiano con il redattore per l’assegnazione degli incarichi giornalieri.
Diversamente dai suoi colleghi, Solomon non prese nessun appunto durante l’incontro, nonostante venissero forniti numerosi nomi e indirizzi.
Il redattore che aveva già notato con sorpresa questo modo di fare decise di metterlo alla prova chiedendogli i dettagli che aveva dato durante l’incontro.
Solomon fu in grado di ripetere tutto quello che era stato detto, parola per parola. Ritenendolo un caso interessante, il redattore spedì Solomon all’Università locale per testare ulteriormente la sua abilità di memoria.
Fu qui che Solomon conobbe Alexander Romanovich Lurija, un professore russo che trascorse i successivi 30 anni a studiare la più straordinaria memoria mai esaminata prima.
Lurija realizzò che non vi era un modo per misurare la memoria di Solomon, poiché ché sembrava essere illimitata, quindi un’analisi quantitativa era impossibile e decise di concentrarsi sulla descrizione qualitativa della memoria del reporter.
Dopo anni di indagini, si scoprì che la prodigiosa memoria dell’uomo era basata sulla “sinestesia”, fenomeno in cui l’esperienza di un senso, ad esempio la vista, ne stimola un altro, il gusto per esempio
La vita di Solomon era un paradosso: la sua più grande abilità era anche il suo più grande handicap. La sua memoria sorprendente lo rendeva incapace di dimenticare, apparendo agli altri lento e smemorato.
Quando fu chiaro a Solomon che le persone potevano essere interessate alla sua memoria, lasciò il lavoro presso il giornale e divenne mnemonista professionista, eseguendo le sue imprese di memoria sul palcoscenico.
La sua memoria gli creava difficoltà pratiche nella vita quotidiana, trascorrendo diverse ore al giorno perso nella sua notevole memoria. Nonostante il successo sulle scene come “memory man”, svolse molti altri lavori, tra cui anche quello di tassista a Mosca. Solomon Shereshevsky morì nel 1958.
Ne ho parlato nel post: Memory Man. l’uomo che non poteva dimenticare
#2. Henry Molaison. L’uomo che viveva nel presente
Un giorno d’estate del 1953, il neurochirurgo William Scoville provò una nuova tecnica sperimentale per curare una forma particolarmente debilitante di epilessia farmaco-resistente in un suo paziente.
Mentre il paziente era ancora sveglio, usando un trapano manuale, praticò un foro nella sua testa e aspirò una parte del suo cervello mediante una cannuccia d’argento.
Nello specifico, Scoville rimosse gran parte dell’ippocampo (un piccolo organo a forma di cavalluccio marino), dell’amigdala e delle cortecce perinali ed entorinali.
Alcune funzioni di queste aree non sono ancora del tutto note: l’amigdala, per esempio, sembra giocare care un ruolo nell’organizzare le informazioni sensoriali e cognitive allo scopo di interpretare il significato emozionale di un evento o del pensiero.
Circa la funzione ne svolta dall’ippocampo è oggi chiaro, proprio grazie al caso di Henry Molaison (H.M.), che svolga un ruolo consistente nell’apprendimento.
Infatti, in un momento, H.M. aveva perso la sua capacità di codificare nuove memorie, restando bloccato tra passato e presente te senza nessun futuro da aspettare.
Il giorno successivo all’intervento, H.M. soffrì di un’altra crisi epilettica di tipo “grand mal”, insinuando un immediato dubbio sull’esito positivo dell’intervento, ma nella realtà dei fatti le crisi epilettiche di H.M. divennero meno frequenti fino a ridursi ad una crisi maggiore ogni pochi mesi. Un po’ fortuitamente, l’ipotesi di Scoville sulla natura della trasmissione della crisi epilettica nel cervello era parzialmente corretta.
Sfortunatamente, egli non aveva però previsto l’effetto collaterale permanente che ebbe l’intervento sulla vita di H.M.: l’intervento rese incapace H.M., da allora fino alla sua morte, avvenuta nel 2008, di aggiornare le sue memorie. Nonostante ciò, Scoville scrisse in cartella, al momento delle dimissioni di H.M.: “Condizione migliorata”!
#3. Sidney Bradford. L’uomo che fu deluso da quel che vide
Sidney Bradford
(S.B.) perse la vista a 10 mesi a causa di un particolare problema agli occhi che all’epoca fu dichiarato inoperabile. Molti anni più tardi la scienza era progredita al punto da permettergli il recupero della vista.
E così, all’età di 52 anni, S.B. fu nuovamente in grado di vedere. Riuscì a vedere sua moglie per la prima volta e anche ogni altra cosa. Sarebbe dovuto essere entusiasta per il dono della vista che gli veniva restituito, e invece rapidamente si scoraggiò, entrò in depressione, e nel giro di due anni morì come un uomo spezzato, rimanendo deluso da ciò che aveva visto.
S.B. disse di trovare la vista una grande delusione. Mentre, precedentemente, come uomo cieco, si sentiva ammirato per la sua indipendenza e aveva guadagnato un enorme rispetto per i suoi successi nonostante il suo handicap, adesso realizzava che il dono della vista non gli consentiva di vivere la vita che desiderava.
La vista gli offriva meno possibilità di quelle che aveva immaginato. Infatti, per certi versi, continuava a vivere la vita di un uomo cieco. Alla sera, spesso sedeva al buio e non si curava di accendere le luci.
I vicini e i colleghi di lavoro non lo ammiravano più per i suoi successi, ma lo guardavano come uno “strano”. Alcuni lo prendevano in giro per la sua incapacità a leggere.
S.B. realizzava che le sue imprese come cieco erano state ammirevoli, ma le sue imprese nel mondo dei vedenti lo erano molto meno.
La salute di S.B. continuò a peggiorare. I suoi nervi peggiorarono, le sue mani svilupparono un evidente tremore, smise di lavorare, svenne in un paio di occasioni e fu indirizzato da uno psichiatra.
Con la perdita del suo “handicap” aveva perso il rispetto di sé. S.B. morì il 2 agosto del 1960 meno di due anni dopo il suo intervento.
#4. Kim Peek. Il vero Rain Man
L’ispirazione del film Rain Man viene dalla vera vita di un Savant di nome Kim Peek. Per certi versi Kim Peek è persino più notevole del personaggio interpretato da Dustin Hoffman nel film: è stato definito come un “Google vivente” ed è il savant più famoso al mondo.
La “sindrome del savant” o “sindrome dell’idiot savant” è una condizione rara nella quale persone affette da ritardo mentale, autismo o schizofrenia mostrano abilità eccezionali in alcuni singoli settori, spesso associati alla musica, alle arti o ai numeri. Si tratta di individui con ritardo mentale (spesso autistici) i quali mostrano degli “isolotti di capacità” superiori alla norma.
Kim Peek nasce l’11 novembre del 1951 e presenta subito gravi anomalie del cervello. Aveva la testa più grande del normale di un 30% rispetto agli altri bambini.
Già a due anni impara a leggere da solo e a tre anni i suoi genitori si accorsero che era in grado di ricordare qualsiasi cosa leggeva e poteva ripeterla parola per parola semplicemente menzionandogli il numero di pagina del libro! All’età di sei anni, Kim aveva letto e memorizzato per intero l’enciclopedia che avevano in casa.
Sebbene la reale conoscenza di Kim si espandesse a ritmo formidabile, conosceva a memoria circa 12000 libri, altre aree della vita di Kim non progredivano altrettanto.
Aveva una capacità di lettura e una memoria straordinaria poteva arrivare a leggere otto libri in un giorno ricordando il 98% di quello che aveva letto, però era totalmente incapace nei compiti creativi e nel comprendere metafore e proverbi prendeva tutto alla lettera esattamente come un computer, inoltre aveva una scarsissima coordinazione motoria.
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Il contributo di Kim alla scienza fu quello di aver messo in luce le capacità dei Savant. Sebbene questo disturbo sia la maggior parte delle volte legato all’autismo non sempre è così. Kim era un Savant fuori dal comune, egli aveva ben 15 abilità straordinarie e poteva essere considerato un Super Savant.
Affascinato dalle sue incredibili capacità, Barry Morrow il famoso sceneggiatore di Hollywood, scrive il soggetto di un film ispirato a Kim. Il risultato è Rain Man, con uno straordinario Dustin Hoffman nei panni di un autistico geniale, che vince ben quattro Oscar.
Il film comportò una valanga di richieste di apparizione, ciò ha dato un grande impulso all’autostima di Peek. Da allora Kim Peek ha incontrato migliaia di persone, trasformando la sua condizione di disabile in quella di simbolo dell’integrazione.
Kim Peek ebbe un attacco cardiaco e fu dichiarato morto nell’ospedale della sua città natale Salt Lake City, nello Utah, il 19 dicembre 2009.
Ne ho parlato nel post: Kim Peek. Il vero Rain man
#5. Holly Ramona e le false memorie
Nel settembre del 1989 Holly Ramona, dicianovenne, fece la sua prima seduta con Marche Isabella, una terapeuta nota come esperta nel trattamento psicologico dei disturbi alimentari. Durante questa prima intervista, nel suo colloquio con Stephanie (madre di Holly), Marche Isabella dichiarò che circa nel 70% dei casi di bulimia vi erano alla base molestie sessuali.
Holly iniziò la terapia e durante il trattamento la terapeuta le suggerì che la sua bulimia deriva da un incesto (abuso sessuale del padre) che aveva subito durante la sua infanzia, anche se lei non ricordava nessun abuso sessuale.
Ma poco dopo, per effetto del costante messaggio interpretativo in tale direzione e dei trattamenti farmacologici che diminuivano le capacità di analisi critica aumentandone la suggestionabilità; Holly si convinse che le cose stavano andando proprio in quel modo, riferendo flashback o “ricordi” di suo padre che abusava di lei.
Stephanie, madre di Holly Ramona, divenuta consapevole delle accuse contro suo marito non sapeva cosa fare: non aveva mai visto Gary toccare le figlie in quel modo e sapeva che affrontarlo significava mettere fine al loro sogno di la famiglia “felice”, la casa lussuosa, la vita agiata e mettere fine al matrimonio.
Nonostante non ci fosse alcuna prova valida, Stephanie credeva ad Holly, radunò le altre sue figlie e le informò sulle sconvolgenti rivelazioni. Queste rivelazioni divisero la famiglia, portandola ad un processo che fu molto discusso perché si basava soprattutto sull’importanza dei cosiddetti “ricordi rimossi” o “memorie represse”.
Teoria delle memorie represse
Tutto ciò ebbe inizio sulla base di una teoria psicologica secondo la quale i disturbi psichici e comportamentali di una persona adulta derivano obbligatoriamente da un trauma “represso” dentro l’inconscio, avvenuto durante l’infanzia del soggetto.
Sulla base di tale teoria lo psichiatra, o lo psicologo, devono ricondurre, con i propri strumenti, il soggetto a ricordare il trauma vissuto e rimosso. Tale trauma dissotterrato dal terapeuta concorda sempre e comunque con la sua teoria a priori.
Nella maggioranza dei casi, oggetto di processi penali contro psicologi e psichiatri americani (questo di Holly Ramona fu solo il primo di una lunghissima serie) il “ricordo rimosso” o la “memoria repressa” era più o meno sempre la stessa: aver subito in infanzia abusi sessuali da genitori o parenti.
A Filadelfia, negli USA, è attiva un’organizzazione denominata False Memory Syndrome Foundation (FMSF) che ha assistito e garantito i diritti legali di decine di migliaia di persone sottoposte a particolari trattamenti psichiatrici e psicologici che le hanno condotte non alla guarigione dei loro disturbi, bensì alla reale distruzione delle loro famiglie e dei loro rapporti interpersonali.
Alla fondazione hanno aderito alcuni dei massimi scienziati in materia di memoria tra cui Elizabeth Loftus che ha scritto un libro sulle memorie represse di abusi sessuali infantili: The Myth of Repressed Memory. False Memories and Allegations of Sexual Abuse
Ne ho parlato nel post: Il caso Holly Ramona e le false memorie
#6. Bruce Reimer. Il ragazzo che non fu mai una ragazza
Il 22 agosto del 1965 nella cittadina canadese di Winnipeg, nacquero due gemelli omozigoti, Brian e Bruce Reimer. Il parto andò bene, l’unico neo fu la presenza in entrambi di un piccolo problema all’organo genitale. La madre, quando i gemelli non hanno ancora due anni, li porta all’ospedale cittadino per eseguire l’intervento di circoncisione: un’operazione banale e di routine.
Quel giorno il medico che si occupa di questo genere di interventi non riesce a raggiungere il posto di lavoro e il suo sostituto, durante una maldestra operazione di cauterizzazione, danneggia irrimediabilmente il pene di Bruce.
Poco tempo dopo, preoccupati per la futura vita sessuale del figlio, i coniugi Reimer vedono casualmente in televisione il dottor John Money della John Hopkins University, che proprio nel 1965 aveva fondato la Clinica per l’Identità di Genere per i pazienti con sintomi transessuali.
A seguito della consulenza con il Dott. John Money, convinto che la scelta del genere fosse solo un condizionamento culturale, i genitori si convinsero che la cosa migliore per Bruce fosse crescere come se fosse una ragazza, e lo chiamarono Brenda.
Money passa quindi all’azione. Il 3 luglio 1967 fu Bruce fu operato da un’equipe di chirurghi del Johns Hopkins: vengono prima asportati i testicoli, e poi si procede alla costruzione delle grandi labbra. Successivamente Bruce fu sottoposto a un pesante trattamento ormonale e seguito nel suo sviluppo secondo un programma di “riassegnazione”.
Il dottore ordina quindi a Ron e Janet di vestire Bruce, ormai divenuto Brenda, come una bambina, di trattarla come se fosse una bambina, di parlarle come si parla ad una bambina. L’accordo è che, una volta all’anno, i Reimer gli porteranno i gemelli per la visita di controllo.
Il caso noto con il titolo “Gemelli” fu riportato nelle riviste scientifiche come un caso di assoluto successo e, all’insaputa dello stesso Bruce, divenne uno dei più famosi casi-studio della letteratura scientifica medica e psicologica.
L’esperimento fu un totale fallimento
Nel 1980 i genitori dissero a Bruce-Brenda la verità, gli parlarono del riassegnamento di genere al quale era stato sottoposto. A 14 anni Bruce-Brenda Reimer decise di assumere la sua originaria identità maschile cambiando il suo nome in David.
Dopo aver tentato il suicidio ingerendo un flacone di antidepressivi della madre, David compra una pistola. Entra nello studio del medico che 15 anni prima gli aveva bruciato il pene, ma non lo uccide.
Dal 1981 David (Bruce-Brenda) fu sottoposto a un lungo ciclo di trattamenti chirurgici (doppia mastectomia e due interventi di falloplastica) e ormonali (iniezioni di testosterone) e comincia a uscire con le ragazze.
Nel 1986 sposa una giovane donna già madre di tre figli. Ovviamente, però, il principale oggetto della rabbia di David è il dottor Money. Per questo il giovane, qualche anno dopo, decide di denunciare il drammatico e terribile esperimento cui è stato sottoposto, e raccontare tutta la storia al giornalista John Colapinto. Ne uscì un vivido ritratto, pubblicato sulla rivista “Rolling Stone”.
Colapinto scrisse anche un libro Bruce, Brenda e David. Il ragazzo che fu cresciuto come una ragazza. Il libro, uscito nel 2000, smascherò Money e rivelò al mondo il fallimento del suo metodo.
Nel 2002 David perse il fratello gemello, morto suicida con un’overdose di antidepressivi. Il 2 maggio 2004 la moglie gli annunciò l’intenzione di separarsi. Due giorni dopo David si suicidò con un colpo di fucile. Aveva 38 anni.
Come fa notare il prof. Geoff Rolls: Questo esperimento, clamorosamente e drammaticamente fallito, è la prova più evidente dell’infondatezza della filosofia Gender, che nega l’esistenza naturale di una differenza di genere tra maschi e femmina.
Ne ho parlato nel post: Bruce Reimer. Il ragazzo che non fu mai una ragazza
#7. Il piccolo Albert. l’esperimento più perverso della psicologia comportamentale
L’ esperimento del piccolo Albert, condotto dal fondatore del comportamentismo John B. Watson e la sua assistente Rosalie Rayner, ha dato avvio in psicologia al dibattito sugli stati di ansia e di fobia indotti.
Watson iniziò una serie di esperimenti con Albert, un bimbo di nove mesi scelto da un locale ospedale pediatrico. I test erano congegnati per capire se fosse possibile insegnare a un bambino piccolo ad aver paura di un animale presentandoglielo più volte insieme a un rumore forte e terrificante.
Watson voleva anche verificare se quella paura si sarebbe trasferita ad altri animali od oggetti e per quanto tempo sarebbe durata.
Oggi riterremo i suoi metodi immorali e persino crudeli, ma a quel tempo (1919-20) erano concepiti come uno sviluppo logico e naturale dei precedenti studi sugli animali.
I ricercatori mostrarono ad Albert un topolino bianco dentro un cestino e mentre il bimbo senza nessun cenno di paura allungava la sua mano sinistra verso il topolino e lo toccava, producevano un forte suono inatteso, dietro le spalle del bambino, colpendo con un martello una barra di acciaio. Albert sussultò violentemente e nascose il volto nel materasso.
Dopo poco, Albert provò ancora a toccare il topolino e la procedura venne ripetuta. Albert cadde in avanti e iniziò a piagnucolare.
Una settimana più tardi il topolino fu nuovamente mostrato ad Albert, ma questa volta senza nessun frastuono associato, Albert però non fece nessun tentativo per raggiungerlo e quando lo spostarono più vicino, Albert ritirò immediatamente la sua manina.
Era chiaro che il comportamento di Albert era stato modificato dopo solo due presentazioni e l’effetto era ancora presente dopo una settimana. Diedero quindi ad Albert dei blocchi di costruzioni con cui giocare per esser certi che non fosse stato condizionato ad aver paura anche di altri oggetti che gli venivano dati.
Albert non mostrò alcuna paura delle costruzioni e giocò con esse. Le costruzioni vennero tolte e Watson e Rayner mostrarono ad Albert per cinque volte il topolino associato al rumore, ed Albert si mostrò molto spaventato ad ogni presentazione.
In seguito, quando ad Albert veniva mostrato il topolino anche senza il rumore, il bambino iniziava a piangere, a girarsi bruscamente cercando di gattonare via rapidamente, in modo così repentino che i ricercatori facevano appena in tempo ad afferrarlo prima che cadesse dal tavolo dove era seduto!
Watson e Rayner descrissero questo come “un caso convincente di una risposta di paura completamente condizionata”. La reazione era stata instaurata con solo sette presentazioni congiunte del topolino e del rumore in un lasso di tempo di soli sette giorni. Avevano quindi trovato le risposte ai quesiti di partenza.
Per verificare se la reazione di paura fosse stata trasferita anche verso altri animali, gli venne presentato un coniglio bianco. Albert reagì immediatamente, scostandosi il più possibile e iniziando a piangere e a gridare. Quando il coniglio gli fu avvicinato, gattonò via come aveva già fatto precedentemente alla vista del topo.
Dopo un intervallo di tempo, in cui gli furono nuovamente date le costruzioni per giocare gli fu mostrato un cane. La reazione di Albert venne descritta come meno pronunciata rispetto a quella alla vista del coniglio, ma ancora una volta fu una reazione di pianto.
Vennero registrate le sue reazioni anche verso altri oggetti che includevano una pelliccia di foca, alla vista della quale Albert pianse e gattonò via, e dell’ovatta, alla vista della quale mostrò una reazione di shock più contenuta.
Nell’ottobre del 2009, tre ricercatori scoprirono la sorte del piccolo Albert. Da questa ricerca conclusero che il bambino dovesse essere Douglas Merritte, morto all’età di sei anni, senza tuttavia essere riusciti a sapere se le sue fobie erano durate per tutta la sua vita o se si erano estinte prima.
Come fa notare il prof. Geoff Rolls :” Non ci sono dubbi che lo studio del caso del Piccolo Albert rimanga un “classico” della psicologia, ma la questione, se esso meriti tale posto sulla base delle scoperte sperimentali, resta aperta. Forse merita lo status di “classico” sulla base della sua influenza (meritata o meno) che ha avuto allora e che continua ad avere anche oggi”.
Ne ho parlato nel post: L’esperimento più perverso della psicologia comportamentale
#8. L’uomo che si eccitava alla vista di borse e carrozzine
Questo caso, documentato dal professore Geoff Rolls, riguarda un uomo sposato di 33 anni che aveva sviluppato una perversione sessuale particolarmente insolita: si eccitava sessualmente alla vista di borsette e carrozzine.
Il problema presentato dal paziente consisteva in una bizzarra attrazione sessuale verso borsette e carrozzine. Questo strano comportamento si manifestò per la prima volta all’età di dieci anni in cui provò un impulso irresistibile ad attaccare e danneggiare borsette e carrozzine.
Talvolta questo implicava poco più che un graffio, fatto con l’unghia del pollice lungo il lato di una borsa o di una carrozzina, ma vi furono occasioni in cui le aggressioni ai danni di questi oggetti furono molto più serie.
Una volta inseguì una donna che stava spingendo una carrozzina imbrattandola con dell’olio da motore. In un’altra occasione era arrivato a tagliare e a dar fuoco a due carrozzine vuote trovate alla stazione dei treni. Un’altra volta ancora aveva deliberatamente diretto il suo motorino contro una carrozzina con un bimbo al suo interno, evitandola solo per un soffio all’ultimo momento.
Questa perversione sessuale bizzarra era diventata così marcata che l’uomo fu arrestato in numerose occasioni e venne valutato, in ospedale psichiatrico, per una leucotomia pre-frontale; un’operazione di neurochirurgia che prevede la rescissione chirurgica dei tratti nervosi che ricevono e inviano informazioni ai lobi frontali.
Nella storia della psicochirurgia questo trattamento fu adottato per la prima volta nel 1935 e successivamente venne praticato su pazienti resistenti a qualsiasi altro tipo di trattamento, la cui psicosi era talmente grave da far sì che i cambiamenti prodotti dalla leucotomia fossero il male minore.
Prima di ricorrere a una così drastica e irreversibile procedura il paziente fu sottoposto a una forma rigorosa di terapia avversiva. La terapia avversiva è caratterizzata da una sorta di lavaggio del cervello e richiama quella descritta nel libro di Anthony Burgess Arancia Meccanica e nel successivo film di Stanley Kubrik.
- Regista: Stanley Kubrick
- Alba,Bates,Biel,Coop(Attore)
- Valutazione del Pubblico:X (Solo per adulti)
Nel film Arancia meccanica il protagonista viene sottoposto alla terapia dell’avversione tramite un farmaco emetico mentre viene costretto a vedere immagini di violenza, allo scopo di sopprimere i suoi istinti violenti.
Nel caso del paziente che si eccitava alla vista di borsette e carrozzine, il trattamento di condizionamento avversivo consisteva nell’iniettare l’apomorfina, un farmaco che produce forti episodi di vomito. Le carrozzine o le borsette venivano mostrate immediatamente dopo che il farmaco era stato iniettato, quando si manifestava la nausea. La cosa pareva funzionare, ma solo con costanti richiami.
Nel Regno Unito questa particolare forma di “terapia” è stata utilizzata “ufficialmente” dagli anni ’50 sino agli anni ’80 per “guarire” gli omosessuali. Il metodo del condizionamento avversivo consisteva nel mostrare all’omosessuale delle immagini di uomini nudi, applicandogli uno shock elettrico ogni volta che appariva un’immagine capace di risvegliare il suo desiderio.
Il paziente venne affidato ad un ospedale psichiatrico e ricoverato nel reparto nevrosi, dove gli psichiatri, avendo verificato l’inefficacia della psicoterapia, ne decisero il ricovero permanente in quanto lo ritennero potenzialmente pericoloso. Nonostante ciò, dopo un periodo di tempo venne dimesso, riprendendo dopo poco a danneggiare borsette e carrozzine.
Ne ho parlato nel post: L’uomo che si eccitava alla vista di borsette e carrozzine
#9. Phineas Gage. L’uomo con un buco in testa
Phineas Gage nel 1840 lavorava in una impresa edile alla costruzione di una nuova linea ferroviaria che avrebbe attraversato il Vermont. Sovrintendeva ai lavori di scavo della roccia che bisognava far saltare in aria per spianare il terreno e posare i binari. Un giorno commise un errore cruciale e un metro di barra metallica venne sparata in aria e atterrò a circa 30 metri di distanza.
Sfortunatamente, prima di essere scagliata in aria, attraversò la guancia sinistra di Gage, forando la scatola cranica nella parte frontale per poi fuoriuscirne. Sorprendentemente, Gage sopravvisse, ma in seguito all’incidente la sua personalità ne uscì completamente cambiata.
Divenne questo un caso da manuale nell’ambito delle neuroscienze e senz’altro uno dei più famosi casi studiati in psicologia.
Dopo tre settimane poteva già rialzarsi dal letto e uscire di casa in maniera del tutto autonoma. La sua personalità però aveva subito radicali trasformazioni, al punto che gli amici non lo riconoscevano più. Ciononostante, egli trovò un nuovo lavoro come conducente di diligenze e visse altri 12 anni dopo l’incidente.
Nel suo libro L’errore di Cartesio, il famoso neurologo portoghese Antonio Damasio descrive a lungo il caso di Gage e discute anche altri casi simili di cui ha avuto esperienza diretta. Egli fornisce i dettagli di come i suoi pazienti eseguono test mentali e di come le loro vite siano cambiate profondamente.
Come Gage, questi pazienti erano apparentemente più o meno intellettualmente capaci, ma la loro capacità di “essere” umani era compromessa.
Damasio scrive: Nelle persone con cervelli normali, le decisioni sono soppesate dalle emozioni, e questo consente loro di prendere decisioni velocemente e in base ai loro sentimenti. I pazienti con danni ai lobi prefrontali, hanno perso questa capacità, e agiscono come “robot”.
Ho parlato di Phineas Gage nel post: La scissione mente-corpo. L’errore di Cartesio
#10. Chris Costner Sizemore. La donna dai 3 volti
Chris Costner Sizemore
(1927 – 2016) negli anni ’50 fu diagnosticata con il Disturbo da Personalità Multipla e il suo caso, dietro lo pseudonimo di Eve, fu raccontato dai suoi psichiatri, anche se non fedelmente, nel libro The Three Faces of Eve.
I due psichiatri americani Corbett Thigpen e Hervey Cleckley descrissero il caso della paziente Eve che presentava tre distinte personalità, con i nomi Eve White, Eve Black e Jane.
Chris Costner Sizemore (Eve) esibiva “involontariamente” ben tre personalità, ciascuna separata dalle altre, e ogni personalità presentava delle caratteristiche psichiche con delle modalità comportamentali proprie.
La donna dai tre volti (The Three Faces of Eve) un film del 1957 che valse il premio Oscar all’attrice protagonista Joanne Woodward, si basava su questo caso e portò il disturbo psichiatrico all’attenzione del grande pubblico.
La vera identità della paziente diventò pubblica negli anni ’70 quando scrisse alcuni libri I’m Eve (1977) e A Mind of My Own (1989) che completavano nei dettagli il caso riportato dagli psichiatri in The three Faces of Eve.
La Sizemore riferì di sentirsi oppressa a causa del clamore mediatico sollevato dal libro e dal film e dopo aver scoperto, nel 1988, che i diritti legali della sua storia di vita erano stati venduti dai suoi psichiatri alla 20th Century Fox, Chris si recò al Tribunale di Manhattan per contestare il contratto. La stessa accettò poi un accordo tra le parti e non sono stati fatti altri film.
Il Disturbo da Personalità Multipla (DPM) o Disturbo Dissociativo dell’Identità (DDI), a seconda del sistema di classificazione di riferimento ICD o DSM, era praticamente sconosciuto fino a quando i due psichiatri americani pubblicarono il loro studio.
Secondo Geoff Rolls, autore del libro “Casi Classici della psicologia”, il caso di Chris Costner Sizemore portò il Disturbo di Personalità Multipla dall’essere un disturbo sconosciuto e una condizione rara all’essere ampiamente riconosciuto e comunemente diagnosticato.
La diagnosi di Disturbo Dissociativo dell’Identità, secondo il DSM, implica la presenza di due o più identità o stati di personalità separate che a loro volta prendono il controllo del comportamento del soggetto, accompagnato da un’incapacità di evocare i ricordi personali.
Nel Disturbo da Personalità Multipla il sintomo più evidente è dato dal fatto che la persona ha almeno una personalità alternativa, o “alter ego”, che controlla il comportamento. L’alter ego subentra spontaneamente e involontariamente e funziona in modo completamente indipendente dall’altro sé.
Il Disturbo da Personalità Multipla resta principalmente una specificità dell’Occidente ed è raramente riportato in altre culture. Quindi ci si chiede se è un disturbo vero che la scienza occidentale è riuscita ad isolare o se invece non lo abbia indotto con le sue aspettative attraverso terapie manipolatorie.
Il Disturbo da Personalità Multipla è una delle patologie più utilizzate nella narrativa e nella cinematografia la cui fama acquisita come “doppia personalità” nella cultura popolare è probabilmente di gran lunga superiore all’importanza attribuita da psichiatri e psicologi di tutto il mondo.
In letteratura spiccano per popolarità e importanza il romanzo Fight Club di Chuck Palahniuk e Il visconte dimezzato di Italo Calvino.
Nel cinema non possiamo non citare il classico Psycho di Alfred Alfred Hitchcock, Fight Club, Shutter Island di Martin Scorsese e Split diretto da M. Night Shyamalan.
Nella musica due album fondamentali della storia del rock: Quadrophenia, l’opera rock dei The Who (1973) da cui è stato tratto il film omonimo e The Lamb Lies Down on Broadway, album dei Genesis (1974) l’ultimo con Peter Gabriel.
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Bibliografia:
- “Casi classici della psicologia” di Geoff Rolls
- “Il libro della psicologia” Gribaudo
- “Gli esperimenti nelle scienze sociali” di Marina Rago
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